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Il presidente del Veneto toglie i respiratori agli animali

L'editoriale di Nico Perrone per Dire Oggi

Pubblicato:24-03-2020 16:01
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:01

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ROMA – «I 50 respiratori in dotazione agli studi veterinari adesso servono a noi, poi li restituiremo». Così il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, nel corso della conferenza stampa dedicata agli sviluppi dell’emergenza coronavirus nella sua regione. E proprio sui numeri dei contagiati in circolazione il dibattito si fa più acceso. Molto ma molto preoccupanti le parole del Capo della protezione civile, Angelo Borrelli, pubblicate su “Repubblica”: «Il rapporto di un malato certificato ogni 10 non censiti è credibile». In questo caso, visto che i certificati sono 63mila significa che ci sono già in circolazione più di 600.000 contagiati. Visto quanto accaduto nel Nord, dove c’è una sanità di primo livello con standard altissimi, che cosa potrebbe accadere al Sud, dove la sanità pubblica arranca da sempre, se dovessero accendersi grossi focolai di infezione? Forse è questo timore che ha spinto il Commissario straordinario della Protezione civile, Domenico Arcuri, a sottolineare una cosa ben precisa: «Abbiamo l’esigenza che il virus non si diffonda in regioni dove finora è stato contenuto… abbiamo notizia che la stragrande maggioranza degli italiani rispetta le disposizioni, imploriamo tutti di rispettarle».

Imploriamo, una parola che in questi casi fa venire i brividi. Intanto il Consiglio dei ministri si è riunito per varare il decreto legge con la lista di 28 divieti, obblighi e limitazioni delle libertà personali e di gruppo, per contenere il contagio da coronavirus. Le misure possono essere adottate su tutto il territorio nazionale o su parti di esso, «per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020 e con possibilità di modularne l’applicazione in aumento ovvero in diminuzione secondo l’andamento epidemiologico del predetto virus». Anche qui, la data del 31 luglio dà la misura del tempo che gli italiani hanno ancora davanti.

Che fare? C’è polemica tra mondo delle imprese, Governo e sindacati, sulle attività essenziali da mantenere aperte. I sindacati che hanno dato il loro ok su una quarantina di attività, alla fine se ne sono ritrovate una novantina. Di qui la minaccia dello sciopero generale a difesa della salute dei lavoratori. Dopo il Consiglio dei ministri, in serata, riprenderà il confronto con le parti sociali e si spera che si trovi un accordo e che lo sciopero venga revocato. Le opposizioni di centrodestra, Lega in testa, dopo il faccia a faccia di ieri col presidente del Consiglio, si aspettano di essere coinvolte quando si metterà mano al nuovo provvedimento con le ingenti risorse da impiegare sin da aprile per sostenere le famiglie e le attività economiche del Paese. Tra le curiosità che l’emergenza sta scatenando in giro per l’Italia, l’irritazione di numerosi sindaci contro il moltiplicarsi dei cittadini ‘delatori’, che ogni giorno chiamano a tutto spiano per denunciare i comportamenti sospetti di questo o quel vicino di casa. Ancora, l’allarme lanciato dagli ospedali per l’aumento di intossicazioni da prodotti per l’igiene delle case. La voglia di disinfettare tutto e sempre, alla fine, può trasformarsi in mania pericolosa.


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