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Coronavirus, la presidente di Emergency: “Il nostro team anti-ebola per proteggere i medici italiani dal contagio”

Rossella Miccio, presidente di Emergency: "Lavoriamo per ospedale 'virus-free, bisogna proteggere il personale sanitario"

Pubblicato:24-03-2020 12:49
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 17:11

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MILANO – “Grazie all’esperienza maturata durante la lotta ad ebola in Sierra Leone, possiamo combattere anche l’epidemia di coronavirus in Italia: gli ospedali vanno riorganizzati in modo da scongiurare il contagio”. Parola di Rossella Miccio, presidente di Emergency, la ong italiana impegnata nella salute in tante aree a rischio del mondo, che dopo lo scoppio dell’epidemia di Covid-19 ha avviato una serie di attivita’ socio-sanitarie con il Comune di Milano e la Regione Lombardia.

L’ultima di queste consiste nell’invio di dieci medici e sanitari nell’ospedale da campo di Bergamo, mentre nell’ospedale di Brescia viene fornito supporto didattico-logistico sempre da parte di medici che ebola l’hanno combattuta direttamente. L’obiettivo dei team di Emergency è quello di fermare il contagio tra i medici che combattono in prima linea l’epidemia di covid-19 .

“Ebola fu una grande sfida – sottolinea Miccio – e come per il coronavirus non ci colse preparati”. Tra le due malattie, continua la presidente di Emergency, “ci sono delle differenze: ebola e’ piu’ letale, presenta tassi di mortalita’ del 60-70%. D’altro canto, il coronavirus e’ piu’ contagioso: mentre ebola si contrae solo entrando in contatto coi fluidi corporei del malato, il Covid si prende anche per via aerea; inoltre si manifesta con sintomi meno specifici e anche i soggetti sani possono trasmetterlo”.


Ecco perche’ gli esperti di Emergency non consigliano di allestire “strutture virus-free“. “Si deve riorganizzare il sistema ospedale – avverte Miccio – perche’ e’ qui che il contagio viaggia veloce”.

Secondo la presidente di Emergency, “anche chi arriva in ospedale per altre patologie puo’ risultare positivo al Covid-19 ed e’ stato questo tra le altre cose che ha alimentato l’epidemia”. Bisogna quindi “proteggere il personale medico-sanitario, dotandolo di presidi di sicurezza, ma soprattutto bisogna riorganizzare il funzionamento della struttura”.

Cio’ si traduce nel “ripensare i flussi di ingresso negli ospedali, il lavoro del personale non sanitario (addetti alle pulizie, alle manutenzioni, alla sicurezza e allo spostamento di materiali da un reparto all’altro) che deve indossare almeno guanti e mascherine”. Tutti i materiali poi “devono essere igienizzati”.

Una lezione appresa in Sierra Leone, Paese tra i piu’ colpiti da ebola, che tra il 2014 e il 2016 causo’ in questo e in altri Paesi dell’Africa occidentale oltre 10mila vittime. Emergency rispose attrezzando un ospedale e allestendo la prima rianimazione per malati di ebola in Africa.

“Ebola ci ha insegnato a rafforzare le misure contro il contagio a partire da tante piccole cose” prosegue la responsabile: “Dal porre liquidi per igienizzare le mani fuori della porta di qualsiasi luogo, dall’ufficio pubblico al supermercato, alla casa privata, fino alla riorganizzazione degli ospedali. Per cento posti letto, avevamo 600 persone al lavoro: medici e infermieri, ma soprattutto il personale di supporto, ossia igienisti e figure preposte a regolare gli accessi e verificare che le misure di controllo venissero rispettate in tutti i reparti dell’ospedale”.

Oltre a mettere a disposizione i propri medici, Emergency ha sostenuto il Comune di Milano con due progetti rivolti a senzatetto, migranti o anziani soli, gruppi vulnerabili che non sempre hanno una casa o facile accesso ai servizi sanitari di base. “Parliamo di 5mila persone” calcola Miccio. “Proteggerli, evitando che vaghino per la citta’, e’ un altro modo per contenere la malattia”.

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