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Università, percorsi di innovazione con il Programma diaspore della Luiss

L’iniziativa sviluppata da Luiss e Le Resau si articola in cinque incontri, di cui l'ultimo è in programma a maggio

Pubblicato:24-02-2023 19:43
Ultimo aggiornamento:24-02-2023 20:47
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ROMA – La governance delle comunità che vivono in contesti ambientali estremi, come i rifugiati che risiedono nei campi, spazi sempre meno temporanei e sempre più stabili, ma anche quella dei dati, idea da preferire al concetto di privacy in un mondo dove la pubblica amministrazione punta a fare quello in cui già riescono i grandi soggetti privati: prevedere i comportamenti del cittadini per gestire le loro necessità in modo più efficace. Declinazioni di un concetto centrale nel mondo di oggi che sono stati approfonditi in una master class organizzata dall’università Luiss Guido Carlo e dall’associazione Le Reseau nell’ambito della terza edizione del Programma diaspore, con studenti e professori collegati da diversi Paesi, dall’Italia al Burkina Faso e la Repubblica democratica del Congo.

La prima sessione di incontri online in cui si articola il Programma diaspore si è svolta oggi e ieri. Temi al centro degli interventi degli esperti, l’innovazione tecnologica e la sostenibilità, la governance dei dati e le città autosostenibili nel contesto dei cambiamenti climatici. L’iniziativa si articola in cinque incontri, di cui l’ultimo è in programma a maggio.

A fissare gli obiettivi del Programma, in apertura della prima conferenza, è Marco Francesco Mazzù, recruiting leader e professore di Marketing and digital presso la Luiss. Le parole chiave, allora, sono “la valorizzazione di temi d’avanguardia, e su questi la ricerca e la collaborazione, e soprattutto la creazione di ponti intellettuali tra le comunità. Qualcosa che abbiamo già raggiunto grazie alle scorse edizioni, ma per cui non smetteremo di impegnarci”. A fare da filo conduttore agli incontri, il concetto di “sostenibilità”, spiega Mazzù. La prospettiva è quella di affrontare i “cleveage, questa parola in inglese che è quasi intraducibile in italiano” e che indica “il gap tra un gruppo e l’altro, tra le comunità, tra le materie, tra le ideologie. Il punto è- chiarisce il professore-: come li possiamo colmare? Questi solchi, se così vogliamo chiamarli, possono essere superati quando c’è collaborazione intellettuale e culturale”.


Uno strumento chiave per poter dare un volto concreto a questi ponti fra comunità, che si vogliono avvicinare nella conoscenza, sono le borse di studio per studenti provenienti da Paesi in via di sviluppo, come quelle che la Luiss promuove insieme a Le Reseau. “E’ davvero un’esperienza molto bella per me, all’inizio ci sono state delle difficoltà ma sono stato seguito nel mio percorso e sono molto felice”, la testimonianza di Carlos Lougourou, studente originario di Ouagadougou beneficiario di una delle borse di studio, a Roma dallo scorso ottobre per un master in Innovazione digitale e diritto della sostenibilità. “Penso che sia importante esortare le persone a credere nei loro sogni- ha aggiunto l’universitario-: puntiamo alla luna, e se non ci riusciamo andremo comunque più in alto di dove eravamo”.

Fra i percorsi che la Luiss predispone per poter evolvere sul piano della formazione e quindi, anche su quello professionale, ci sono gli Xlab, che si sviluppano a loro volta nel contesto dei Laboratory for the Governance of Commons (LabGov), un’iniziativa nata nel 2011 e diventata quattro anni più tardi un ente gestito dagli studenti.

Beatrice Sigurtà, una delle tutor degli Xlab e docente presso il LabGov, ha spiegato che il programma “si articola in otto sessioni ibride online e in presenza che iniziano alla fine del mese in corso e terminano a fine aprile”. Gli Xlab “sono degli spazi per trasformare la concezione e il modo di affrontare le sfide del mondo del lavoro” e un “terreno di confronto diretto fra gli allievi e i rappresentanti delle imprese e delle istituzioni pubbliche e private. Da questi mondi infatti, provengono i tutor dei sei team tematici in cui si suddividono i partecipanti ai laboratori”.

Il Programma diaspore è anche un’occasione per prendere contatto con alcune tematiche centrali dei nostri tempi, come la gestione e la governance dei dati. L’argomento è in evidenza durante la masterclass di Filiberto Brozzetti, professore associato di Etica e diritto presso la Luiss. La trattazione proposta dal docente ha mostrato l’evoluzione della “governance del dato, un concetto da preferire a quelli connessi con l’idea di privacy”, afferma il professore. Il punto deve essere infatti un cambio di paradigma, che porta ad allontanarsi da posizioni ideologiche e a comprendere che uno dei principi che informa questo settore, almeno a livello europeo, è “l’altruismo dei dati, inteso cioè come la concessione consapevole da parte degli utenti di alcune informazioni personali”. Queste “hanno un valore economico che non può essere rimosso dall’analisi, come propongono alcuni approcci ideologici che si centrano sulla denuncia di una presunta ‘mercificazione del dato personale’ senza rendersi conto che il nodo dovrebbe essere la gestione di queste informazioni”. La prospettiva, nella visione di Brozzetti, “è quella che la pubblica amministrazione riesca a fare quello in cui oggi riescono le grandi imprese private: prevedere i comportamenti per poter fornire un servizio utile ancor prima che questo venga effettivamente richiesto”. In un futuro dove i dati funzionano in modo così efficace “l’intermediazione della politica sarà sempre meno necessario”, ha suggerito il docente.

Di scenari futuri si occupa anche Luna Kappler, parte del team della Clinica Urbana Interdisciplinare che si articola nell’ambito dei LabGov. Nell’ambito di uno dei progetti che porta avanti l’iniziativa la resilienza e l’auto organizzazione delle comunità in contesti ambientali estremi viene indagato attraverso tre esempi: la comunità dei ricercatori scientifici in Antartide, quella dei tecnici e degli scienziati della Stazione spaziale orbitante e poi i campi profughi, “luoghi nati per essere temporanei ma sempre più simili a città stabili, creati per tutelare le persone ma che spesso finiscono a essere oggetto delle stesse dinamiche da cui i profughi sono fuggiti”, ha spiegato Kappler.

Diverse le conclusioni che si traggono dalla studio comparato di questi tre scenari. Se, nonostante le difficoltà, nei campi rifugiati emerge una forma di auto organizzazione comunitaria che produce strategie resilienti, dall’Antartide e dall’infrastruttura spaziale, “si vede che in alcune situazioni peculiari, nel far fronte e condizioni complesse prevale un approccio gerarchico e non democratico”.

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