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Stress e sport nei giovani predisposti causano morti improvvise

L'agenzia di stampa Dire ha approfondito l'argomento con Pietro Rossi, dirigente medico di I livello presso l'UOC di Cardiologia del Fatebenefratelli- Isola Tiberina di Roma

Pubblicato:24-02-2020 12:02
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 17:02

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ROMA – Cardiopatie o anomalie cardiache ‘silenti’ e subdole possono colpire sia i piu’ sportivi che non. Una buona quota di decessi sembrano essere collegati ad alterazioni anatomiche del tessuto del miocardio e patologie che colpiscono le arterie coronariche legate spesso a patologie congenite. Per capire meglio di cosa stiamo parlando, le cause di queste anomalie e del perche’ queste non sono sempre rilevabili attraverso esami di routine, l’agenzia di stampa Dire ha approfondito l’argomento con Pietro Rossi, dirigente medico di I livello presso l’UOC di Cardiologia del Fatebenefratelli- Isola Tiberina di Roma.
Siamo portati a pensare che le malattie del cuore colpiscano gli adulti. Purtroppo invece assistiamo a morti improvvise di giovani sportivi. Perche’ cio’ accade? 

“Le patologie dell’adulto sono dovute nella maggior parte dei casi a forme degenerative come nel caso d’infarti del miocardio per patologie delle arterie coronarie, di degenerazione ed invecchiamento degli apparati valvolari e del sistema elettrico del cuore. Esistono pero’ anche molte patologie congenite che coinvolgono e si manifestano clinicamente anche in eta’ giovanile. Queste alterazioni anatomiche del tessuto miocardico e l’alterata propagazione dell’impulso elettrico cardiaco in presenza di tali condizioni patologiche come stress emotivi e fisici come nello sport agonistico, possono scatenare aritmie ventricolari e quindi morti improvvise”. 

– Quali sono le principali patologie genetiche del cuore e le cause? 


“Tra le patologie piu’ frequenti ci sono le forme di displasia aritmogena con livelli variabili di gravita’. Esse sono caratterizzate da sostituzione fibrosa e adiposa di aree di tessuto miocardico che comportano degli ostacoli alla propagazione dell’impulso elettrico. Le cause possono essere le mutazioni genetiche di geni codificanti per le proteine desmosomiali oppure forme di anomalie delle Laminine A/C.
Un’altra forma di cardiomiopatia e’ la cardiopatia ipertrofica caratterizzata dall’aumento dello spessore delle pareti dei ventricoli. In quest’ultima patologia sono stati riscontrati almeno 10 geni modificati che sono necessari per lo sviluppo delle cellule del muscolo cardiaco (organizzate in unita’ di base definite sarcomeri). Ci sono tante altre patologie come il miocardio non compatto dovuto anche questo a mutazioni genetiche.
In questo caso c’e’ per esempio la mutazione del gene che codifica la tafazzina, una proteina presente sia nelle cellule cardiache che muscolari scheletriche, del gene codificante l’alfadistrobrevina che e’ una proteina del citoscheletro ed interagisce con la distrofina. Infine possono verificarsi anche le mutazioni di alcuni geni sarcomerici come la catena pesante della miosina (MYH7), l’actina cardiaca (ACTC), la troponina T (TNNT2)] e i geni associati anche a CM ipertrofica. Non e’ finita qui ci sono anche altre patologie come le canalopatie, le mutazioni di proteine che costituiscono dei canali ionici come quelli del potassio che quando mutati generano le sindromi del QT lungo oppure QT corto oppure mutazioni dei canali del sodio che sono responsabili di sindromi come quella cosiddetta di Brugada.
Tanto per farsi un’idea sull’incidenza la prevalenza della displasia aritmogena e’ di circa 1 su 10000 casi nella popolazione degli Stati Uniti mentre in Italia, l’incidenza e’ di 40/10000 casi. Per quanto rigurda la cardiomiopatia ipertrofica i dati parlano di 1/500-1000 casi. La sindrome di Brugada e’ 5 su 10.000 mentre quella realativa al QT lungo la malattia e’ stimata in 1 ogni 2.500 nati vivi”.
– Perche’ queste malattie non vengono rilevate dagli esami di routine? 

“Questo tipo di patologie non vengono rilevate dalle comuni analisi del sangue, se non in fasi avanzate della patologia, o successivamente ad una normale visita medica. Al contrario possono essere evidenziate o sospettate solo attraverso una approfondita visita cardiologica che deve includere un elettrocardiogramma ed un ecocardiogramma. Cio’ detto, nelle forme iniziali, questi esami strumentali possono anche non essere conclusivi o presentare segni sfumati. In tal caso e’ l’esperienza e la formazione del cardiologo verso le patologie aritmogene che puo’, nel sospetto, indicare ulteriori test di approfondimento per il chiarimento diagnostico definitivo”.
– Si sente parlare di aritmie, di cardiomiopatie ma quanti tipi di malattie del cuore esistono? E quali devono preoccupare veramente? 

“Le malattie del cuore sono molte ma possono essere classificate in due grandi gruppi, il primo in cui rientrano le forme caratterizzate da alterazioni strutturali delle camere cardiache, in particolare dei ventricoli come la loro dilatazione che comporta una riduzione della loro capacita’ contrattile e forme senza ‘apparente’ modificazione strutturale. Diciamo che sono piu’ temibili, in termini di mortalita’, le forme di cardiomiopatia strutturale. Le aritmie ventricolari sono tanto piu’ pericolose invece tanto maggiore e’ l’alterazione strutturale dei ventricoli”. 

– A che punto siamo con le cure e che aspettative ci sono? 

“I progressi in questo settore sono stati raggiunti su piu’ fronti. Sicuramente si registra una migliore conoscenza delle condizioni fisiopatologiche (genetiche e strutturali) delle patologie cliniche. Nuovi farmaci che aiutano a rallentare la progressione della patologia e soprattutto si registra un miglioramento delle tecniche operatorie per la cura delle aritmie ventricolari. Inoltre i device salvavita come i defibrillatori sottocutanei oggi sono in grado di evitare le complicanze rispetto a quelli endovascolari. Sicuramente le nuove frontiere riguardano le nuove conoscenze sulle modifiche genetiche-molecolari alla base della patologia e che possono offrire terapie geniche che curano alla radice la causa genetica della patologia clinica. 

– E’ vero che le donne soprattutto in menopausa soffrono maggiormente di malattie cardiovascolari? In che percentuale e quali controlli bisogna fare? 

“Le donne presentano un rischio minore di sviluppare malattie cardiovascolari (MCV) rispetto agli uomini, grazie al vantaggio fornito dagli estrogeni. Tali ormoni svolgono un ruolo protettivo nel genere femminile, modulando i fattori di rischio cardiovascolare, con conseguente effetto favorevole sul profilo lipidico e sulle proteine fibrinolitiche e negativo su proteine pro-trombotiche o pro-infiammatorie. Tutto questo si traduce in una riduzione della formazione e progressione di placche aterosclerotiche in eta’ fertile nel genere femminile, con un ritardo di circa 10-20 anni rispetto all’uomo sullo sviluppo di eventi cardiovascolari. La menopausa che non puo’ essere pero’ considerata una malattia, ma piuttosto una fase fisiologica della vita della donna, e’ caratterizzata da cambiamenti dello stato ormonale che si traducono in una disfunzione endoteliale, primo effetto dell’ipoestrogenismo, con modificazioni dell’assetto metabolico e possibile comparsa di fattori di rischio come obesita’, ipertensione e dislipidemia. Sono queste modificazioni che comportano un aumento d’incidenza e prevalenza della cardiopatia ischemica che rappresenta attualmente la principale causa di morte per il genere femminile con una incidenza pari al 33%. Bisogna quindi far conoscere a tutte le donne questi argomenti per incentivarle al controllo dei fattori di rischio come l’ipertensione arteriosa, obesita’, dislipidemia e glicemia.
Consigliare periodici controlli cardiologici per organizzare un programma di prevenzione e accertamenti per la diagnosi precoce di malattie coronariche”.
– Qual e’ l’eta’ giusta per sottoporsi ad un primo check- up? 

“Non esiste una eta’ specifica in cui fare un primo check-up cardiologico perche’ esistono patologie differenti con manifestazione clinica che possono sorgere in tempi diversi. Per semplificare direi che si deve fare uno screening a partire da poco dopo la nascita, per eseguire almeno un elettrocardiogramma che ci consente di escludere una serie di patologie cardiache congenite (sindrome del QT lungo e QT corto, preeccitazione ventricolare, sindrome di Brugada e alcune forme di difetti congeniti strutturali del cuore). E poi un altro controllo e’ di rito dopo i 45 anni per escludere le patologie metaboliche e degenerative che iniziano a questa eta’ (ipertensione, iperglicemia, dislipidemia e malattie delle arterie coronariche).
Tutto cio’ e’ propedeutico a ridurre l’insorgenza di malattie delle arterie coronarie ed il rischio di infarto del miocardio che e’ responsabile del 72% della morti improvvise negli adulti.
Ritengo sia molto importante avere una educazione all’ascolto del proprio corpo sin da bambini al fine di cogliere dei sintomi, talora anche lievi, che portati all’attenzione del medico possono far rilevare precocemente dei problemi”.

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