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A Natale solo un’ora di incontro protetto, la mamma: “È un castigo”

Parla la mamma coraggio: "Avrei voluto passare una giornata con lei, Natale è la festa dei bambini e ogni bambino ha diritto di stare col proprio genitore"

Pubblicato:23-12-2020 14:29
Ultimo aggiornamento:28-12-2020 15:13

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ROMA – “Avrei voluto passare una giornata con lei, Natale è la festa dei bambini e ogni bambino ha diritto di stare col proprio genitore. Questo diritto, mio e di mia figlia, è stato violato. Sarò a casa da lavoro dal 24 dicembre al 6 gennaio e non passerò nemmeno mezza giornata con lei. È una vergogna”. Patricia (il nome è di fantasia, ndr) non si dà pace. Per sette mesi lontana dalla sua Ruth (il nome è di fantasia, ndr), collocata in affido super esclusivo col padre dalla Corte d’Appello di Venezia, che in un decreto del dicembre 2019 disponeva per sei mesi incontri protetti con la mamma, accusata di essere una ‘madre malevola’ dopo averla cresciuta per sei anni. E per le festività natalizie ormai alle porte, in cui “questa madre non potrà passare neanche un’ora da sola con la figlia”, spiega all’agenzia di stampa Dire il suo legale, Antonio Voltaggio.

Potrò vedere Ruth solo il 24 e il 31 dicembre, un’ora alla presenza dei Servizi Sociali, come ogni giovedì– racconta amareggiata alla Dire Patricia- Non avrò modo di stare con lei da sola, di portarla a casa”. Come pure il giorno del compleanno della bambina, a novembre, quando però “è successo qualcosa di peggio. I Servizi Sociali mi avevano detto che la bimba non aveva piacere a passare il compleanno con me e, quando la settimana successiva ho chiesto a Ruth perché, lei mi ha risposto che non aveva mai detto una cosa del genere. Quel giorno alla fine non l’ho vista, l’ho sentita solo per telefono, le ho portato un regalino e il tiramisù in uno degli incontri protetti successivi”. Gli incontri protetti, però, sarebbero già dovuti terminare mesi fa, permettendo l’entrata in vigore del calendario fissato dal decreto della Corte d’Appello di Venezia, che per le festività natalizie prevede che la madre passi due giorni interi con la figlia: “Gli incontri protetti sono iniziati con sei mesi di ritardo– ricorda Voltaggio- Un ritardo imputabile agli stessi Servizi Sociali, perché prima dell’emergenza Covid hanno perso un mese e mezzo, poi dall’inizio dell’epidemia non li hanno organizzati nonostante il Governo li avesse garantiti, e hanno fatto andare perso anche giugno. Al netto del periodo del lockdown si sono persi almeno due mesi e mezzo, perché dovrebbe pagarli la madre?“.

Ma c’è di più. “Per i Servizi- continua Voltaggio- gli incontri protetti sono iniziati il 7 luglio. Quindi il 7 gennaio, passati i famosi sei mesi, dovrebbero riprendere gli incontri liberi col calendario già fissato dal provvedimento. Ma i Servizi dicono che dovranno ricominciare in maniera graduale, almeno fino a metà gennaio, di fatto andando già oltre di una settimana. Non siamo di fronte a situazioni di violenza, questa gradualità non si capisce- osserva l’avvocato- La bambina è cresciuta con la madre, solo che poi, anche se aveva sempre visto il padre, le è stata tolta con l’accusa di alienazione parentale“. Proprio “la Pas (Sindrome dell’Alienazione Parentale, ndr) è il punto centrale del ricorso che abbiamo presentato in Cassazione, oggetto dell’udienza del prossimo 22 gennaio che però non si svolgerà in presenza degli avvocati ma in Camera di Consiglio- fa sapere il legale- Noi ci auguriamo che la Cassazione ristabilisca la giustizia perché la mia assistita è rimasta incastrata in un meccanismo giudiziario che è andato oltre la stessa volontà dell’illegittimo decreto della Corte di Appello. E poi parliamo di una sindrome, la Pas, inesistente. Auspico che la Suprema Corte, nel solco della precedente giurisprudenza contraria alla Pas, accerti l’erroneità della consulenza, rigida e punitiva, su cui si era fondato il provvedimento della Corte d’Appello di Venezia”. Nel frattempo i Servizi Sociali, su richiesta del Giudice Tutelare del Tribunale di Venezia intervenuto su istanza di Patricia, dovranno relazionare sull’esito dei sei mesi di monitoraggio degli incontri entro il 28 dicembre.


“Io mia figlia l’ho cresciuta, dopo che il padre non aveva voluto riconoscerla e sono una persona perbene e una lavoratrice, oltre che una madre accudente. Questa ‘gradualità’ dopo undici mesi sotto sorveglianza è inconcepibile, è un castigo che sta andando oltre“, dice Patricia.

E lascia alla Dire il suo messaggio di Natale per Ruth: “Ti voglio un mondo di bene piccola, il mio mondo gira intorno a te. Sono qui per te, non ti ho abbandonata come ti fanno credere. Sei nei miei pensieri ogni giorno“.

(Nella foto allegata l’albero di Natale che Patricia ha preparato per sua figlia Ruth e che la piccola non potrà vedere)

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