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Covid, l’infettivologo: “Trattamento precoce con Betametasone, i risultati del protocollo M”

Mondello: "Mi aspetto altre varianti, il vaccino non sarà una panacea"

Pubblicato:23-12-2020 10:12
Ultimo aggiornamento:23-12-2020 10:25
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ROMA –  Lorenzo Mondello, infettivologo specialista dal 1986, operativo a Messina, riceve messaggi da tutta Italia e anche da Paesi oltreoceano. Il protocollo M, da lui messo a punto, “differisce anche da quello ministeriale e il betametasone ne e’ la base” e dei 590 pazienti trattati di cui 7 bambini, con eta’ media del gruppo di 59 anni, ne ha salvati 589. “Solo 1 paziente, unico a finire in terapia intensiva, e’ deceduto: aveva subito una splenectomia per linfoma trattato con chemio e radio”. Il medico messinese, intervistato dalla Dire, ha parlato di questo protocollo e dell’importanza del trattamento domiciliare precoce dei pazienti con il Covid. Dopo aver lavorato anni in ospedale pubblico, dove e’ stato anche direttore di struttura complessa, oggi lavora “in libera professione” ed e’ “responsabile del Covid Hospital aperto dal Gruppo Giomi a Messina”. “L’idea del protocollo al betametasone e’ nata perche’ almeno fino ad ottobre le Istituzioni sanitarie preposte non ne parlavano- ha detto- e siccome c’era una ripresa dei casi e della mortalita’ rispetto all’estate, paragonabile alla primavera, ho pensato di mettere a frutto la mia esperienza nel campo delle malattie virali acute febbrili, ragionando per analogia a malattie come la mononucleosi o il citomegalovirus e da qui e’ nato l’utilizzo del cortisone che e’ base del trattamento con un’azione potente, veloce e sistemica”. Ha chiarito un aspetto Mondello: “Il principio dell’utilizzo del cortisone non sempre viene compreso. Non ha infatti un’azione solo immunosoppressiva, ma anche immunoregolatrice. Dobbiamo bloccare quel braccio di ferro che c’e’ nelle malattie virali acute tra il virus e i monociti dell’ospite con piccoli dosaggi che vanno poi personalizzati. I miei pazienti sono guariti prima del ricovero. Solo 7 sono stati ospedalizzati e i 6 dimessi sono guariti”.

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 Non ha dubbi Mondello: “La medicina territoriale in Italia non ha funzionato. La fase iniziale viremica con la sintomatologia che conosciamo (febbre, tosse secca, perdita di gusto e olfatto, dolori ossei) e’ quella della moltiplicazione del virus nel sangue. Dura 8-10 giorni ed e’ questa la fase curabile in cui possono incidere il protocollo M e le cure domiciliari precoci. La fase successiva e’ quella infiammatoria o delle complicanze: la coagulazione del sangue e il meccanismo a cascata che porta a trombi intravasali- ha chiarito l’infettivologo- e’ quella della non curabilita’ e li’ nemmeno le terapie intensive possono arrivare. Se si arriva tardi e si usa paracetamolo in monoterapia- ha incalzato Mondello riferendosi a protocolli difformi e spesso adottati “in autonomia dai medici di famiglia”- non c’e’ curabilita’. Io di fronte a una sintomatologia faccio iniziare subito la terapia, anche in attesa del tampone. Quando si arriva in ospedale spesso e’ tardi”. E la diffusione di questo protocollo M, in un passaparola vincente, e’, secondo Mondello, la causa del drastico calo dei ricoveri in Sicilia: “Al 19 dicembre su 61.534 contagi i ricoveri sono allo 0,25%”.

E il vaccino? “Non sara’ la panacea, bisogna guardare con interesse agli anticorpi monoclonali per i casi ospedalizzati con i quali il paziente va a guarigione”. Il Sars Cov-2 e’ “un virus RNA e per definizione questi virus sono caratterizzati- ha spiegato lo specialista- dal produrre molte varianti, come l’epatite C o l’Hiv per i quali ad oggi non e’ stato possibile produrre vaccini specifici. Dopo quella inglese me ne aspetto altre”. Mondello con altri medici ha scritto al ministro della Salute, Roberto Speranza, quando “i protocolli dell’Aifa sul trattamento domiciliare non erano stati ancora comunicati ai medici di famiglia. Ma ancora- ha concluso Mondello– attendo una risposta”. 

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