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Tutti si candidano al posto di Draghi, e alla fine il Presidente uscente torna entrante

L'editoriale del direttore dell'agenzia Dire, Nico Perrone

Pubblicato:23-11-2021 19:53
Ultimo aggiornamento:23-11-2021 19:53

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ROMA – C’è la manovra di bilancio da approvare e pure il covid che impazza e non dà tregua. Obbligo sì, ma per qualcuno. Super Green pass per punire i no vax e chiuderli dentro sicuri recinti. Dai sei mesi di attesa per la terza dose ora si è passati a cinque mesi, con medici, scienziati e amministratori locali che con mano ferma spingono all’inoculazione immediata. I partiti? Solo i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni se la spassano all’opposizione, mentre tutti gli altri sono costretti a governare e a far finta di andare d’accordo. Ma ci sono già segnali visibili di cedimento, e man mano che ci avvicineremo all’elezione del nuovo Capo dello Stato e alle prossime amministrative di primavera, la tensione è destinata a crescere.

Per questo, e le voci che si raccolgono aumentano ogni giorno, in molti spingono il premier Draghi verso il Colle, per togliersi dalla beghe elettorali e garantire dall’alto la governabilità nell’ultimo pezzo di legislatura. Altri, e non sono pochi neppure questi, preferirebbero lasciarlo cuocere a a fuoco lento Palazzo Chigi sicuri di poterlo mettere poi da parte e lasciare libere le due caselle.

Berlusconi, leader di Forza Italia, ci crede, pensa davvero che nel marasma di questo Parlamento sia possibile raccattare, ops, trovare quella sessantina di voti che gli servono per vincere dalla quarta votazione in poi. I mezzi non mancano e in questa legislatura c’è stato il record dei cambi di casacca, quindi che sarà mai. Ma il Cavalier vuol stare in mezzo, vuol vedere da vicino. Dopo la condanna è stato messo fuori dal Parlamento? Adesso si sta dando da fare per tornare a votare il nuovo Presidente come delegato regionale. Ma nel Centrodestra, che pure ha giurato fedeltà e tutti i voti al Cavaliere, sono in pochi a crederci. Anzi, qualche voce maligna mette in giro che alla fine da quelle parti potrebbero puntare su Gianni Letta, per decenni uomo ombra di Berlusconi.


E nel Centrosinistra? Beh anche qui vien da ridere. Il Pd fa pensare alla gag su Prodi fatta da Corrado Guzzanti: “I treni passano… io resto fermo, non mi muovo’. Con la speranza che tutti quelli che si affannano adesso alla fine andranno in pezzi e il Pd… raccoglierà i cocci, tanto è allenato.

Stavolta però la partita è più complicata, anche perché il ‘campo largo’ rischia di diventare il campetto di pochi, nemmeno tanto buoni, che non contano. Guardate Matteo Renzi: non solo si smarca dal Centrosinistra trasformandosi in Ghigno di Tacco (anche se Ghino-Craxi aveva altra stoffa) ma si mette pure a tavola per far pace con potenziali candidati Pd come Paolo Gentiloni creando scompiglio in casa altrui.

C’è anche Goffredo Bettini, consigliere ascoltato e fan di Conte, che in un’intervista difende a spada tratta il presidente ‘grillino’ perché quanti puntano a farlo fuori sono ‘fautori di una ammucchiata di potere, in grado di destrutturare il sistema politico italiano per passare la mano a un comando delle èlite economiche e finanziarie internazionali dominanti in Occidente’. Speriamo che in mezzo a questi non rientri anche Draghi.

E nel M5S? Ormai è una battuta continua, tutti giurano fedeltà al presidente incaricato, Giuseppe Conte, e un secondo dopo fanno il contrario. Con assoluta tranquillità, come l’ex sindaca di Roma, Virginia Raggi, che stima Conte ma vuol riportare dentro Alessandro Di Battista, che come Robespierre un minuto dopo si metterebbe a tagliar teste a più non posso. Grande è la confusione sotto il cielo, insomma, e spiace per il ‘grande Timoniere’, Mao Zedong, la situazione non è per niente eccellente. Anzi.

Proprio per questo cresce la probabilità, nonostante i ripetuti ‘no’, che alla fine il Presidente Sergio Mattarella uscente ritorni entrante su richiesta dei partiti di maggioranza, ci sarebbe così un altro anno e mezzo per superare la crisi covid e magari andare a chiedere i voti in una situazione economicamente migliore dell’attuale. Salvaguardando pure fino all’ultimo lo stipendio dei nostri mille parlamentari, che dalle prossime politiche diventeranno 600.

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