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VIDEO | Milano, eccedenze e acquisti col crowdfunding: a San Siro cibo sano per i poveri

Al “Banco di mutuo soccorso” di piazza Stuparich volontari assistono 60 famiglie: "Ma le richieste stanno aumentando in fretta"

Pubblicato:23-11-2020 15:18
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:37
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Di Francesco Mazzanti

MILANO – La crisi economica ha colpito tutti. E lo ha fatto con più forza nelle zone periferiche di Milano, che già vivevano situazioni di difficoltà prima della pandemia. Ad aprile, nel quartiere San Siro, le staffette di mutuo soccorso si sono organizzate per consegnare cibo a casa. Le regole imponevano di non allontanarsi oltre 200 metri dalla propria abitazione. Ora il limite non c’è e i volontari hanno allestito, nel loro spazio in piazza Stuparich, un banco dove chi ha necessità, ogni sabato mattina dalle 10 alle 13, può trovare i prodotti locali coltivati in modo biologico e i recuperi delle eccedenze della grande distribuzione, del mercato comunale e dei negozi del quartiere.


“Vogliamo dare la possibilità di mangiare sano e genuino – spiega Elena Neal dello “Spazio di mutuo soccorso” – anche a persone che normalmente non se lo possono permettere. Non è detto che se si è più poveri si deve mangiare peggio. Anzi, in questo momento in cui la salute è importante crediamo che il diritto a un cibo sano sia fondamentale da garantire”.

La distribuzione è resa possibile dalle donazioni settimanali ma anche da due crowdfunding: a marzo sono stati raccolti 4.057 euro, mentre per il secondo lockdown 5.657. “Ci servono per acquistare i prodotti al Gas (Gruppo di acquisto solidale) e quindi dai piccoli contadini”, prosegue Neal.

Il banco è organizzato in modo tale da permettere di entrare e di recuperare il cibo in modo sicuro. Una volontaria si occupa di gestire gli ingressi e all’interno, una ragazza distribuisce focacce, pizze e pane recuperato, mentre in un’altra stanza i volontari compongono i pacchi spesa: la verdura viene suddivisa in modo tale da garantire una distribuzione il più possibile equilibrata. Intanto, fuori si crea la fila e viene distribuito del tè caldo: si chiacchiera e si aspetta il proprio turno, c’è anche chi arriva per consegnare qualcosa.

L’idea dei volontari è quella di stimolare la socialità, nei limiti del possibile, e gli incontri tra chi sta soffrendo in modo più grave le conseguenze della crisi. “Con le staffette – dice Neal – abbiamo lavorato con una media di 100 nuclei familiari a settimana. In questa seconda fase stiamo interagendo con 60 famiglie”.

Una diminuzione che però è motivata dall’avvio recente del progetto. La percezione è un’altra. “Abbiamo notato – conclude Neal – che sta crescendo velocemente il numero delle richieste. C’è apprensione, paura e difficoltà economiche crescenti che sono il frutto delle chiusure e della mancanza di welfare”.

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