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Suicidi, se c’è crisi le politiche del lavoro non ‘salvano’ gli uomini di mezza età

I suicidi aumentano quando mancano le politiche attive del lavoro, e in Italia l'investimento su questo fronte è ancora troppo basso. Lo dimostra una ricerca di Unimore e Università di Padova

Pubblicato:23-11-2018 14:37
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:49

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BOLOGNA – La crisi economica e la perdita del lavoro fanno aumentare il numero dei suicidi? Uno studio realizzato da Unimore e dall’Università di Padova ha dimostrato di sì, evidenziando- numeri alla mano- che i suicidi aumentano in assenza di politiche attive del lavoro. Non solo. Lo studio ha infatti messo in luce il fatto che “le attuali reti di protezione sociale non sono adeguate e sufficientemente solide per far fronte all’eventualità di una nuova crisi economica”.  Gli autori sono il dottorando Giorgio Mattei (Unimore) e i professori associati Barbara Pistoresi (Unimore) e Roberto De Vogli (Università di Padova), e lo studio, dal titolo “Impatto delle crisi economiche sul comportamento suicidario in Italia: il ruolo delle politiche attive del lavoro”, è stato pubblicato sulla rivista “Social Psychiatry and Psychiatric Epidemiology” (Springer Editore).

Indagando l’impatto delle crisi economiche sul comportamento suicidario, i ricercatori di Unimore e dell’Università di Padova hanno  evidenziato come ad un aumento della disoccupazione si associ un aumento del tasso di suicidio nella popolazione maschile nella fascia di età 25-64 anni e nella popolazione femminile di età compresa tra 55 e 64 anni. Il fenomeno potrebbe essere mitigato dalle politiche attive del lavoro, ma questo non sono sufficientemente sviluppate. Almeno non in tutta Italia.


Politiche attive del lavoro

Quando adeguatamente finanziate e implementate, le politiche attive del lavoro sono in grado non solo di favorire l’occupazione, ma anche di proteggere la salute mentale della popolazione. In particolare, lo studio ha approfondito il legame tra salute mentale, contesto economico e protezione sociale in Italia nell’arco del periodo 1990-2014.

I parametri utilizzati dai ricercatori si sono rifatti ai dati del tasso di suicidio per determinare la salute mentale, mentre il tasso di disoccupazione nazionale e regionale sono stati utilizzati come indicatore del ciclo economico. È stato inoltre indagato l’effetto specifico che la recente crisi economica può avere avuto sul suicidio in Italia.

Se cresce la disoccupazione, aumentano i suicidi

Lo studio ha mostrato come dal 1990 al 2014 vi sia stato nel nostro paese un legame tra comportamento suicidario e contesto economico: fasi di contrazione dell’economia caratterizzate da aumento della disoccupazione si associano ad aumento del tasso di suicidio nella popolazione maschile nella fascia di età 25-64 anni e nella popolazione femminile di età compresa tra 55 e 64 anni. Mentre le donne di età compresa tra 35 e 44 anni risultano colpite solo dalle gravi recessioni economiche, diversamente dagli uomini.

Politiche del lavoro inefficaci per gli uomini di mezza età

Diversamente da quanto si aspettavano i ricercatori, il rapporto tra suicidio e disoccupazione non è risultato mitigato delle politiche del lavoro– eccezion fatta per il Centro Italia- nella popolazione maschile di età compresa tra 45 e 54 anni. Si tratta di un risultato, avvertono i ricercatori, che “potrebbe comunque risentire delle tecniche statistiche adottate” invitando quindi alla massima cautela.

Troppi pochi soldi per le politiche del lavoro

Gli autori ipotizzano che questo effetto positivo esercitato dalle politiche del lavoro solo su una fascia ristretta di popolazione, e in un’area geografica limitata, potrebbe essere motivato da una spesa complessivamente inadeguata per le politiche attive del lavoro nel nostro paese.

In Centro Italia risultati migliori : ecco perchè

Per quanto riguarda l’effetto protettivo esercitato dalle politiche del lavoro in Centro Italia sulla popolazione maschile di età compresa tra i 45 e 54 anni, gli autori ipotizzano che esso possa essere dovuto a due motivi principali: da un lato, il fatto che la percentuale di frequenza presso i centri per l’impiego in Centro Italia è maggiore rispetto al Nord Italia; dall’altro il fatto che negli anni della crisi economica la riduzione della spesa sociale dovuta alle politiche di austerità introdotte sembra essere stata inferiore in Centro Italia piuttosto che al Nord e al Sud.

Una crisi nazionale impatta di più sulla salute mentale

Un elemento importante emerso da questo studio è che il mercato del lavoro nazionale sembra avere un impatto più importante sul comportamento suicidario rispetto al mercato del lavoro regionale. “In altri termini, – spiegano gli autori Mattei, Pistoresi e De Vogli – quando una crisi economica colpisce una regione o una macroregione del paese, essa può non avere un effetto negativo pari a quello di una crisi di portata nazionale, che determina problematiche di tipo psichiatrico che impattano sulla salute mentale e sul comportamento suicidario”.

Lo studio, pertanto, mostra non solo un legame fra suicidio e contesto economico, ma indica che le attuali reti di protezione sociale non sono adeguate e sufficientemente solide per far fronte all’eventualità di una nuova crisi economica.

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