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Tumori, Ricciardi: “L’Italia si dia una mossa, applichi il programma Ue”

Il consulente del ministro della Salute è intervenuto al convegno online dal titolo 'Oncologia del territorio'

Pubblicato:23-10-2020 14:06
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:06

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ROMA – “Le cinque sfide globali su cui la Commissione europea ritiene che i Paesi membri da soli non ce la facciano sono: cambiamento climatico, alimentazione, acqua, connessività delle grandi aree metropolitane e cancro. Perché anche il cancro? In questo momento i Paesi dell’Unione Europea hanno meno del 10% della popolazione e il 25% della casistica mondiale. Con l’evoluzione demografica tra il 2030-2035 avremo meno del 10% della popolazione mondiale e il 50% della casistica. Si capisce, quindi, perché questa è una cosa che i singoli Stati o le singole regioni non possono affrontare da soli”. Lo ha detto Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute e presidente della Mission board for Cancer dell’Unione Europea (l’organismo che si occupa di strategie contro il cancro in Europa, ndr), intervenendo al convegno online dal titolo ‘Oncologia del territorio’, promosso dall’Osservatorio Sanità e Salute, in collaborazione con Cittadinanzattiva, e con il patrocinio di AIOM. Responsabile scientifico del convegno il professor Stefano Vella, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, e rappresentante italiano del Programma quadro europeo per la ricerca 2021-2027.

“La Commissione europea ha quindi messo a disposizione le energie migliori per cercare di fare delle proposte- ha spiegato Ricciardi- Ho avuto l’onore di presiedere questo gruppo e di portare 13 proposte molto concrete, che saranno oggetto di un programma che verrà finanziato dalla Commissione a partire dall’anno prossimo e per i prossimi sette anni. Si tratta di un programma articolato sostanzialmente su quattro perni, il primo dei quali è quello della prevenzione. E ci ha stupito enormemente, parlando con i cittadini, che sono loro stessi ad essere assolutamente convinti della necessità di investire in prevenzione. Non ci sono soltanto pochi ‘visionari’ a dire che è meglio prevenire”. Adesso, secondo l’esperto, la responsabilità della Commissione europea è di “non far fallire questo programma”, ma sta “anche all’Italia impegnarsi e partecipare a questo sforzo, cercando di essere un pò più coordinata. Credo che questa possa essere una buona occasione”. In merito all’interruzione delle visite oncologiche a causa dell’emergenza sanitaria legata al Covid-19, Ricciardi ha portato come buon esempio quello del Cancer Center del Policlinico Gemelli di Roma, che “non ha mai smesso di funzionare- ha sottolineato- È stato uno dei pochi centri di igiene ospedaliera che ha fatto sì che i pazienti continuassero ad andare e ad essere curati in sicurezza anche a marzo o ad aprile. Quindi se ci sono la volontà e le capacità le cure si possono non interrompere”. Ricciardi ha infine esortato: “Diamoci una mossa tutti quanti affinché questo grande programma della Mission europea venga effettivamente applicato in Italia, però in tutte le regioni”, ha concluso.

BOLOGNA: “I PAZIENTI SIANO SEGUITI IN OGNI REGIONE”

 “In Italia la rete oncologica deve essere distribuita in maniera uniforme. Abbiamo bravi professionisti e protocolli condivisi a livello nazionale ma anche internazionale, per i quali i pazienti possono essere eseguiti in qualsiasi regione si trovino”, ha dichiarato la deputata del Gruppo Misto Fabiola Bologna, intervenendo al convegno online.


“Quello che in questi anni ho visto- ha spiegato Bologna- è che molto spesso il paziente si muove per andare a cercare un’altra opinione, è più che comprensibile rispetto ad una patologia come quella tumorale che coinvolge diverse sfere della persona e della sua famiglia. Ma se noi riuscissimo veramente a strutturare bene questa rete, utilizzando tutti gli strumenti digitali che stiamo cercando di mandare avanti anche in parlamento, come la famosa telemedicina, questo potrebbe essere di grandissimo aiuto agli stessi oncologi che seguono i pazienti sul territorio, per confrontarsi tutto insieme. In questo modo lo stesso paziente riacquisterebbe fiducia nel medico che lo prende in carico anche sul territorio”. Secondo la deputata si tratta di un “problema sicuramente di tipo culturale, ma la telemedicina e la teleassistenza vanno assolutamente potenziate”, ha concluso.

BINETTI: “PAROLA D’ORDINE ‘TERRITORIALIZZAZIONE DELLE CURE'”

 “La parola d’ordine e la speranza che raggiunge tutti noi è la territorializzazione, cioè dobbiamo spostare l’attenzione dall’ospedale al territorio dove è il paziente”ha dichiarato la senatrice Paola Binetti, presidente dell’Intergruppo parlamentare Malattie Rare, intervenendo al convegno online dal titolo ‘Oncologia del territorio’.

“È necessario domiciliarizzare il più possibile le terapie– ha proseguito Binetti- e creare anche le famose ‘case della salute’ secondo il modello di Livia Turco o le ‘case della comunita” secondo il modello del ministro Speranza, ma comunque quei luoghi al di fuori dell’ospedale in cui il paziente possa ricevere in forma multiprofessionale tutti gli aiuti di cui ha bisogno”. Per la senatrice ora e’ pero’ necessario “spostare risorse sul territorio”, per questo “stiamo lavorando in questo momento affinche’ le parole si tramutino in fatti. C’e’ un volere coordinato di spostare l’asse della sanita’ sul territorio, soprattutto in questa fase di pandemia ancora in atto”, ha concluso. 

ALL.CAN ITALIA: “CON COVID TERRITORIALITÀ È ESIGENZA”

“La territorialità è diventata un’esigenza che è stata accelerata dalla pandemia, ma sappiamo che da tempo c’è bisogno di un rinnovato rapporto tra ospedale e territorio”. A dirlo Emilia Grazia De Biasi, portavoce di All. Can Italia ed ex presidente della Commissione permanente Igiene e Sanità del Senato, intervenendo al convegno ‘Oncologia del territorio’.

“È necessaria una medicina della prossimità che si avvicini alla persona- ha spiegato- ed una medicina multidisciplinare che coinvolga diverse figure essenziali, prima fra tutte quella del medico di medicina generale, che anche in ambito oncologico va inserito all’interno Dei PDTA (Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali), altrimenti sarà molto difficile mantenere una connessione”. Servono quindi le cure palliative “non soltanto per quel che riguarda la fase terminale dell’esistenza- ha aggiunto De Biasi- ma come sostegno alle cronicità. Il malato ha un problema molto semplice: intanto ha bisogno di essere rassicurato, in secondo luogo ha bisogno di sapere, in terzo luogo di sapere come fare e a chi rivolgersi. Quanti sono, per esempio, i punti di accesso per i malati oncologici in attesa della prima diagnosi? I pazienti vivono con angoscia questa situazione e ci vogliono dei punti di riferimento che si occupino proprio dell’organizzazione e dell’accesso del malato oncologico. È importantissimo”, ha concluso l’ex senatrice.

AIOM: “PARLIAMO DI TERRITORIALITÀ MA MANCANO RISORSE”

“Il collegamento ospedale-territorio è una delle cose di cui stiamo parlando di più ma che è meno facilmente attuabile in questo momento”. A dirlo il presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica, Giordano Beretta.

“Parliamo di ospedale e territorio, parliamo di andare a recuperare le risorse, ma dove andiamo a prendere le risorse del personale? In questo momento- ha spiegato Beretta- abbiamo difficoltà nel gestire gli organici ospedalieri delle oncologie, quindi dobbiamo ipotizzare un passaggio sulla territorialità ma con delle persone formate. Allora dobbiamo anche formare un percorso, ma questo inevitabilmente richiederà alcuni anni”.

Per il presidente di AIOM servono intanto “le risorse- ha sottolineato ancora- secondo la sburocratizzazione, perché non dimentichiamo che ci sono 27mila laureati in medicina che stanno ancora aspettando di sapere se entreranno o meno in una scuola di specializzazione, con ricorsi su ricorsi. Non avremo mai un numero di personale sufficiente per poter fare le cose e non solo in oncologia. Quando pensiamo all’oncologo territoriale, allora, dobbiamo quindi considerare tutti questi aspetti”. Secondo Beretta, inoltre, a mancare è la comunicazione tra esperti. “Dobbiamo imparare a parlarci- ha detto- perché spesso il punto di contatto tra l’ospedale e il territorio è scarso e, anche quando c’è, c’è la tendenza a mettersi su punti diversi e questo è un errore grossolano. Non esiste una delle due componente che sia migliore dell’altra, esistono due componenti che hanno competenze differenti e che, come tali, devono integrare le loro competenze”.

Il presidente di AIOM è infine convinto che la medicina di famiglia deve avere “un ruolo molto importante nella fase della prevenzione, ma deve anche occuparsi del paziente nella sua globalità, anche quando è uscito dalla sua storia di malattia, perché lo stesso, anche se guarito, potrebbe avere tutta una serie di problematicità non di pertinenza oncologica ma di gestione della persona. Per questo il medico di famiglia ha un grande ruolo”, ha concluso.

ISS: “IN ALCUNE AREE RETE ONCOLOGICA DA MIGLIORARE”

“Abbiamo delle realtà in cui purtroppo la rete di integrazione oncologia e territorio funziona, in altre invece ci sono dei miglioramenti da apportare”. Così Mauro Biffoni, direttore del dipartimento di Oncologia e Medicina Molecolare dell’Istituto Superiore di Sanità, intervenendo al convegno online ‘Oncologia del territorio’.

“Questo dovrebbe poi portare anche ad una uniformità dei trattamenti nel territorio nazionale- ha proseguito Biffoni- perché le reti a loro volta si dovrebbero interfacciare per portare appunto ad una omogeneità di trattamento”.

Secondo l’esperto dell’ISS, ad ogni modo, l’oncologia in Italia è una realtà dal punto di vista professionale “molto evoluta ed importante, la rete degli oncologi è forte dal punto di vista scientifico” e c’è “già” da parte dei professionisti uno “sforzo per arrivare ad una uniformità nel trattamento dei pazienti a livello nazionale. Però deve esserci allo stesso tempo anche uno sforzo organizzativo per arrivarci con l’assistenza”, ha concluso.

CITTADINANZATTIVA: “DISUGUAGLIANZE OSPEDALI PROBLEMA ENORME”

“Abbiamo un problema enorme di disuguaglianze che non riguardano soltanto il nord e il sud, ma anche il rapporto tra città ed aree interne. Esiste un problema strutturale”. Lo ha detto Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva.

“Poi dobbiamo aggiungere i dati- ha proseguito Gaudioso- Si calcola che in questi mesi siamo saltati circa 1 milione e 400mila screening, con impatti misurabili purtroppo in termini di tumori individuati in ritardo e con tutto ciò che ne consegue”. E questo non è un problema “solo del Meridione, ma di diverse aree del Paese. Anche perché al sud ci sono strutture di eccellenza in ambito oncologico, basti pensare al Pascale in Campania”.

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