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In Libano oltre lo spettro della guerra, al lavoro con bambini, detenuti e comunità

La testimonianza di Virginia Sarotto, cooperante di Arcs, Ong italiana che nel Paese del cedro segue una serie di progetti per educazione e sviluppo

Pubblicato:23-09-2024 12:02
Ultimo aggiornamento:23-09-2024 12:02

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ROMA – ‘Il Libano vive da anni una serie di eventi che lo trattengono in una crisi umanitaria protratta. Noi di Arcs però abbiamo scelto di puntare sullo sviluppo delle comunità e non solo sulla gestione delle emergenze: una necessità che potrebbe imporsi con forza se scoppierà una guerra, una possibilità che da un anno ormai tutti sentono sempre più vicina‘. A parlare con l’agenzia Dire è Virginia Sarotto, capoprogetto in Libano di Arcs Culture solidali, un’associazione di promozione sociale di solidarietà, cooperazione e volontariato che Arci ha istituito nel 1985 e iscritta dal 2016 all’Elenco delle organizzazioni della società vivile dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics). L’associazione oggi lavora su una pluralità di ambiti in diversi Paesi attraverso i cinque continenti, anche grazie a una stretta collaborazione con le istituzioni italiane.

IL LIBANO, UN PAESE IN “CRISI UMANITARIA PROTRATTA”

Il Libano, che nel suo passato ha attraversato guerre e conflitti, da un anno sperimenta una nuova fase di alta tensione col vicino Israele, risultato del conflitto tra l’esercito di Tel Aviv con i gruppi della resistenza armata palestinese. Ma sul Paese pesano anche gli effetti di una crisi finanziaria iniziata nel 2019 e descritta dalla Banca mondiale come ‘una delle peggiori depressioni al mondo’, a cui sono seguiti nel 2020 gli effetti della pandemia di Covid-19 e del lockdown, nonché un’esplosione al porto di Beirut che ha distrutto infrastrutture economiche chiave. Ciò ha reso più vulnerabile il Paese alla crisi del grano e all’aumento a livello globale del prezzo delle materie prime, derivante dalla guerra russo-ucraina che si è acuita nel febbraio 2022. Dal 2013 intanto l’afflusso di profughi dalla Siria, una guerra che tutt’ora continua, ha aumentato disoccupazione e tensioni sociali.

IL SOSTEGNO EDUCATIVO E PSICOSOCIALE A BAMBINI E FAMIGLIE

In questo quadro, Arcs ha scelto tre ambiti di intervento prioritari: il sostegno educativo e psicosociale ai bambini, un lavoro di supporto legale, psicosociale e advocacy con la società civile e le istituzioni libanesi nelle carceri e interventi di sostegno allo sviluppo economico delle comunità più marginalizzate.
Sarotto parte dal primo ambito: ‘Si tratta di un progetto volto a promuovere l’istruzione e il sostegno psicosociale di bambini e famiglie sia libanesi che siriane’, spiega, ‘svolto in partenariato con la ong locale Basmeh&Zeitooneh. Abbiamo aperto due centri comunitari, il primo a Naba’a, nella periferia di Beirut, e il secondo nel quartiere di Abou Samra a Tripoli, nel nord del Paese’. Il primo centro, nella periferia della capitale, vede il coinvolgimento di ‘ben 120 bambini dai tre ai cinque anni, perlopiù siriani, destinatari di programmi di early childhood education: si insegna loro a contare e scrivere’.
Interventi che si rendono indispensabili in un contesto in cui ‘le strutture scolastiche sono al collasso’, sia per le difficoltà economiche dello Stato, sia per l’enorme presenza di siriani, che rappresentano quasi un terzo della popolazione e che faticano ad accedere al sistema scolastico libanese.
‘Gli asili pubblici non esistono- continua Sarotto- sono solo privati e costano molto. La maggior parte delle famiglie non ce la fa. Inoltre, spesso capita che non sia possibile iscrivere i bambini alla scuola elementare: anche se le scuole funzionano su turni, spesso i posti terminano’. Dotare allora i bambini di nozioni prescolari diventa fondamentale.


Ma i servizi non si fermano qui: ‘Gli assistenti sociali dei centri comunitari con cui lavoriamo prendono in carico il minore a 360 gradi quindi sosteniamo anche i familiari, tra cui tante mamme sole. Segnaliamo quando e dove fare le vaccinazioni, ricevere visite pediatriche o odontoiatriche, oppure forniamo sostegno psico-sociale’. La richiesta, conferma la cooperante, è enorme: ‘Abbiamo in lista d’attesa più di 500 bambini’.

Il secondo centro comunitario, anche questo con 120 beneficiari, si trova invece ad Abou Samra, nei pressi di Tripoli. ‘Qui ci occupiamo di bambine e bambini dai nove ai 13 anni, a cui forniamo lezioni di recupero nel caso in cui abbiano perso giorni di scuola o siano rimasti indietro’.
Problemi comuni quando i genitori non sempre hanno un lavoro e magari ci si trasferisce spesso. ‘I nostri programmi sono allineati con quelli del ministero dell’Istruzione. Lavoriamo per scongiurare bocciature e abbandono scolastico’. Alle famiglie si forniscono ‘servizi di sensibilizzazione su temi igienico-sanitari, sul contrasto alla violenza e per la gestione delle emozioni nei bambini e negli adolescenti’. Molti, tra i siriani, hanno sperimentato guerra e fame.

IL LAVORO SULL’EMERGENZA-CARCERI

Il secondo ambito di intervento è il lavoro sulle carceri e il sistema penitenziario libanese: ‘Dal 2018- riprende Sarotto di Arcs- sono state realizzate due edizioni del progetto Droit, finanziate dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics). Da sei anni svolgiamo un’azione di coordinamento delle attività delle ong locali, che, avendo accesso diretto alle strutture, forniscono supporto sociale, legale o beni come kit igienici e farmaci, come fa ogni giorno il nostro partner Mouvement Social. Inoltre lavoriamo sul post detenzione: il nostro partner Ajem gestisce un centro di riabilitazione per il reinserimento delle persone ex detenute e tossicodipendenti nella società’.
Non finisce qui. ‘Arcs’, sottolinea Sarotto, ‘ha fondato e ad oggi co-coordina il Working Group on Prisons, una piattaforma che mette in dialogo diretto una volta al mese esponenti della società civile e delle istituzioni, per affrontare i problemi che si registrano dietro le sbarre’. Un modello ‘inedito’ nella regione. ‘Le carceri in Libano sono un problema enorme- continua la capoprogetto di Arcs – perché registrano un sovraffollamento del 300%, che crea condizioni sanitarie e psicologiche non dignitose’.
La popolazione carceraria, stando ai dati del ministero dell’Interno, ammonta a 9.200 individui, di cui il 73% in detenzione preventiva e il 36% di origine straniera. Le strutture carcerarie sono 25. Un problema che origina da ‘tribunali con pochi giudici, che sono quindi lenti a smaltire le procedure’. Anni di crisi hanno prodotto un’emorragia di magistrati, avvocati e personale delle cancellerie dal Libano verso l’estero, insieme ad altre figure professionali di alto profilo. Questo rallenta ogni aspetto della vita quotidiana. Secondo Sarotto, pesano anche ‘leggi farraginose, vecchie e non aggiornate e così mancano gli strumenti per creare alternative alla detenzione. Molte persone sono in carcere anche se non dovrebbero. Anche in questo caso, molti sono profughi dalla Siria, a volte in attesa di rimpatrio. Noi ci occupiamo di fare advocacy, coinvolgendo anche esperti dall’Italia, mentre con la Université Saint Joseph di Beirut lavoriamo a riscrivere le leggi sulla detenzione e la riabilitazione’.

PROGRAMMI DI CREAZIONE LAVORO NELLA VALLE DI BEKAA

Il terzo pilastro dell’azione di Arcs è il supporto allo sviluppo socio-economico alle comunità più marginalizzate. Nella valle della Bekaa, nell’est, e in particolare a Baalbek e Hermel, ‘pesantemente toccate dagli scontri con Israele dell’ultimo anno’, riporta la cooperante. Si prevedono ‘programmi di creazione di lavoro, anche finalizzato alla realizzazione di infrastrutture, così da raggiungere il doppio obiettivo di portare beneficio al singolo e alla comunità’. A ottobre, annuncia Sarotto, ‘partirà un nuovo progetto finanziato da Aics con 1,2 milioni di euro, in collaborazione con Un Ponte Per, che offre supporto a imprenditori e piccole imprese sociali’.
Si parte dalla selezione degli imprenditori e delle imprese che rispondono determinate capacità e caratteristiche, per poi erogare ciò che serve per avviare o rafforzare la produzione ‘assegnando materie prime, macchinari, e così via’. Una volta raggiunti gli obiettivi previsti, conclude Sarotto, gli imprenditori devono ‘restituire i bonus ricevuti in termini di risorse da destinare alla comunità d’appartenenza, così da innescare un beneficio comunitario’.

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