ROMA – “Mio padre mai avrebbe chiesto di ammazzare qualcuno. Chi lo dice non l’ha mai conosciuto. È un’offesa alla sua memoria. Nelle lettere da aprire post mortem giura davanti a Dio di non avere mai avuto a che fare con la mafia, con l’omicidio Pecorelli, con quello di Dalla Chiesa. Che poi in Sicilia il malaffare incrociasse a volte la politica, è noto”.
Con queste parole, in un’intervista al Corriere della Sera, Stefano Andreotti, figlio del sette volte Presidente del Consiglio, prende le distanze dalle dichiarazioni di Rita Dalla Chiesa sulla morte del padre, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso il 3 settembre 1982 a Palermo in un agguato di stampo mafioso.
Sulla reazione della sua famiglia alle parole della deputata di Forza Italia “oggi prevale l’indifferenza. Gli attacchi sono qualcosa di periodico, e ci abbiamo fatto una certa abitudine. Mi addolora un po’ che nonostante i risultati dei processi e le ricerche storiche, si venga rischiacciati sulla cronaca spicciola. La tentazione di parlare con Rita Dalla Chiesa mi è venuta – ha aggiunto Andreotti – . Proprio sabato ho chiesto a una persona che la conosce se non fosse il caso di parlare di suo padre e di mio padre, Giulio Andreotti. Ma se non succede non mi strappo i capelli….Ci sarebbero gli estremi per reagire per via giudiziaria. Ma il suo insegnamento è stato quello di lasciare perdere. Noi lo rispetteremo”.
Il terzogenito dell’ex premier aggiunge inoltre che i rapporti tra suo padre e il generale Dalla Chiesa “erano ottimi. Di rispetto e di stima, per il ruolo che il generale ebbe come artefice della lotta al terrorismo delle Brigate. Fu mio padre a dire a Francesco Cossiga nel 1979 di non smantellare il nucleo creato dal generale per sconfiggerle. E le lettere tra lui e Dalla Chiesa lo confermano”.
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