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Caporalato e sfruttamento nei campi tra Caltanissetta e Agrigento, 10 arresti

Lavoratori stranieri pagati meno di quattro euro all'ora

Pubblicato:23-09-2022 08:23
Ultimo aggiornamento:23-09-2022 08:23

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PALERMO – Turni di lavoro massacranti, paghe nettamente inferiori a quelle previste dai contratti collettivi, niente riposi settimanali né ferie o diritti per eventuali malattie. Sono le condizioni di lavoro alle quali erano sottoposti alcuni lavoratori stranieri impiegati nei campi delle province di Caltanissetta e Agrigento. Otto arresti domiciliari e due in carcere al termine di una inchiesta della Procura di Caltanissetta su caporalato e lavoro nero.

SFRUTTAMENTO E PAGHE DA FAME

I provvedimenti sono stati eseguiti dalla Digos nissena nei confronti di alcuni cittadini stranieri accusati di appartenere a una organizzazione criminale che reclutava migranti, in larga parte marocchini, da destinare al lavoro nei campi in condizioni di sfruttamento e con paghe da fame. Coinvolti anche alcuni proprietari terrieri e imprenditori agricoli: sono accusati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro perché avrebbero utilizzato, assunto o impiegato la manodopera straniera reclutata dall’organizzazione criminale “sottoponendo reiteratamente a condizioni di lavoro lesive della dignità, della sicurezza e della salute – spiegano dalla questura nissena – approfittando dello stato di bisogno nel quale i lavoratori versano”.

MENO DI 4 EURO PER OGNI ORA DI LAVORO

Contestate anche violazioni della legge sulla sicurezza e l’igiene nei luoghi di lavoro. I lavoratori reclutati avrebbero percepito per una media di 8-9 ore di lavoro giornaliero un salario che si aggirava tra i 30 e i 35 euro per ogni giornata lavorativa che veniva poi ulteriormente decurtato di circa 5-10 euro per le “tasse giornaliere” che sarebbero state imposte dagli autisti componenti dell’organizzazione per le spese di trasporto dei lavoratori presso le aziende agricole e per la manutenzione dei mezzi. I lavoratori non avrebbero utilizzato quasi mai dispositivi di protezione individuale e spesso sarebbero stati costretti a lavorare anche la domenica. Sarebbero stati anche controllati durante la giornata dal capo dell’organizzazione, o dai proprietari terrieri, con la minaccia di non essere più impiegati qualora non avessero svolto “ad arte” il lavoro.


Diversi gli episodi registrati in cui alcuni operai, nonostante avessero manifestato malesseri o impellenti necessità familiari durante la giornata lavorativa, sarebbero stati costretti a rimanere sul luogo di lavoro fino alla fine della giornata e a riprendere l’attività sotto la minaccia esplicita della perdita di ogni futura opportunità lavorativa.

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