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‘Progetto HAND’: rischio alcoldipendenza per chi usa sostanze. Ma per una visita epatologica fino a 5 mesi di attesa

Il progetto 'HAND - Hepatitis in Addiction Network Delivery' è il primo progetto pilota di networking a livello nazionale patrocinato da quattro società scientifiche (SIMIT, FeDerSerD, SIPaD e SITD)

Pubblicato:23-09-2020 10:05
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 19:56

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ALESSANDIA – “Puo’ accadere che le persone trattate per l’HCV poi finiscano per morire di cirrosi alcolica”. Lo ha detto la tossicologa Valeria Zavan, responsabile SS Alcologia, SC Ser.D. – ASL Alessandria, intervenendo al corso di formazione ECM sulla gestione dei tossicodipendenti con Epatite C, organizzati dal provider Letscom E3 con il contributo non condizionante di AbbVie.

Dopo Pozzuoli, la seconda tappa e’ stata ad Alessandria, dove si e’ svolto l’incontro dal titolo ‘Buone prassi e networking nella gestione dell’epatite C in soggetti con disturbo da addiction, al tempo del Coronavirus’. I corsi di educazione continua in medicina (che saranno in totale 17 su tutto il territorio nazionale) rientrano nell’ambito del progetto ‘HAND – Hepatitis in Addiction Network Delivery’, il primo progetto pilota di networking a livello nazionale patrocinato da quattro societa’ scientifiche (SIMIT, FeDerSerD, SIPaD e SITD), che coinvolge i Servizi per le Dipendenze e i relativi Centri di cura per l’HCV afferenti a diverse citta’ italiane.


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“Il progetto HAND, mettendo in connessione le varie parti deputate al trattamento e alla cura dei soggetti fragili- ha proseguito Zavan- da’ la possibilita’ di avere una valutazione globale sul trattamento del soggetto in carico per HCV, ma non solo per questo: ricordiamo sempre che un terzo dei soggetti in trattamento con metadone o farmaci sostituivi sono a rischio di sviluppare una alcodipendenza. E questo e’ un fattore di rischio per l’uscita dal trattamento e per un peggiore esito dello stesso”.

La globalita’ del trattamento aiuta quindi “a gestire obiettivi generali come quello dell’eradicazione dell’HCV- ha sottolineato l’esperta- offrendo leve terapeutiche per trattare i soggetti nel loro ambito, cioe’ nel posto in cui si sono riferiti per essere trattati”.

Zavan ha quindi voluto sottolineare che “per quanto possa sembrare poco usuale, le persone con tossicodipendenza tengono molto alla loro salute e sono spesso sensibili rispetto al trattamento delle patologie organiche. Questo vale sia per i tossicodipendenti da sostanze illecite sia per quelli da alcol. Far rientrare un progetto di cura all’interno di una cura piu’ globale, quindi, e’ il vero punto di forza del progetto HAND“.

In Piemonte il valore aggiunto del progetto HAND, intanto, e’ stato anche quello di “coinvolgere le associazioni e le unita’ di strada. Il punto fondamentale riguarda in effetti proprio il ‘sommerso’- ha spiegato l’esperta- perche’ noi sappiamo che lo sviluppo della trasmissione e’ soprattutto a carico di soggetti che non hanno nessuna percezione di avere un problema di HCV, cioe’ non sanno di essere infetti. E stiamo parlando non solo di un’area di soggetti fragili, ma anche e soprattutto di soggetti non monitorati. Grazie al progetto HAND siamo andati sul territorio e siamo stati in grado di valorizzare le capacita’ dei servizi di identificare i soggetti ad alto rischio”.

Sulla necessita’ di riprendere al piu’ presto le terapie, interrotte a causa dell’emergenza sanitaria legata al Covid-19, Zavan ha infine aggiunto: “Coloro che avevano gia’ terapie le hanno proseguite, mentre cio’ che di fatto e’ stato sospeso sono stati i controlli e le visite de visu. Ora e’ veramente importante riprendere a fare soprattutto gli screening, perche’ i soggetti che afferiscono ai servizi per le tossicodipendenze in questo momento sono un target privilegiato rispetto all’obiettivo generale dell’eradicazione dell’HCV nel nostro Paese. Questo perche’ esistono delle sacche di ‘sommerso’ e pazienti pluriproblematici che non solo hanno problemi di HCV, quindi di trasmissione della patologia, ma spesso anche forme molto gravi e difficilmente trattabili di epatite C associate ad altre patologie, in particolare all’uso di altre sostanze o di alcol. In questo senso- ha concluso- sono soggetti fragili da un punto di vista epatologico”.  

ICARDI: “DAL PIEMONTE GRANDI PASSI AVANTI SUI FARMACI ANTI HCV”

“Dall’immissione in commercio dei farmaci anti-epatite, la Regione Piemonte ha garantito la cura dei pazienti sintomatici secondo le indicazioni previste dall’Aifa (Agenzia italiana del farmaco). Grazie all’evoluzione farmacologica, si sono fatti notevoli passi avanti e una volta esauriti i pazienti più gravi e sintomatici, l’obiettivo al quale stiamo lavorando con i clinici di riferimento è di trovare la soluzione più appropriata per l’individuazione e il trattamento dei pazienti asintomatici”, ha spiegato l’assessore alla Sanità della Regione Piemonte, Luigi Genesio Icardi, interpellato dall’agenzia Dire in merito allo stato dell’arte dell’epatite C in Piemonte, in occasione della seconda tappa ad Alessandria del progetto ‘Hand-Hepatitis in Addiction Network Delivery’.

INFETTIVOLOGO: PER VISITA EPATOLOGICA FINO A 5 MESI DI ATTESA

“Per una visita epatologica le liste d’attesa arrivano anche a 4/5 mesi”. A dirlo e’ Roberto Carbone, epatologo e infettivologo del SS. Antonio e Biagio e C. Arrigo – ASO Alessandria, intervenendo al corso di formazione ECM sulla gestione dei tossicodipendenti con Epatite C, organizzati dal provider Letscom E3 con il contributo non condizionante di AbbVie. 

“Sicuramente occorre che ci sia un accesso tempestivo e facilitato alle strutture per i soggetti che appartengono alle categorie a rischio, come quelli che afferiscono ai Ser.D.- ha sottolineato Carbone nel corso della sua relazione dal titolo ‘Accesso al trattamento per HCV presso l’ospedale di Alessandria’- ma in modo particolare per la popolazione anziana sopra i 65 anni, perche’ una buona percentuale di infezioni misconosciute sono proprio a carico di quella fascia d’eta’. E spesso i pazienti, purtroppo, arrivano al laboratorio in una fase gia’ avanzata della malattia. Quindi sicuramente i test rapidi salivari ci agevoleranno, ma l’accesso ai trattamenti deve essere piu’ semplificato e bisogna aumentare al massimo il numero dei centri prescrittori, per poter avere una visita epatologica in maniera tempestiva, senza lunghe liste d’attesa come purtroppo ci sono in questo momento”.

Secondo l’epatologo il progetto di eradicazione dell’epatite C entro il 2030 in Italia, come dettato dall’Organizzazione mondiale della Sanita’, e’ “ambizioso e probabilmente un po’ troppo ottimistico– ha commentato- visto l’andamento non credo che riusciremo ad arrivare per quella data al contagio zero in Italia, ma quello che stiamo facendo adesso e’ mettere le premesse per poterci riuscire”.

Il lockdown, intanto, ha creato “notevoli problemi anche nel nostro ambulatorio: sono saltate circa 1000 prestazioni e almeno 60/80 trattamenti non sono proprio iniziati- ha fatto sapere Carbone- Il progetto HAND ci puo’ dare allora una grossa mano nel recuperare il pregresso, sia per il riaggancio dei pazienti che hanno saltato le prestazioni sia per l’esecuzione di test rapidi per quei pazienti che sono ancora in attesa di fare gli esami di routine”.

In merito all’iniziativa di ACE (Alleanza contro le Epatiti), nata dalla volonta’ e collaborazione di AISF, SIMIT ed EpaC, che ha lanciato una campagna di prevenzione e screening che prevede per i cittadini un test congiunto per Covid-19 ed Epatite C, Carbone ha commentato: “Colgo l’occasione per ringraziare tutte le associazioni coinvolte nel progetto HAND, in particolare l’EpaC, che ci ha dato una grossa mano durante il periodo del Covid. Sicuramente e’ un’iniziativa lodevole perche’ molte persone che sono positive all’epatite C ancora non lo sanno, non avendo mai fatto il test in precedenza, e lo stesso discorso vale per il Covid-19, perche’ molte persone asintomatiche sono potenziali portatori ma non ne sono consapevoli. Quindi poter disporre di un test combinato e rapido sicuramente e’ un grosso vantaggio in questa fase delicatissima, perche’ questo autunno ci sara’ sicuramente una recrudescenza delle infezioni da Covid-19- ha concluso l’esperto- anche se non cosi’ elevata come nel periodo compreso tra marzo e maggio”.

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