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Roma, i segreti del murale di Sironi svelati dal restauro dell’Iscr

La storia del grande murale di Mario Sironi, eseguito nel 1935 nell'aula magna del rettorato della Sapienza, a Roma, riaffiora con il lavoro iniziato poco più di tre mesi fa dall'Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (Iscr) in collaborazione con l'ateneo

Pubblicato:23-09-2015 11:06
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:34

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Nascosto sotto la carta da parati, danneggiato e poi profondamente ritoccato per nascondere la vergogna dei simboli fascisti. La storia del grande murale di Mario Sironi, eseguito nel 1935 nell’aula magna del rettorato della Sapienza, a Roma, riaffiora con il lavoro iniziato poco più di tre mesi fa dall’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (Iscr) in collaborazione con l’ateneo. ‘Esempio di particolare importanza della pittura murale di Sironi e in generale della Grande Decorazione del Ventennio’, ‘L’Italia tra le arti e le scienze’ ‘è un documento emblematico di quel particolare contesto storico-artistico- spiega Laura D’Agostino, storico dell’arte, direttore dei lavori per l’Iscr intervistata dall’agenzia Dire- Vi è tutta la grandezza della pittura rinascimentale e prerinascimentale. La trattazione del soggetto è solenne e sobria allo stesso tempo, priva di accenti meramente celebrativi; ne emana la volontà di trasmettere un messaggio morale in grado di arrivare a tutti’.

Sironi però sconta l’adesione al regime fascista. Del resto, era stato l’architetto Piacentini, fedelissimo del duce, ad assegnargli ‘il compito arduo – scriveva lo stesso artista in una lettera di ringraziamento indirizzata a Mussolini – di illustrare il fascismo sulla grande parete del salone dell’università romana’. Su oltre 100 metri quadrati, la sua ‘Italia tra le arti e le scienze’ era costellata di simboli del regime, dall’aquila imperiale all’effige di Mussolini a cavallo. La prima censura è arrivata subito dopo la guerra con uno spesso strato di carta incollata su tutta la superficie. Poi, all’inizio degli anni Cinquanta, un intervento di recupero si è trasformato nella defascistizzazione dell’affresco decisa da un’apposita commissione. ‘All’epoca Sironi era ancora vivo- racconta D’Agostino- e Carlo Siviero, pittore napoletano per nascita e romano d’adozione, interviene sull’intera superficie: occulta, integra, ripassa forme e colori, ma sostanzialmente rispetta l’impianto generale dell’opera, si avverte quasi una sorta di soggezione verso il maestro che mai più volle rivedere la sua opera’. Svelare Sironi nascosto sotto le pennellate di Siviero è tra i compiti del restauro che vede gli esperti dell’Istituto lavorare con i tecnici della Sapienza. Con loro, anche gli allievi della scuola Iscr e gli studenti dell’università.


LA DEFASCISTIZZAZIONE – ‘Siamo partiti con la fase di conoscenza di questo dipinto- racconta all’agenzia Dire il direttore dell’Iscr, Gisella Capponi– Eravamo già consapevoli delle grandi difficoltà, perché è ben noto che l’opera ha subito delle vicende traumatiche che ne hanno compromesso lo stato di conservazione, e anche la leggibilità’. La rimozione della carta incollata sul dipinto, spiega, ha infatti strappato via anche parti di pellicola pittorica. Fino al restauro eseguito da Siviero. ‘Trovandosi di fronte vuoi a una situazione molto lacunosa, vuoi alla presenza dei simboli del fascismo che si volevano coprire- osserva Capponi- evidentemente è stato dato l’input di una ridipintura che però si sta rivelando, dai saggi che stiamo eseguendo, veramente molto estesa e con delle grandi interpretazioni di quello che è presente sotto’. Per questo, prosegue il direttore, ‘pensiamo di realizzare, alla fine del mese di settembre, una ricostruzione virtuale, inserendo tutte le variazioni che ci sono state sul dipinto e cercando anche di renderci conto dell’estensione’.

LA SCOPERTA – Restauratori, chimici, ingegneri, storici dell’arte lavorano fianco a fianco sui tre piani di ponteggi montati sulla parete dell’aula magna della Sapienza. Tra le impalcature passano di mano in mano copie in bianco e nero del murale originale, in un confronto continuo e minuzioso che ha già regalato i primi risultati: la luce radente mostra i contorni dell’aquila fascista che Sironi aveva tratteggiato sopra l’Italia e, poco più su, la X che componeva il numero XIV, dipinto dall’artista per scandire l’età del Ventennio. ‘Questa- indica Eliana Billi, docente di Teoria e storia del restauro e referente della Sapienza per i restauro del murale- è un’area particolarmente significativa perché è il punto in cui Sironi aveva realizzato i simboli del fascismo, quindi la parte che Siviero ha camuffato e stravolto completamente proprio per eliminare questa simbologia. In particolare, siamo di fronte a una zona in cui doveva essere rappresentata un’aquila imperiale e più in alto la scritta con la data XIV: il quattordicesimo anno dell’era fascista, come mostra la foto storica dell’originale. Oggi con luce visibile riusciamo ad apprezzare soltanto alcune parti dell’aquila, ma la nostra sfida è capire che cosa dell’originale di Sironi si conserva sotto la ridipintura di Siviero‘. Con l’aiuto di una lampada, a occhio nudo si distinguono le tracce dell’aquila sironiana, il becco e l’occhio. ‘Soltanto la presenza del ponteggio per il restauro ha permesso di vedere tutto questo- aggiunge Billi- e le indagini diagnostiche ci aiutano a capire quello che c’è sotto’.

LE INDAGINI DIAGNOSTICHE – Tecnici della Sapienza ed esperti dell’Istituto lavorano a stretto contatto durante tutte le fasi del restauro, partito con la diagnosi del murale eseguita anche con indagini all’ultravioletto e all’infrarosso che ‘hanno la capacità di penetrare all’interno della superficie dell’opera, e questo ci consente di avere una visione di quello che c’è al di sotto dello strato superficiale’, dice Claudio Falcucci, docente di Diagnostica artistica. La successiva campagna con la fluorescenza indotta dai raggi X e le analisi fisiche e chimiche sui pigmenti ha permesso all’equipe di stabilire una sorta di tavolozza pittorica. Il risultato è che tra Sironi e Siviero ‘i colori sono totalmente diversi’. Annamaria Giovagnoli, chimico dell’Istituto superiore, guarda il blu usato per dipingere il cielo e nota che ‘c’è un colore molto più intenso che appartiene sicuramente alla mano di Sironi, e uno più sbiadito e freddo che sicuramente non è originale. I nostri studenti- aggiunge- sono stati messi in grado di utilizzare il colorimetro e di documentare ogni tassello aperto in modo da distinguere e attribuire lo strato scoperto a uno o all’altro artista’. Scarpe da cantiere e tute da lavoro, tra i ragazzi c’è chi, guidato dai tecnici, con un bastoncino imbevuto di una miscela acquosa rimuove pochi centimetri di pittura, scoprendo i tratti sottostanti, quelli dipinti nel 1935 da Sironi. Qualcun altro, invece, con mano leggerissima passa un bisturi proprio sul cielo ritoccato da Siviero.

SIRONI SVELATO – Un lavoro meticoloso che dovrà essere il più esteso possibile per comprendere lo stato di conservazione della pittura originale. Del resto, Siviero ha rivisitato il murale ‘quasi integralmente, ridipingendo e rimodellando anche alcune figure’. Una interpretazione spesso ‘non giustificata da uno stato di conservazione lacunoso’ del murale originale. Al primo piano del ponteggio, si possono vedere da vicino i volti e le vesti con cui Sironi ha rappresentato le arti e le scienze che circondano l’Italia. ‘C’è una variazione della cromia e anche delle dimensioni- rileva Barbara Provinciali, restauratore Iscr specializzata in dipinti murali- Con la rimozione della ridipintura, le vesti della Mineralogia e della Botanica rivelano che la figura è stata ridotta’. E in effetti, grazie ai saggi eseguiti finora, sotto le pennellate scure impresse da Siviero lungo i contorni delle vesti riemergono i tratti, i colori e la luce di Sironi.

TORNARE ALL’ORIGINALE? – Ma è possibile tornare al dipinto originale? ‘Lo vogliamo scoprire‘, risponde Capponi. A quel punto, sarà necessario decidere come intervenire sull’opera: se restituire all’aula magna della Sapienza il murale originale, cancellando i segni di un restauro che racconta un pezzo di storia italiana, o se invece conservare, almeno in parte, l’intervento di Siviero, sacrificando tratti della mano di Sironi. ‘Metteremo insieme tutto- dice Capponi- ci confronteremo con gli esperti della pittura di Sironi, l’università e con chiunque avrà preso parte a questo lavoro per decidere il da farsi’. Certo, aggiunge D’Agostino, ‘se dovessimo verificare che, sotto le ridipinture, Sironi si conserva, piacerebbe a tanti di noi mettere in luce l’originale. Ma è ancora presto per affrontare seriamente questa decisione- tiene a dire- I saggi fatti ci danno indicazioni positive, ma sono ancora troppo parziali’. Servirà circa un anno e mezzo per concludere il restauro che affronterà per la prima volta tutti i problemi conservativi e di presentazione del dipinto. L’ultimo intervento risale infatti agli anni Ottanta, ma allora era stato limitato a porzioni circoscritte della superficie. Fino alla proposta di intervenire di nuovo: ‘Quando entravo in Aula magna- ricorda Marina Righetti, docente di Storia dell’arte medievale e direttore dell’Istituto di storia dell’arte e spettacolo- l’affresco di Sironi calamitava il mio sguardo perché lo sentivo sordo, sporco. Ogni volta vedevo apparire cadute di colore che mi sembravano ingrandirsi sempre di più. Non era così, naturalmente, ma era una specie di sentimento di malessere nei confronti di questa opera, che è una testimonianza importante della storia di questa università. Ogni volta uscivo dall’aula magna pensando ‘Bisogna fare qualcosa”. Nasce così la collaborazione tra la Sapienza e l’Istituto superiore per la conservazione e il restauro, grazie a cui proprio nell’Aula magna del Rettorato verrà organizzato un ciclo di incontri per illustrare agli studenti le fasi del cantiere didattico.

di Nicoletta Di Placido – giornalista professionista

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