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Candidata alle presidenziali in Somalia: “Trattare con le milizie di ispirazione jihadista di Al-Shabaab”

È il percorso immaginato per il prossimo futuro della Somalia in un'intervista con l'agenzia Dire da Fawzia Yusuf Adam, a oggi unica donna candidata alle elezioni previste il 10 ottobre

Pubblicato:23-07-2021 11:51
Ultimo aggiornamento:23-07-2021 11:51
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ROMA – “Riconciliazione nazionale” come priorità, perché è solo così che si può raggiungere “la pace e la sicurezza, che non possono essere imposte”. Per arrivarci, se necessario, “sedersi anche al tavolo con le milizie di ispirazione jihadista di Al-Shabaab, che stanno uccidendo la nostra gioventù. Chiedergli cos’è che vogliono, fare come è stato fatto in Colombia con le Farc, in Aghanistan con i talebani”. È il percorso immaginato per il prossimo futuro della Somalia in un’intervista con l’agenzia Dire da Fawzia Yusuf Adam, a oggi unica donna candidata alle elezioni presidenziali previste il 10 ottobre. Al voto si dovrebbe arrivare tramite un processo che avrà inizio questo fine-settimana con la nomina dei membri della Camera alta, che vengono decise dai presidenti degli Stati regionali della federazione. Successivamente, tra agosto e settembre, gli anziani dei clan del Paese sceglieranno i delegati che avranno il compito di selezionare gli oltre 200 deputati della Camera bassa. Questi ultimi infine, appunto a ottobre, eleggeranno il o la presidente.

La definizione di questo meccanismo è frutto di mesi di negoziati tra esecutivo centrale e autorità regionali, che dopo il raggiungimento di un primo accordo lo scorso settembre hanno subito una serie di rallentamenti e di svolte, anche violente, come lo scorso aprile, quando le opposizioni si sono affrontate armi in mano nei pressi del palazzo presidenziale di Mogadiscio.

“È stato un percorso lungo, molte questioni sono risolte, ma resta l’insoddisfazione per un sistema elettorale ingiusto”, dice Yusuf Adam, già ministra degli Affari esteri e vicepremier tra il 2012 e il 2014.
“Questo modello che ci siamo scelti è un problema” prosegue la candidata, che anche presidente del National Democratic Party (Ndp) e della Hiigsi Coalition, un’alleanza che racchiude nove diverse formazioni politiche: “E’ poco pratico, alimenta la corruzione e un sistema tribale che divide il Paese in componenti sempre più piccole in lotta fra loro: il risultato è che lo sviluppo sociale ed economico della Somalia si blocca”.

L’attuale modello, secondo Yusuf Adam, “contravviene l’articolo due della Costituzione, che afferma che il diritto di voto è esteso a tutti i cittadini, e l’articolo uno, che asserisce che la nostra è una repubblica federale basata su elezioni libere e democratiche”.
Nel febbraio 2020, il governo del presidente Mohamed Abdullahi Mohamed, detto Farmajo, aveva approvato una legge elettorale che avrebbe introdotto il sistema “una testa un voto” e quindi il suffragio universale. La decisione di tornare al vecchio modello è maturata nel corso dei complessi mesi che hanno portato a posticipare il voto più volte, ed è stata giustificata da preoccupazioni relative alle difficoltà economiche della commissione elettorale e a questioni di sicurezza, soprattutto in alcune aree del Paese.
“Non è così, la Somalia è pronta per un sistema democratico”, sottolinea Yusuf Adam, che aggiunge: “Negli anni abbiamo osservato che alla fine si vota sempre e solo nelle zone del Paese sicure: lo si potrebbe fare tranquillamente permettendo a tutti di partecipare”.

La candidata aggiunge che “il modello clanistico sta distruggendo la società somala” e rilancia con una proposta: “Il sistema più adeguato per i Paesi che hanno lunghe storie di conflitto è quello di rappresentanza proporzionale a lista chiusa”. Un meccanismo fondato sull’influenza dei clan ha anche conseguenze per quanto riguarda il coinvolgimento delle donne nei processi politici, denuncia Adam Yusuf. “Il governo ha dimezzato i costi per le candidature delle donne al parlamento, ma il punto è che il modello tribale dà molta influenza a contesti rurali dove il potere è gestito solo dagli uomini”, dice la ex ministra. Che anticipa una proposta: “Abbiamo bisogno di introdurre quote del 30 per cento per le donne in Parlamento”.

Allargare la partecipazione alla politica e riformare il sistema elettorale sono componenti fondamentali del nuovo orizzonte che la candidata immagina per la Somalia, ma non sono le sole: “È necessario – dice – finalizzare la stesura della nostra Costituzione, che è rimasta sospesa da 20 anni, e poi istituire una Corte costituzionale”.

Secondo Yusuf Adam, la priorità è però la riconciliazione, tra clan e anche con Al-Shabaab, milizia islamista attiva da oltre 20 anni, che controlla diverse zone, soprattutto nel sud.
L’obiettivo è la pace e la prosperità, la ridistribuzione delle grandi ricchezze della Somalia” dice la candidata. “Per arrivarci dobbiamo pensare di parlare con tutti gli attori che agiscono sul nostro territorio”. Secondo l’aspirante presidente, nel futuro della Somalia c’è posto per l’Unione Europea e anche per l’Italia.

“L’Ue prima ha sempre investito in noi, supporta le nostre forze armate e ha numerosi progetti di cooperazione soprattutto in ambito agricolo” dice Yusuf Adam, che definisce l’Europa “un amico di cui la Somalia riconosce l’importanza”. Infine un appello all’Italia, che ha controllato parte della Somalia fino al 1960. “L’invito – sottolinea la candidata – è a tornare qui come investitori e come persone che sostengono la nostra lotta contro l’odio e contro la guerra”.


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