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Ddl Pillon, donne in mobilitazione: pronte ad un autunno caldo

Una grande manifestazione delle donne a settembre, in continuità con la "mobilitazione permanente" avviata contro il Ddl Pillon e la richiesta al Presidente Sergio Mattarella, affinché non firmi la legge

Pubblicato:23-07-2019 20:23
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:33

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CONFERENZA STAMPA SENATO1
CONFERENZA STAMPA SENATO
CONFERENZA STAMPA SENATO2

ROMA – Una grande manifestazione delle donne a settembre, in continuità con la “mobilitazione permanente” avviata contro il Ddl Pillon da quando è stato depositato in Parlamento, la richiesta formale al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, affinché non firmi la legge dopo una sua eventuale approvazione e un ricorso alla Corte Costituzionale. Sono le principali proposte emerse dalla conferenza stampa promossa oggi pomeriggio in Senato da D.i.Re-Donne in rete contro la violenza, Udi-Unione delle donne in Italia, Rebel Network, Se non ora quando?, Coordinamento nazionale comitati, Casa Internazionale delle Donne, Differenza Donna, Arci Nazionale, ArciLesbica Roma, Cgil e Uil, proprio dopo che la discussione sulla controversa proposta di legge su separazione e affido condiviso, ripresa in Commissione Giustizia al Senato, è stata rinviata a settembre, su testo unificato.

Un appuntamento per contarsi e tirare una linea tra chi “è dalla parte delle donne e dei bambini ed è disposto a far sentire la propria voce in Parlamento e a rispondere alla propria coscienza” contro il disegno di legge Pillon e chi no, sottolineano le promotrici, che, con una lettera-appello a cui hanno aderito oltre 46 organizzazioni, hanno invitato i parlamentari “a trasformare le proprie dichiarazioni contrarie al Ddl Pillon in azioni concrete”.

E all’invito hanno risposto le forze d’opposizione, principalmente di orientamento progressista, rappresentate nella Sala Caduti di Nassiriya di Palazzo Madama, da senatrici e deputate del Pd e LeU, da Valeria Valente a Valeria Fedeli, da Lucia Annibali a Maria Elena Boschi, da Monica Cirinnà a Alessia Morani, Marianna Madia e Rossella Muroni, con Pietro Grasso e Alessandro Fusacchia a sottolineare il contributo fondamentale della componente maschile.


A fare da megafono alla protesta, cinquecento metri più in là nel perimetro parlamentare, le attiviste di Non Una Di Meno-Roma, in sit-in a piazza Montecitorio, altra tappa dell’ “agitazione permanente” in cui il ritiro del testo “non emendabile” del senatore leghista, Simone Pillon, è in questi mesi tra le principali rivendicazioni. 

Un assedio pacifico, ma determinato, quello portato dentro e fuori i palazzi istituzionali da una rete di donne trasversale che ha deciso di chiamare in causa i parlamentari “perché siamo convinte- ha detto in apertura la presidente di D.i.Re, Raffaella Palladino– che in Parlamento ci siano persone che hanno ancora testa e cuore per bloccare la deriva democratica e culturale in atto e fare in modo che non passino il Ddl Pillon, così come il decreto Sicurezza Bis. Non ci fermeremo se a nulla serviranno le loro voci, chiederemo a Mattarella di non firmare la legge che viola la Convezione di Istanbul e l’articolo 3 della Costituzione, faremo appello alla Corte Costituzionale e a tutte le nostre forze per una mobilitazione permanente”. 

È Vittoria Tola, dell’Udi-Unione Donne in Italia a proporre un “ostruzionismo intelligente” contro un disegno di legge che, per la presidente dell’Ong Differenza Donna, Elisa Ercoli, “ammicca agli uomini violenti e a una struttura familiare patriarcale”, limita “la libertà e il diritto di sciogliere i legami” e “costringe i bambini a riallacciare i rapporti con i padri violenti”. “Continueremo a vigilare”, avverte Ercoli, mentre la presidente della Casa Internazionale delle Donne di Roma, Francesca Koch, contestualizza il Ddl Pillon “nell’ondata nera che riguarda il contesto internazionale”, a cui si lega “l’atteggiamento del Governo, in particolare del senatore Pillon, “che ha ignorato le osservazioni di autorevoli organismi nazionali e internazionali, a cominciare dalla Special Rapporteur sulla violenza contro le donne delle Nazioni Unite”. 

Per Susanna Camusso, Responsabile delle Politiche di genere della Cgil – al tavolo con la responsabile nazionale dei Centri di Ascolto Mobbing e Stalking dslla Uil, Alessandra Menelao – il “Ddl Pillon non è una casualità, ma é collegato ad altri singoli provvedimenti che riportano a uno schema di regressione dei diritti delle donne. Dopo oggi non abbiamo scampato il pericolo- dice Camusso- perché un testo unificato sarà un’insopportabile schifezza. Non tolleriamo più l’ambiguità del movimento 5 Stelle, vengano allo scoperto”. E lancia l’idea di una grande mobilitazione delle donne a settembre “con un calendario nostro” da costruire “intessendo una rete di associazioni e parlamentari, con al centro il tema del Ddl Pillon ma rendendo anche esplicito che c’è una attacco ai diritti delle donne e che sessismo e razzismo stanno insieme”.

Fondamentale per Laura Boldrini alzare l’asticella della mobilitazione non solo nelle piazze, ma anche “sulla rete”, dove quotidianamente le donne vengono attaccate, mentre Maria Elena Boschi avverte: “Il rischio è che ci prendano in giro un’altra volta. Non dobbiamo cadere nella trappola di discutere il merito di questa proposta. Se non lo ritirano, il Ddl va in aula e va bocciato”. Con il contributo degli uomini, che vanno coinvolti perché, osserva Pietro Grasso, “la violenza sulle donne é soprattutto un loro problema e più si coinvolgono gli uomini più si ha comprensione del fenomeno sotto il profilo culturale”. “Chiederemo al presidente Mattarella di non firmare questa legge iniqua, misogina e contro i bambini e lo richiameremo al suo dovere di difensore della Costituzione perché questo Ddl oltre a violare la Convenzione di Istanbul viola l’articolo 3 della nostra Carta- spiega alla Dire Palladino- Speriamo che Mattarella, messo di fronte alle proprie responsabilità, non la firmi perché segnerebbe il traguardo verso la fine dei diritti delle donne e un grande pericolo per i bambini“.

LANZONI (PANGEA): NO A DISEGNO LEGGE, NON RICONOSCE VIOLENZA

“Basta confondere, equiparare o peggio ancora declassare la violenza del partner a una ‘lite in famiglia’ o a un ‘conflitto coniugale’. Basta concentrarsi sulla mediazione familiare, per altro vietata nei casi di maltrattamenti fisici e/o psicologici dalla Convenzione di Istanbul e dalla convenzioni internazionali senza fare alcuna distinzione tra conflitto e violenza coniugale. Basta anteporre il benessere dei genitori a quello dei dei figli, trattati in caso di separazione come pacchi da spostare da una casa all’altra senza un punto di riferimento e senza stabilità. Ma soprattutto basta negare i maltrattamenti e il vissuto traumatico delle donne e dei minori, basta alla farsa dell’alienazione parentale e delle donne che manipolano i figli quando invece cercano di proteggerli come possono”. Così in una nota Simona Lanzoni, vicepresidente di Fondazione Pangea Onlus e coordinatrice di Reama la rete per l’empowermente e l’auto mutuo aiuto per le donne vittime di violenza e per i loro figli, in piazza al presidio convocato da Non Una Di Meno contro il Ddl Pillon in corrispondenza della ripresa della discussione della proposta di legge in Commissione Giustizia al Senato, che ha deciso di rinviarne la discussione.

“Ecco perché diciamo no al disegno di legge Pillon e ai Ddl collegati ed ecco perché oggi siamo a manifestare, ancora una volta, davanti a Montecitorio: perché questo testo non rispetta i diritti dei bambini e quelli di chi vive la violenza ed rivolto solo a coppie ricche che vogliono separarsi sulla pelle dei minori e delle donne”. Questa proposta, spiega Lanzoni, “fa acqua da tutte le parti e ci pone di fronte a tanti, troppi interrogativi, che questo Governo non ha voluto ascoltare: invece delle nuove figure a pagamento come i mediatori familiari, perché non formiamo sui temi della violenza domestica, della violenza sessuale e di quella assistita chi lavora nel pubblico, dagli operatori socio sanitari agli psicologi, passando per le forze dell’ordine, gli avvocati e i magistrati? Perché il disegno Pillon non riconosce i maltrattamenti e gli abusi sessuali commessi dal violento quando si valutano le competenze genitoriali? Perché richiama continuamente alla regola generale dell’affido condiviso e della bigenitorialità perfetta, a svantaggio del diritto e della salute dei bambini a vivere liberi dalla violenza e dagli abusi?”. Continua Lanzoni nella nota: “Perché si vogliono estromettere i minori a partecipare e ad esprimere le proprie opinioni nelle decisioni che li riguardano, e li si obbliga ad esempio ad vere due case disgregando il centro dei propri affetti, dei propri interessi e delle proprie consuetudini? Pensiamo che questo Ddl sia improponibile e che si rivolga per lo più a ricchi coniugi che possono magari permettersi una doppia abitazione: per tutti gli altri determinerebbe solo un incrementerebbe del loro impoverimento e quindi l’impossibilità a separasi. Nei casi di violenza poi, quando a quella fisica è spesso legata quella economica, diventerebbe per la donna davvero impossibile andare via. Ed è per questo che diciamo no al Pillon, perché la sua approvazione avrebbe l’effetto di riportare questo paese Indietro di 40 anni, cancellando tutti gli strumenti di tutela previsti nei casi di violenza e tutti i diritti conquistati dalle donne in anni di lotta”.

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