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di Barbara Varchetta, Pubblicista, esperta di Diritto e questioni internazionali
Ancora molto controversa la dinamica del colpo di Stato tentato in Turchia qualche giorno fa: le incongruenze appaiono evidenti e gli scenari che potrebbero aprirsi sembrano andare in direzione opposta a quelli da tempo cristallizzati.
Un percorso virtuoso, quello intrapreso inizialmente dalla Turchia, che, negli anni, le ha consentito di guadagnare molta credibilità in ambito internazionale, di dialogare con l’UE e gli USA, di proporre il suo ingresso nell’Unione europea candidandosi al delicato ruolo di trait d’union tra il mondo islamico e quello occidentale. Non senza importanti contropartite!
Qualcosa, però, nell’ultimo periodo deve non aver funzionato: i golpisti hanno indicato in una progressiva islamizzazione del Paese non che in una crescente deriva autoritaria del governo di Erdogan le ragioni ispiratrici del colpo di Stato; un gesto avvenuto non nelle modalità canoniche, che ha coinvolto soltanto una piccola parte dell’esercito ed ha permesso ad Erdogan di organizzare una sia pur sbrigativa controffensiva.
Sono in tanti a sostenere che le anomalie verificatesi nelle fasi preparatorie e di realizzazione siano indicative di una fiction voluta dallo stesso leader per aumentare il suo potere così annientando tutte le categorie contrarie alla sua linea politica. Non a caso, infatti, le ritorsioni e le epurazioni contro i golpisti ed i loro simpatizzanti sono arrivate appena un giorno dopo l’insurrezione: numerosi i militari arrestati, i magistrati sospesi, gli insegnanti e gli imam licenziati, i vertici delle facoltà universitarie rimossi, per un numero complessivo che supera le cinquantamila persone! Senza contare poi l’annunciata sospensione della convenzione europea dei diritti umani, una sfida all’Europa ed ai Paesi occidentali che potrebbe indicare la volontà della Turchia di invertire la rotta nello scenario internazionale, con il conseguente definitivo abbandono al protezionismo russo ed al nuovo corso politico che questo implicherebbe.
Una sorta di escamotage per divincolarsi dagli impegni già assunti con la comunità internazionale; del resto, Erdogan non sarebbe nuovo a tali metodi. Pare che i Servizi di Intelligence turchi abbiano organizzato, non molto tempo addietro, una spedizione di armi alle frange estremiste siriane nel tentativo di sostenere la lotta al governo del Paese e lo stesso Erdogan abbia deciso l’organizzazione di un attacco ai danni della stessa Turchia al fine di imputarne la responsabilità alla Siria ed avere così l’opportunità di invaderla in una posizione di difesa piuttosto che di aggressione!
Non sorprenderebbe, dunque, se fra qualche giorno il governo turco e indicasse in Obama il mandante occulto del golpe così da potersi consentire controffensive legittimate realizzando contestualmente i desiderata russi ed un nuovo assetto in quell’area. Crollerebbe così quel sistema di alleanze, nato anche con la finalità di combattere il terrorismo di matrice islamica, che aveva fatto ben sperare l’intera comunità internazionale.
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