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Armi italiane all’Arabia Saudita. Il governo risponda

di *GIORGIO FRASCA POLARA per www.ytali.com

Pubblicato:23-05-2017 10:25
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:15

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di *GIORGIO FRASCA POLARA per www.ytali.com

Non partono soltanto dalla Sardegna le armi destinate alla penisola arabica, con la certezza in molti casi – come abbiamo documentato a ottobre dell’anno scorso e a gennaio di quest’anno – che le sfacciate spedizioni di enormi carichi di micidiali bombe MK80 e di altri strumenti di guerra siano destinate, pronube il governo italiano, a rifornire l’Arabia Saudita nel quadro di quella “Tempesta decisiva” destinata a bombardare continuamente il già devastato Yemen. No, carichi di armi e di mezzi partono anche dal porto di Piombino, identica generica destinazione (la penisola arabica) ma stavolta senza ancora la certezza che finiscano anch’esse per rifornire la coalizione guidata da Riyadh e diretta ad alimentare l’aggressione allo Yemen.

I fatti, allora, come sono riportati in un’interrogazione dei deputati Marcon, Palazzotto e Fassina alla ministra della Difesa Roberta Pinotti. Dunque, tra il 19 e il 20 aprile scorso c’è stato un continuo transito per le strade di Piombino di camion carichi di “attrezzature” dell’Esercito diretti al porto, banchina Tabani. Dai portuali è stato facile sapere che cosa fossero queste attrezzature: blindati (i Lince), armi (classificate come pericolose), munizioni in quantità. Tutto il materiale è stato caricato sulla nave Excellent, noleggiata dal ministero della Difesa che dunque sa quel che non sanno né i tre deputati interroganti e tanto meno noi vulgo. Questa nave è una “ro-ro”, destinata appunto al trasporto merci: batte bandiera maltese, con capitano ed equipaggio (14 persone) italiani, ignoto l’armatore, se italiano o straniero.


La nave proveniva da Savona: anche lì aveva caricato mezzi e materiali da guerra? Certo è che almeno a Piombino la Excellent è di casa: attracca e carica con frequenza materiale militare destinato all’estero: passa per Malta, attraversa il canale di Suez, ultima destinazione conosciuta Porto Said. Ma la destinazione finale resta ignota. Vero è che c’è una versione data all’autorità portuale dal capitano della nave: attività di routine per rifornire le truppe italiane impegnate in un’esercitazione. Versione poco anzi punto credibile: perché mai non uno ma frequenti va-e-vieni di rifornimenti? e poi quale o quali “esercitazioni” di truppe italiane sarebbero in corso in zone non precisate della penisola arabica? e quale documentazione è stata fornita al/dal ministero della Difesa (che pure ha noleggiato la Excellent) per avvalorare la versione ufficiale, che poi ufficiale non è affatto dal momento che si tratta di una generica informazione comunicata all’autorità portuale non da un qualche organismo militare ma dallo stesso capitano della nave da carico?

Comunque, ad avvalorare il sospetto che la destinazione (o il dirottamento) finale dell’ennesimo carico possa essere Riyadh è un dato di fatto: la ricerca ossessiva di armi dall’estero è una caratteristica, in quell’area, della politica aggressiva dell’Arabia Saudita verso lo Yemen, una guerra sanguinosa condotta senza mandato dell’Onu, anzi contestata dall’Ue e, formalmente, anche dal governo italiano. Quello stesso governo che però consente al gruppo industriale tedesco Rheinmetal di far fabbricare in Sardegna dalla sua filiale RWM-Italia i micidiali ordigni che servono a rifornire l’aviazione militare saudita per bombardare lo Yemen. Ma così la Germania si lava le mani da qualsiasi responsabilità diretta (che sarebbe censurata quanto meno dall’Ue) lasciando al governo italiano il compito di cavare le castagne dal fuoco…

Ma il governo italiano, e per esso la ministra della Difesa, ha pronta ogni volta la stessa giustificazione del nulla osta all’esportazione di armi: c’è sempre in ballo una triangolazione che esclude una diretta responsabilità italiana e, se si cita l’incontro dell’autunno scorso di Roberta Pinotti con il reggente saudita, c’è subito la spiegazione neutra: l’intensità dell’import-export tra i due paesi da cui, manco a dirlo, sono esclusi – per carità – armi ed esplosivi. E allora facciamo un po’ di conti. Se da Londra e Washington sono arrivate a Riyadh armi per un valore di cinque miliardi di euro (il decuplo degli aiuti umanitari!), l’Italia non si è certo tirata fuori: solo l’anno scorso ha fornito ai sauditi bombe e armi per un valore di oltre 40 milioni di euro, tre in più del 2015.

Gli effetti sullo Yemen? Dodicimila morti; quarantaduemila feriti gravi; tre milioni di sfollati; diciannove milioni di persone prive di cibo e acqua sufficienti, di cui sette milioni a rischio immediato di carestia e di morte; due milioni di bimbi malnutriti dei quali quasi mezzo milione in gravi condizioni. In sostanza ben l’ottanta per cento della popolazione yemenita – dato unanime, come gli altri appena citati, fornito dalle organizzazioni umanitarie che operano in zona – ha bisogno di aiuti immediati che non arrivano a causa del blocco aereo imposto dai sauditi e seguito da quello ufficioso degli Usa via mare…

Continui, il governo italiano, non solo a ignorare questa situazione, ma ad avallare con mille pretesti causidici l’aggressione condotta dall’Arabia Saudita per giunta fornendo agli aggressori tutti gli strumenti di guerra di cui ha bisogno. Risposta a quest’ennesima interrogazione? Se verrà, ma probabilmente questo non accadrà, sentiremo altre ingiustificate giustificazioni, altri pretestuosi alibi, altre bugie.

P.S. Gli affari della fabbrica tedesco-italiana RWM, quella che fabbrica le micidiali bombe per l’Arabia Saudita, devono andare proprio a gonfie vele: lo scorso18 maggio è stata convocata la conferenza dei servizi del comune di Iglesias (dove insiste la filiale italiana che produce gli ordigni destinati a bombardare lo Yemen) per l’approvazione di un ampliamento, di imponenti dimensioni, della fabbrica. Quattro ministeri devono esprimere pareri sul progetto. Che dirà, in particolare, il ministero della Difesa?

*GIORGIO FRASCA POLARA

Ha lavorato quarantatre anni all’Unità, prima della sua privatizzazione. E’ stato a lungo portavoce di Nilde Iotti. Ha curato per Sellerio l’edizione anastatica del Memoriale di Jalta di Togliatti; e sempre per Sellerio ha pubblicato “La terribile istoria dei frati di Mazzarino” e “Cose di Sicilia e di siciliani” appena ristampato.

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