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Ciad, la Francia è pronta a sostenere il governo Déby

Il presidente Emmanuel Macron ha incontrato il figlio del defunto presidente Idriss Déby per assicurare un sostengo al suo nuovo governo

Pubblicato:23-04-2021 15:58
Ultimo aggiornamento:23-04-2021 15:58

macron eliseo
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ROMA – “Sostegno comune al processo di transizione civile e militare” in Ciad è stato espresso dal governo della Francia e dagli Stati del G5 Sahel, la task force militare composta dallo stesso Ciad e da altri quattro Paesi per contrastare i gruppi armati nella regione africana. Ad annunciarlo l’Eliseo, dopo l’incontro che il presidente Emmanuel Macron ha avuto col figlio del defunto presidente Idriss Deby Itno a N’Djamena, Mahamat Idriss Deby, e coi capi di Stato di Mauritania, Niger, Burkina Faso e Mali. Tale colloquio ha anticipato i funerali di Stato nella capitale.

Il neopresidente ad interim ha costituito con altri 15 generali un Consiglio militare di transizione subito dopo che l’esercito ha reso nota la morte del padre – al potere dal 1990 – che sarebbe rimasto ucciso in uno scontro con i ribelli del Front pour l’Alternance et la Concorde au Tchad (Fact). I leader dei quattro Paesi africani e la Francia hanno confermato “unità di intenti” e confermato che il “G5 Sahel resta al fianco del Ciad nel processo di stabilizzazione della regione”.

Ieri, un gruppo di generali ha contestato il potere del figlio di Deby, invocando il “colpo di stato” e chiedendo elezioni che permettano al popolo di scegliere il nuovo presidente. Un coro di voci contrarie a cui stamani, stando alla stampa locale, si è aggiunto l’Ordine degli avvocati del Ciad che fa appello “al rispetto della Costituzione”. La legge fondamentale prevede infatti che in caso di morte improvvisa del presidente la transizione sia guidata dal presidente del Parlamento. Il sindacato del settore pubblico, Syndicat des fonctionnaires et contractuels du Tchad (Syfoct), sempre oggi ha invocato “un dialogo inclusivo” tra le parti, in modo da favorire “la libertà, la pace e la coesione sociale”.


UN PAESE IMPOVERITO DAL COVID, CHE SPERA NEL DIALOGO

“Negli ultimi anni il Ciad ha scoperto il petrolio e questo ha garantito un certo miglioramento nei servizi: sono state aperte scuole, università, ospedali, poi sono state costruite strade e si è investito nei trasporti pubblici e nell’agricoltura. La crisi economica determinata dalla pandemia però ha causato tanta povertà, mettendo in ginocchio famiglie e piccole imprese. La fine dell’era Deby lascia tante incognite: la gente spera in un dialogo inclusivo e in futuro migliore: un’eventuale guerra sarebbe un disastro”. Nabatingar Yanko è coordinatore tecnico per la ong Acra. L’agenzia Dire lo contatta all’indomani di una notizia che ha scosso il Paese: la morte del presidente Idriss Deby Itno, a poche ore dalla conferma della sua rielezione per il sesto mandato. Il decesso, dopo 30 anni alla guida del Paese, sarebbe avvenuto in seguito alle ferite riportate durante combattimenti tra l’esercito e i ribelli del Front pour l’Alternance et la Concorde au Tchad (Fact), che ora puntano a raggiungere la capitale N’Djamena.

“La gente è spaventata- dice il coordinatore- perché il Fact si trova a soli 300 chilometri da qui”. E pensare che le preoccupazioni, sia nei centri urbani che nelle zone rurali, non mancano, continua Yanko: “La crisi economica ha ridotto le rendite del petrolio e così i salari dei funzionari pubblici sono stati tagliati, mentre la chiusura dei mercati o il coprifuoco, imposti per frenare l’epidemia, hanno spinto nell’indigenza tante famiglie”. A soffrire di più sarebbero “i piccoli agricoltori, ma anche chi svolge lavori informali”. Nelle zone rurali, sottolinea il coordinatore, “tanti villaggi non hanno neanche acqua ed elettricità. Se le persone non possono vendere i loro prodotti o svolgere altri lavori non sanno come andare avanti”.

La disoccupazione riguarda soprattutto i giovani. Il mese scorso, riporta la testata ‘Al-Wihda info’, davanti la sede del ministero dell’Istruzione a N’Djamena giovani diplomati e laureati hanno inscenato una protesta per chiedere di essere convocati ed essere impiegati come insegnanti o funzionari: “Tredici anni d’attesa è troppo”, recitava un cartello. Le graduatorie procedono a rilento e nel 2020 il governo ha sospeso tutto a causa del virus, lasciando a casa almeno 20.000 persone. Nel periodo del lockdown sono stati erogati sussidi, che però non sono bastati per tutti: nel sud, stando alla stampa locale, si sono ammassate così tante persone per chiedere aiuti alle amministrazioni locali che una donna è rimasta schiacciata dalla folla, perdendo la vita.

Per migliorare la situazione, Acra realizza progetti sull’istruzione nel sud e nell’est, anche grazie a fondi europei. “Realizziamo anche orti urbani inclusivi e piccole imprese verdi nel settore della bioedilizia e dell’energia solare” dice Yanko, che aggiunge: “A N’Djamena ci occupiamo inoltre di contrasto alla violenza di genere e di sostenere i locali, ma anche rifugiati e profughi di ritorno, che sono tanti”.

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