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Ricerca, a Bologna scoperte le prime uova fossili di razza di mare: hanno 50 milioni di anni

Le prime mai documentate; trovate durante restauro alcuni fossili

Pubblicato:23-04-2019 12:33
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:23

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BOLOGNA – I ricercatori dell’Alma Mater di Bologna hanno trovato le loro uova di Pasqua. E’ successo durante il restauro di un reperto custodito al Museo geologico “Giovanni Capellini” dell’Università felsinea. Si tratta di quattro uova fossili di razza di mare, risalenti a 50 milioni di anni fa, le prime mai documentate. La scoperta, riportata sulla rivista Journal of vertebrate paleontology, è avvenuta mentre gli studiosi erano impegnati nel restauro di alcuni fossili in parte danneggiati dal terremoto che ha colpito l’Emilia- Romagna nel 2012.

Analizzando con una luce ultravioletta un reperto che custodisce l’immagine di una razza di mare vissuta nell’Eocene (epoca che va dai 56 ai 34 milioni di anni fa, quindi circa 10 milioni di anni dopo la scomparsa dei dinosauri), i ricercatori hanno notato quattro piccole uova in corrispondenza della zona dove si trovava l’utero dell’animale. “È la prima volta che vengono trovate uova fossili di batoidi, il gruppo di pesci a cui appartiene la razza, ancora nel corpo della madre- spiega Federico Fanti, ricercatore dell’Alma Mater, uno degli autori dello studio- questa scoperta ci mostra come le stesse strategie riproduttive che osserviamo nelle specie attuali fossero già presenti negli ecosistemi di 50 milioni di anni fa”.


Il fossile di razza da cui è nata questa scoperta è stato rinvenuto quasi 200 anni fa nell’area di Bolca, località in provincia di Verona nota per essere tra i più importanti siti paleontologici al mondo. La ricchezza di fossili presenti in quella zona, anticamente coperta dalle acque, testimonia la rinascita degli ecosistemi marini dopo la grande estinzione di massa del Cretaceo quando, 65 milioni di anni fa, scomparvero circa tre quarti delle specie animali e vegetali presenti sul pianeta, tra cui i dinosauri. 

“Lo studio su questo fossile fa parte di un ampio progetto di ricerca- spiega Giuseppe Marramà, co-autore dello studio- che ha l’obiettivo di documentare proprio il ricco ecosistema che animava l’area di Bolca. Vogliamo capire analogie e differenze non solo nell’aspetto, ma anche nel comportamento tra le specie marine che vivevano decine di milioni di anni fa e quelle che ancora oggi popolano i nostri oceani”. 

Chiosa Fanti: “Il grande scienziato e divulgatore Stephen Jay Gould diceva che le scoperte più importanti si fanno nei cassetti dei musei. L’Università di Bologna non è seconda a nessuno per il patrimonio culturale e scientifico delle sue collezioni. Questa ne è l’ennesima dimostrazione. Ancora una volta i tesori del museo Capellini ci hanno permesso di capire meglio l’evoluzione degli esseri viventi”, sottolinea il ricercatore.

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