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Ucraina, la operano di tumore poi scappa dalle bombe guidando 1.500 km

Ora è in cura a Ferrara, il medico chiama l'oncologo a Kiev: "Era in lacrime"

Pubblicato:23-03-2022 15:45
Ultimo aggiornamento:23-03-2022 17:11

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BOLOGNA – Natasha (nome di fantasia) lavora in un orfanotrofio di Kiev, ha 37 anni e un tumore. Il giorno prima dello scoppio della guerra, il 23 febbraio, viene operata al seno per asportarlo. Poi cominciano a piovere le bombe russe e l’ospedale deve dimettere in fretta e furia chi può andare a casa: anche Natasha, perché il reparto dov’è ricoverata serve per accogliere e curare i feriti di guerra. Solo che lei ha ancora bisogno di cure per guarire. E così prende il coraggio a quattro mano, e si mette al volante: in auto viaggia fino alla bassa ferrarese dove c’è la mamma che lavora nella casa di una famiglia. Ci mette qualche giorno per percorrere oltre 1.500 chilometri, e arriva giovedì 3 marzo, stremata. Il giorno dopo viene subito visitata e presa in cura all’ospedale del Delta. Dopo tutte quelle ore di guida i controlli sono prima di tutto alla ferita chirurgica ed è il responsabile del Day Hospital oncologico, Guido Margutti, che la visita. I referti in lingua ucraina e la mancanza di alcune informazioni però danno poco aiuto e così il medico chiama direttamente l’oncologo di Kiev che ha operato la donna. Margutti racconta così la telefonata: “Mentre mi parlava della paziente e di quanto era stato fatto durante l’intervento chirurgico, ad un certo punto si è messo a piangere perché mi ha detto che il suo reparto non si potrà più occupare di malati oncologici, ma solo di feriti di guerra“.

Non è stato semplice individuare la cura più corretta per Nastasha: il medico ucraino ha fornito solo alcuni dati della malattia, “poi in lacrime ha riferito che di più non poteva dirmi visto che gli esami post-operazione e necessari per la chemioterapia sono finiti sotto le bombe che hanno colpito l’ospedale“. E così l’equipe del Day hospital oncologico di Lagosanto prescrive alla donna esami di approfondimento: da martedì inizierà, in day hospital, il ciclo chemioterapico.

“È una donna molto spaventata e i suoi occhi mostrano tutto il terrore che deve aver vissuto”, racconta ancora Margutti in una nota diffusa dall’Azienda Usl di Ferrara che ricostruisce la storia di Nastasha. “Si tratta di un’esperienza che non dimenticherò tanto facilmente per la storia di questa paziente e per le parole del collega di Kiev”. Margutti vuole aggiungere anche un commento: “Quello che ci tengo a sottolineare è che tutta la mia equipe è orgogliosa di lavorare per un ospedale pubblico che è in grado di attivare una rete di professionisti e volontari che alla fine riescono sempre ad offrire il meglio delle cure anche per le persone che come Natashia non hanno più niente”. La rete che si è creata fra operatori sanitari e volontariato ha permesso fin da subito di avere a disposizione una mediatrice culturale che parla la lingua ucraina. “Si tratta di una mediatrice che viene dalla Moldavia e che alla nostra paziente ha mostrato grande attenzione e solidarietà”, chiude il racconto Margutti.


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