NEWS:

Sachy di Fondazione Aurora: “In Africa che giovani smart, ascoltiamoli”

Intervista alla direttrice in occasione dell'incontro alla Luiss

Pubblicato:23-03-2021 14:00
Ultimo aggiornamento:23-03-2021 15:15

sachy
FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

ROMA – Saper ascoltare, con un approccio partecipativo, “facendoci dire da loro cosa serve”. E su queste basi assicurare il ‘missing middle’, quell’anello mancante della catena necessario al consolidamento di imprese che interpretino la vocazione innovativa dei giovani africani. Parole e fili che si annodano, legando continenti e culture, a nord e a sud del Mediterraneo. Con l’agenzia Dire ne parla Marta Sachy, direttrice di Fondazione Aurora. Origini italo-mozambicane, studi in antropologia sociale all’Università del Sussex, cita l’Institute of Development Studies, eccellenza britannica nell’ambito dello sviluppo equo e sostenibile. Un’esperienza, questa nell’ateneo inglese che negli anni ’70 codificò l’approccio “partecipativo” e lo “sviluppo inclusivo” dove non esistono più beneficiari ma soggetti attivi, due aspetti fondamentali per la cooperazione internazionale, che ha lasciato il segno. Oggi, insieme con il tema dell’imprenditoria sociale, torna in alcuni interventi al Programma diaspore della Luiss Guido Carli. Nel titolo del webinar ci sono quelle “prospettive economiche italiane e africane” che Fondazione Aurora declina con un accento sulla dimensione comunitaria sin dalla sua nascita nel 2018, su impulso dell’avvocato Michele Carpinelli, della sua famiglia e di un gruppo di giovani con pregresse esperienze nell’ambito della cooperazione uniti da prospettive condivise.

“Giovani e lavoro, il nostro impegno parte da qui, cercando anzitutto di capire cosa funziona e di cosa invece c’è bisogno, magari per lo scarso accesso a risorse economiche pubbliche o private in un contesto sociale sfidante” sottolinea Sachy. “L’assunto è che i giovani africani sono smart e preparati, inclini alla tecnologia e anche ai rischi come pochi coetanei nel mondo“. Sulla stampa europea capita di leggere del dinamismo di queste imprese, caratterizzate da una vitalità che non si sarebbe affievolita neanche in tempi di pandemia. “Fondazione Aurora punta anzitutto sullo scaling-up, il consolidamento di iniziative che abbiano un impatto sociale nelle comunità” sottolinea la direttrice. Si prova insomma a guardare attraverso la primavera delle idee per identificare ciò che può mettere radici e aiutare a crescere. “I giovani dell’Africa – dice Sachy – hanno capito che vogliono rimanere nei loro Paesi e che per contribuire allo sviluppo socio-economico devono essere ‘problem solver’ o addirittura ‘worst scenario planner’, capaci cioé di trasformare le minacce in opportunità generando così un cambiamento sistemico”.

Alla Luiss in primo piano ci sono le diaspore, ponte essenziale in un’ottica di cooperazione e di sviluppo: attori “bi-culturali” e “transculturali”, le definisce Sachy. E’ accaduto così che dalla richiesta di costruire un pozzo in Burkina Faso si sia finito per dar vita a una cooperativa di perforazioni, ancorata a una prospettiva economica e non solo di aiuto. Si è cominciato nel 2018, a Banfora, un Comune di oltre 150.000 abitanti. L’obiettivo è garantire il diritto all’acqua, in linea con un piano municipale che guarda al 2030. Lo strumento è un’impresa cooperativa, che deve garantire almeno 16 perforazioni l’anno, in partenariato con l’ong Movimento Shalom e Ocades, la Caritas locale. Ci sono trivelle e motocompressori ma poi soprattutto programmazione. Per dire: un ruolo lo ha anche Arsene Hema, imprenditore burkinabè, laureato in Ingegneria delle comunicazioni al Politecnico di Milano, ora consulente di Fondazione Aurora tra Ouagadougou e Banfora. “Conosce la realtà italiana e quella locale, le percezioni popolari, le implicazioni politiche” spiega Sachy. “Ci supporta con i contributi settimanali di accompagnamento per il business plan, il marketing e il lavoro di identificazione dei clienti”.


Secondo la direttrice, sono tanti i giovani di origini africane, formati e preparati, pronti a lavorare nella cooperazione per lo sviluppo del loro Paese. Prendete Bruno Bruxtar e Sonya Agbodan, stilista e brand manager italiani di origine togolese. A Ferrara hanno fondato BB Style, una sartoria che unisce tradizione italiana e africana. Grazie a Fondazione Aurora, sono partner del Dagoretti Fashion & Design Center, un progetto in collaborazione con Amref a Nairobi, in Kenya, dove lavorano 25 donne madri di età compresa tra i 18 e i 35 anni. “Abbiamo individuato il loro brand grazie a un lavoro di scouting profondo” ricorda

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it