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Coronavirus, “Ai bambini bisogna dire la verità per placare le ansie”

Intervista alla presidente della Società Psicoanalitica italiana e psichiatra infantile, Anna Maria Nicolò

Pubblicato:23-03-2020 13:28
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:00
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ROMA – La pandemia che attenta ai nostri tanti anziani; l’Italia, un paese senza più bambini; le scuole chiuse, deserte; i parchi sprangati. I bambini a casa con genitori in smart working, o magari in ferie obbligatorie, o presto in cassa integrazione. I bambini come ‘possibili untori’, i meglio difesi rispetto al Coronavirus, sembrano scomparsi: dalle cronache così come dalle strade delle città. Come stanno vivendo questa esperienza? E cosa possiamo fare per aiutarli? E’ la presidente della Società Psicoanalitica italiana e psichiatra infantile, Anna Maria Nicolò, intervistata dalla Dire, a dare alcuni suggerimenti e consigli. La situazione generale piombata sulla società non è da sottovalutare.

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“Tra poco- ha sottolineato Nicolò- ci sarà un boom psicologico, stiamo attivando per questo in 11 regioni italiane, corrispondenti ai centri di psicoanalisi, la presenza di psicoanalisti volontari che rispondono al telefono o via skype. Per informarsi si può anche cliccare sul sito www.spiweb.it, dove sono indicati i telefoni dei referenti che smistano le telefonate in tutta Italia. Siamo oltre 200 su 1000 iscritti ed è la prima volta che la Società Psicoanalitica Italiana fa un’operazione così vasta. Quanto ai bambini- ha spiegato- bisogna considerare la situazione claustrofobica e il bombardamento mediatico al quale sono sottoposti. Va distinta certamente l’età del bambino- ha chiarito la psichiatra- perché con l’età cambia la capacità di rapportarsi con l’angoscia, e molto dipende dal fatto che i genitori riescano a contenerla o meno”.


Quali sono infatti le angosce grandi che possono gravare sui piccoli?. “Un bambino, anche di 4 o 5 anni- ha chiarito Nicolò- può avere angoscia di morte per i propri genitori e quindi la paura di restare solo. I bambini si interrogano su cosa stia accadendo e l’incomprensibile per loro diventa minaccioso. Bisogna spiegarlo e dire sempre la verità”. Senza intimorirli ovviamente, ma ricorrendo “alla fantasia, ad una storia, alla musica, al gioco. Perché, come teorizzato dallo psicoanalista Winnicot, ‘il gioco è un progetto di trasformazione’. Si può giocare al coronavirus- ha detto la psichiatra- magari disegnandolo come un mostriciattolo, associando l’azione di lavarsi le mani, raccontando una storia”.

“Ricordiamoci- ha ribadito la Presidente della Società Psicoanalistica italiana nel corso dell’intervista- che i bambini hanno angoscia di morte per la perdita del genitore, più raramente per loro stessi”. Attraverso il gioco quindi “il bambino non si sente impotente, sottomesso dalla minaccia che può procurargli paura e trauma, e riesce a trasformare le cose”. E in queste giornate di clausura domestica, in cui la socialità è azzerata e può diventare ancor più insopportabile l’isolamento per i figli unici, “il web può diventare meraviglioso. Una videochiamata ad esempio agli amichetti, ai cugini, ai nonni”.

Se una mamma non ha a chi lasciare un bambino, lo porterà con sé a fare la spesa con le precauzioni del caso: “Sarà un’avventura da fare insieme”. E a casa, ha raccomandato Nicolò, a proposito del trend in voga di fare mille attività continue, come i social mostrano, “il bambino si deve anche abituare a stare solo. Fa parte del suo processo di crescita imparare a giocare per conto proprio. Ma questo è un problema dello stile educativo degli ultimi 20 anni: l’eccesso di attività che ci ha fatto perdere la magia e il senso del tempo senza occupazione”. Questo tempo di ‘quarantena’ sociale, come ha suggerito la psichiatra, potrebbe diventare un po’ “il campo lasciato a maggese” teorizzato dallo psicoanalista pakistano Masud Khan: “La possibilità- ha spiegato la psichiatra- che un adulto o un bambino sia a maggese, siano perciò in un periodo quasi di ozio, aumenta la nostra creatività e questo non riguarda solo l’oggi, il tempo dell’emergenza”. Sarà da tenere a mente quando torneremo alla normalità: “Non perdere quel tempo- ha concluso Nicolò- di cui essere padroni”.

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