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“Papà, dovrai andare a combattere in Ucraina?”, anche i bimbi italiani temono la guerra

I consigli di neuropsichiatri e pediatri per affrontare il tema della guerra con i più piccoli

Pubblicato:23-02-2022 15:22
Ultimo aggiornamento:23-02-2022 15:24

bambino pixabay
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ROMA – “Perché la Russia vuole fare la guerra all’Ucraina? Anche l’Italia è in pericolo? Il nostro paese è alleato degli Stati Uniti? Mio papà dovrà andare a combattere? Ho tanta paura e mi fa male la testa, perchè a volte non riesco a dormire”. Sono alcune delle domande e dei pensieri che si affollano nella testa di molti bambini italiani, che seguono ormai da giorni la crisi tra Mosca e Kiev. Con gli occhi sbarrati i più piccoli chiedono aiuto ai genitori, chiamati a supportarli e consolarli. A dare loro una risposta ci pensa la neuropsichiatra infantile della Asl di Caserta, Valentina Lanzara, che intervistata dalla Dire si sofferma sul momento di disagio e smarrimento dei più piccoli e su una realtà così complessa anche per la gran parte dei genitori, perché la guerra è una esperienza molto lontana dalla nostra vita quotidiana. L’esperta invita a tenere sempre in considerazione il punto di vista dei bimbi, ascoltare bene le loro domande e rispondere a dubbi e timori senza isolarli da quanto accade intorno a loro. Conoscere altre realtà può essere utile per porre un freno al pregiudizio sociale e culturale e per educarli fin da piccoli al rispetto dell’altro, guardando però al futuro con ottimismo.

I bambini non vanno mai sottovalutati nella loro capacità di comprendere ed affrontare la realtà– spiega Lanzara- anzi, spesso è grazie alla loro sensibilità e semplicità, che non vuol dire banalità, che riescono ad elaborarla con una maturità che sorprende. Per questo i bambini devono, a mio parere, essere messi al corrente di quello che accade loro intorno, essere presenti quando apprendono le notizie attraverso i media, dai quali è impossibile quanto inutile cercare di tenerli lontani. È doveroso ascoltare le loro domande e i loro timori, cercando di rispondere con un linguaggio consono all’età, senza nascondere, ma anche senza trascurare un messaggio di speranza”.

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Dall’est Europa non arrivano, purtroppo, notizie incoraggianti e i margini per evitare il conflitto tra Russia e Ucraina sembrano sempre più ridotti. Tuttavia, secondo la neuropsichiatra infantile della Asl di Caserta, “affrontare questi argomenti può diventare un momento di crescita, che può essere sfruttato per affrontare anche altre tematiche importanti e attuali come il pregiudizio sociale e culturale nei confronti di altri popoli e che fonda le sue radici proprio sulla non conoscenza”.

Su questa scia si ritrova anche il pensiero del presidente della Società italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps), Giuseppe Di Mauro, che ritiene utile “raccontare non solo dei conflitti, ma l’aspetto culturale, religioso e storico dei popoli coinvolti, per recuperare e condividere racconti di esperienze vissute dai più piccoli nei paesi meno fortunati. Questo lavoro aiuterebbe i bambini a comprendere che esiste un’altra parte del mondo che merita di essere rispettata e sostenuta”. Secondo il pediatra di famiglia “l’arricchimento che ne deriverà sarà sicuramente reciproco, permettendo anche all’adulto il lusso di osservare una realtà così complessa attraverso gli occhi dell’infanzia”. E proprio osservando la guerra dalla parte dei più piccoli, hanno fatto il giro del mondo le immagini dei bambini ucraini che a Kiev e in altre città del paese vengono addestrati dai militari in preparazione di un’eventuale invasione dell’esercito russo. Bambini che imbracciano fucili Kalashnikov più grandi di loro dopo averli assemblati, che ricevono le basi del primo soccorso e che imparano a caricare le munizioni e come centrare un bersaglio. La guerra non è ancora scoppiata ma c’è già chi ha perso, l’infanzia. Nel suo ‘Girotondo’ Fabrizio De Andrè cantava: “Se verrà la guerra, Marcondiro’ndero. Se verrà la guerra, Marcondiro’ndà. Sul mare e sulla terra, Marcondiro’ndera. Sul mare e sulla terra chi ci salverà?”. Già, chi ci salverà. È una delle tante domande che si stanno facendo migliaia di civili ucraini, grandi e piccoli. Domande a cui, al momento, nemmeno la comunità internazionale sembra poter dare una risposta.

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