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Covid, Tosato (Gemelli): “Dopo guarigione lascia fatica, affanno e dolori muscolari”

Attivato presso il presidio Columbus della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma un 'Day Hospital Post Covid'

Pubblicato:23-02-2021 15:24
Ultimo aggiornamento:23-02-2021 15:24

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ROMA – Ad un anno dall’esordio della pandemia il Covid non è più una malattia sconosciuta. Tantissima strada è stata compiuta dalla ricerca e diversi vaccini sono stati approvati. Non si è compreso del tutto quali possono essere le ripercussioni dell’infezione nel lungo periodo. Molti pazienti infatti lamentano una sintomatologia spiccata e soprattutto una fatica cronica anche molti mesi dopo essersi negativizzati con ripercussioni importanti, come si può immaginare, sulla vita personale e lavorativa.

Per seguire questo tipo di pazienti da aprile dello scorso anno è stato attivato presso il presidio Columbus della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma un ‘Day Hospital Post Covid’. L’agenzia di stampa Dire per saperne di più ha raggiunto via skype il responsabile, il dottor Matteo Tosato.

– I pazienti colpiti dal Covid-19 spesso anche una volta ‘vinta la malattia’ ed essersi negativizzati presentano per mesi una sintomatologia spiccata. Quali sono le problematiche che riscontrate maggiormente e quali sono i numeri del problema che avete potuto registrare?


“Il post Covid deve trovare ancora un nome ed una connaturazione medica precisa. Ma nel nostro Day Hospital abbiamo potuto vedere che una persona guarita non recupera pienamente le sue funzioni in due o tre settimane. I tempi sono ben più lunghi. Ad oggi abbiamo seguito più di 850 persone ad una distanza media dalla fase acuta della pandemia tra i due e i tre mesi. Abbiamo visto che solo il 20% dei soggetti dopo due mesi ci riferisce di essere totalmente guarito e di aver ripreso le stesse identiche attività di prima. Mentre più del 50% delle persone lamentano più di tre sintomi iniziali. Dunque è problema c’è e va ancora inquadrato nella sua reale portata. Esiste per certo questa situazione di ‘long Covid’ che ha un impatto pratico sulla qualità di vita anche di queste persone sia dal punto di vista anche lavorativo lamentando difficoltà di reinserimento nelle normali attività che personale. I sintomi più comuni, che coinvolgono il 60% delle persone da noi seguite sono invece la ‘fatigue’ ovvero la fatica cronica. I pazienti ci dicono che ora per loro attività di ruotine dopo aver contratto il virus diventano faticose da portare a termine. Altro sintomo molto comune è la dispnea, pari al 50%, cioè i pazienti si sentono affannati anche dopo la camminata. Anche il dolore ai muscoli e alle articolazioni è molto frequente. Mentre per fortuna la percentuale di incidenza si abbassa rispetto a dolore toracico, tosse e persistenza di diosia. Voglio sottolineare che questa è la valutazione di un sintomo riferito dal paziente poi bisogna capire se dietro quel sintomo c’è un danno permanente che possa giustificare una permanenza del problema sul lungo periodo. Ed è questo quello che stiamo cercando di studiare”.

– Nel Day Hospital ‘Post Covid’ da lei diretto quali sono gli specialisti coinvolti e in che modo come intervenite sul paziente per mettere a punto un percorso riabilitativo a 360 gradi?

“Non conosciamo tutto della malattia ma abbiamo appurato che c’è una componente antifiammatoria molto significativa e questi disturbi quindi possono coinvolgere diversi organi. Quando abbiamo attivato il Day Hospital, il 21 aprile 2020, abbiamo cercato di mettere un team multidisciplinare in grado di mettere in luce e analizzare tutte le problematiche relative al recupero post Covid. Le figure in gioco sono: l’infettivologo, lo pneumologo e altri specialisti altrettanto importanti come lo psichiatra, il neurologo, il reumatologo, angiologo e all’otorino per i disturbi di olfatto e gusto che sono piuttosto comuni. Facciamo una valutazione complessiva composta da anamnesi clinica ed una parte strumentale come la tac del torace che serve a fare una fotografia del danno eventuale. E poi c’è tutta la parte ecografica e doppler dei vasi del collo e degli arti inferiori e se indicato anche l’ecocardiogramma”.

– Il paziente a casa continua il suo percorso di riabilitazione? E se si in che modo?

“La riabilitazione in contingenza pandemica non è possibile farla fisicamente ma viene seguita attraverso Skype con i nostri istruttori che portano avanti dei percorsi di riabilitazione non solo muscolare ma anche di un vero e proprio riadattamento al gesto fisico. Questo perché è come se il Covid avesse creato un vero e proprio sindrome da disadattamento muscolare. C’è bisogno di un risveglio totale. È come se si trattasse di una lunga convalescenza per cui bisogna essere pazienti e senza eccessi”.

-Sappiamo dai tristi numeri della pandemia che la fascia di popolazione più duramente colpita sono gli anziani. Nel loro caso il recupero delle funzioni respiratorie ma anche motorie è totale oppure no?

“Il problema è capire le condizioni iniziali del soggetto. Chiaramente un ottantenne porta con se un vissuto che ha portato a delle problematiche che magari prima del Covid erano riuscite a rimanere silenti o subcliniche cioè non manifeste. Chiaramente potrebbero rimanere delle sequele definitive ma che non sono legate direttamente al Covid ma che il virus ha facilitato a manifestarsi clinicamente”.

– Stili di vita corretti possono, non dico prevenire certamente ma influire su una migliore ‘risposta’ del corpo alla stessa malattia?

“Non c’è dubbio. Gli stili di vita corretti sono la medicina più forte che abbiamo a qualunque età e rispetto a qualunque tipo di condizione. È un concetto che passa poco nella popolazione ma gli stili di vita, intesi quindi come esercizio fisico costante e buona alimentazione sono fondamentali al benessere dell’individuo. Non a caso per far recuperare ai nostri pazienti la sensazione di ‘fatigue’ abbiamo messo in campo dei protocolli che si basano sull’esercizio fisico in mani esperte ma anche un aiuto ad una supplementazione alimentare in termini di sostanze che possano ridurre la componente infiammatoria così pesante in questa malattia. Questo contribuisce ad un migliore microcircolo e aiuta il muscolo a recuperare le energie. Lo stile di vita insomma è il punto cruciale da cui partire”.

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