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Roma, record morti a novembre: Ama mette numero chiuso sulle cremazioni

Il segretario della Cgil di Roma e Lazio, Natale Di Cola alza i toni della polemica: "Se il Comune avesse mantenuto gli impegni oggi non avremmo alcuna emergenza"

Pubblicato:22-12-2020 14:40
Ultimo aggiornamento:22-12-2020 14:40

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ROMA – Da questa settimana a Roma le cremazioni dei defunti diventano a numero chiuso. Non più di 200 a settimana. Ama ha inviato la sua decisione alle agenzie e ai centri servizi funebri con un comunicato, visionato dall’agenzia Dire, che prende spunto dal “stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili per il rischio di contagio da Covid 19” e soprattutto dal “perdurare del forte incremento di mortalità registrato già da diverse settimane nella città di Roma”. Un aumento che “ha comportato nel mese di novembre- si legge- un numero di denunce di morte pari a 3.940, con un aumento rispetto al novembre 2019 superiore al 63%, e nei soli primi giorni di dicembre un aumento superiore al 40% rispetto al medesimo periodo 2019″. Proprio quello dello “scorso novembre rappresenta il valore massimo mai raggiunto a Roma, superiore anche al valore limite finora registrato nel gennaio 2017 (3.788 decessi)”.

Crescono i morti e con loro la richiesta di cremazioni ma gli spazi dei forni restano gli stessi (sei sono quelli funzionanti) e sono terminati quelli per le sistemazioni provvisorie delle salme: “Sono stati raggiunti i limiti massimi della capacità di ricovero nelle camere mortuarie del cimitero Flaminio, nelle quali le salme permangono numericamente superiori rispetto ai mesi precedenti del 2020, nonostante il significativo incremento dei posti utilizzabili da Ama nelle ultime dieci settimane, valutabile in +80% sui posti precedentemente disponibili- scrive Ama- nonché i limiti massimi della capacità impiantistica del forno crematorio, che ha raggiunto negli ultimi mesi costantemente il numero di 380/390 cremazioni a settimana”. In più “nonostante l’incremento di disponibilità dei posti utilizzabili, sono attualmente presenti presso la camera mortuaria del cimitero Flaminio oltre 1.500 salme e oltre 200 resti mortali in attesa di cremazione“. Da qui la decisione di disporre “con decorrenza da questa settimana” che “al cimitero Flaminio potranno essere accolte salme con destinazione cremazione fino a un numero massimo settimanale di 200. Per ogni richiesta eccedente, si dovrà optare per una cremazione in impianti fuori dal territorio di Roma Capitale oppure per una diversa forma di seppellimento. Il conteggio settimanale decorrerà dalla giornata di lunedì“.

In caso di superamento di questo limite “le salme eccedenti per le quali non sia stata espressa una diversa forma di seppellimento entro 5 giorni dalla data di entrata nel cimitero Flaminio, saranno inumate d’ufficio, con successivo addebito della relativa operazione”. Mentre “per quel che concerne le richieste motivate di proroga dei tempi di sosta delle salme avanzate, i tempi concedibili da Ama saranno ulteriormente ridotti al fine di consentire comunque un seppellimento entro massimo 30 giorni dalla data del decesso”. La palla avvelenata ora passa alle agenzie e centri di servizi funebri, che vengono invitati da Ama a “informare le famiglie dei defunti delle presenti disposizioni, affinché al momento del funerale possano operare scelte consapevoli in ordine alle modalità di seppellimento richieste o da richiedere”.


DI COLA: “CHI MUORE TRA GIOVEDÌ E SABATO NON HA DIRITTO A CREMAZIONE”

“A Roma se una persona muore tra il giovedì e il sabato non ha il diritto di essere cremata”. Il segretario della Cgil di Roma e Lazio, Natale Di Cola, parlando all’agenzia Dire fa i conti delle conseguenze della scelta di Ama di mettere il numero chiuso alla cremazione delle salme, a causa della mancanza di forni crematori.
“Con il comunicato alle agenzie e ai centri di servizi funebri Ama dichiara la sua resa nella gestione dei servizi cimiteriali- spiega Di Cola- Invece di trovare soluzioni strutturali e richiamare l’amministrazione capitolina alle sue responsabilità, fa pagare il prezzo ai cittadini imponendo il numero chiuso alle cremazioni e trasformando un diritto in una lotteria. Infatti, come emerge dal documento, l’azienda ha riferito di essere nelle condizioni di potere ricevere un numero massimo di salme da cremare pari a 200 per ogni settimana e che i sei forni disponibili sono in grado di lavorarne al massimo 380, il che significa poco più di 50 al giorno e tenendo una riserva per smaltire le 2.000 in attesa”. Una situazione che secondo il sindacalista ha poco a che fare con la pandemia in corso: “Ama ancora una volta è costretta ad ammettere che i dati denunciati dalla Cgil sono veritieri e continua a trincerarsi dietro l’emergenza Covid. Se il Comune avesse mantenuto gli impegni e realizzato quanto stabilito nella delibera di giunta di agosto 2017, che stabiliva la costruzione di quattro nuovi forni, oggi non avremmo alcuna emergenza, anche con l’aumento della mortalità degli ultimi mesi. È incomprensibile che la municipalizzata voglia coprire le responsabilità del Comune e non dire che anche quando sarà superato il Covid l’emergenza cremazioni resterà: i numeri parlano chiaro”.

Per Di Cola “l’azienda non è in grado di fare fronte alla richiesta di cremazioni, che nell’ultimo biennio ha superato le 15.000 domande annue. Il Covid ha solamente accentuato un’emergenza che già esisteva. Infatti, la nostra prima denuncia risale al mese di giugno, quando c’erano oltre 1.000 salme in attesa”. Quindi, “anche la mossa odierna Ama in ogni caso non risolve il problema perché, anche negando il diritto alla cremazione ai cittadini, per smaltire le 2.000 salme che giacciono nei depositi approntati alla bene e meglio nel cimitero Flaminio, e su cui abbiamo sempre chiesto di far chiarezza, ci vorranno almeno tre mesi”.

Oltre alla costruzione di nuovi forni, Ama avrebbe potuto gestire la situazione in maniera differente? “Si’, ad esempio chiedendo alla Protezione Civile di allestire forni temporanei e chiedendo al Comune di eliminare la tassa per portare fuori città le salme e sottoscrivere convenzioni con altre strutture. La via maestra rimane quella di costruire i nuovi forni anche perché, nel prossimo quinquennio, la richiesta di cremazioni prevista sarà di oltre 20.000”. Ai viaggi dei rifiuti, adesso si aggiungono anche quelli dei defunti: “Sembra un film già visto, come quello dell’immondizia attorno ai cassonetti: trasformare in normalità un’emergenza e adeguarsi a servizi scadenti- conclude Di Cola- Con la vicenda cimiteri si chiude il cerchio del fallimento della giunta Raggi nella gestione di Ama”.

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