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Il rapporto ambivalente tra Turchia e Unione Europea

di Michele Chiaruzzi, Life Member Clare Hall College University of Cambridge; Scuola di Scienze politiche e social Alma Mater Studiorum Università di Bologna

Pubblicato:22-12-2016 15:13
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:21

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di Michele Chiaruzzi, Life Member Clare Hall College University of Cambridge;  Scuola di Scienze politiche e social Alma Mater Studiorum Università di Bologna

Il 28 ottobre 1964 è avvenuto a Bruxelles lo scambio degli strumenti di ratifica dell’Accordo che crea un’Associazione tra la Comunità Economica Europea e la Turchia, firmato ad Ankara il 12 settembre 1963. Dopo cinquant’anni di confronto, l’ambivalenza del rapporto  tra Turchia e Unione europea é il copione seguito necessariamente da tutti gli attori in scena. «Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti», diceva Pirandello. Nel lungo tragitto turco-europeo, il Parlamento dell’Unione ha contribuito, ancora una volta, a far gettare le maschere al fuoco con l’ultima richiesta di sospendere il negoziato fra Turchia e Unione, iniziato nel 2005.

Il governo di Recep Tayyip Erdoğan ha gettato la sua, minacciando esplicitamente gli Stati europei di recedere dal ruolo ch’essi stessi hanno voluto per la Turchia: essere l’antemurale contro le masse migranti. Tocca dunque alle istituzioni esecutive dell’Unione gettare la propria. Non sarà affatto banale dover constatare quel che era palese fin dal principio di questa vicenda, ossia che attribuire quel ruolo alla Turchia, invece d’assumerne uno comune e diverso, ha significato per gli europei cedere una preziosa risorsa negoziale insieme a una discreta dose di risorse morali. Oggi non é chiaro quali alternative siano realizzabili, essendo sia la Turchia sia l’Unione europea in condizioni regressive. Di certo é chiaro che in politica é pericoloso essere dei Machiavelli, ma lo é ancor più essere dei Machiavelli senza virtù.


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