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VENEZIA – Data la grave carenza di medici, i dottori in pensione tra i 70 e i 75 anni dovrebbero poter rimanere in servizio su base volontaria. Lo sostiene il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, intervenendo oggi in occasione dell’inaugurazione delle nuove sale operatorie ibride ad alta integrazione dell’Azienda Università Ospedale di Padova.
“Mancano all’appello 45.000 medici, un gap negativo che richiede anni per essere colmato. Non è assolutamente per mancare di rispetto ai nuovi assunti, ci mancherebbe, ma un medico in perfetta salute, con un curriculum di ricerca e studi di alto livello, con un bagaglio professionale unico, con alle spalle centinaia di migliaia di ore in sala operatoria, magari a fare trapianti di cuore e polmoni, non capisco perché a 70 anni dovrebbe appendere il camice al chiodo“, afferma Zaia evidenziando che oggi quello stesso medico “paradossalmente potrebbe attraversare la strada iniziando a lavorare per una struttura privata”. E non ci sarebbe niente di male, ma “ho l’obbligo di difendere gli investimenti che il sistema sanitario regionale ha fatto nel corso degli anni e con essi anche le professionalità incardinate”, prosegue Zaia.
In Veneto “sono quasi 3.000 i medici con meno di 75 anni che potrebbero essere impiegati”. Certo, “il problema va risolto a monte, ma una via è quella di creare i presupposti perché questi medici restino al lavoro, su base volontaria, offrendo loro l’opportunità di continuare a collaborare nel pubblico come farebbero nel privato”.
Consentire ai medici di medicina generale di rimanere in servizio fino ai 75 anni, come ha proposto il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, non sarebbe un problema ma non è nemmeno una soluzione, secondo il segretario della Fimmg del Veneto Maurizio Scassola.
“Nell’ambito dell’emergenza è una proposta di cui si può discutere, ma la mia preoccupazione è che stiamo continuando a fare delle proposte tamponando le emergenze, senza una visione di insieme dei problemi e soprattutto un progetto della Regione Veneto su cui sviluppare la medicina generale, o meglio l’assistenza primaria”, afferma Scassola.
“Io conto molto sul fatto che il presidente Zaia e l’assessore Lanzarin convochino al più presto -per tutti gli aspetti emergenziali che sono emersi in questo periodo- il tavolo tecnico istituzionale, per poterci confrontare sui modelli di sviluppo della medicina generale“, prosegue Scassola ricordando che “noi abbiamo già presentato due mesi fa un nostro progetto. Spero che ne possiamo discutere”.
Sull’età pensionabile “ci sono delle idee anche a livello nazionale, da parte dei sindacati, non c’è nulla di scandaloso. Noi siamo disponibili, ma il problema non è quello di tamponare le varie emergenze. È quello di avere un’idea di sviluppo organizzativo dell’assistenza primaria”, ribadisce il segretario della Fimmg del Veneto.
“Il problema non è quello della carenza dei medici, del ricambio dei giovani medici, non è spalancare le porte dei corsi di laurea, non è aumentare i posti all’università. Il problema è fare un esame serio insieme -e noi abbiamo i dati- sull’andamento demografico della popolazione medica italiana”, sostiene Scassola.
“Se noi guardiamo semplicemente i numeri non ci mancano medici, manca l’attrattività, manca il modello moderno organizzativo, ci mancano le risorse del personale di studio che organizzi gli ambulatori, ci manca l’investimento sull’aggregazione dei medici per lavorare insieme. Se noi riusciamo ad affrontare organicamente questo, tutto è superabile. E forse non dovremmo nemmeno affrontare il problema degli ultra 70enni e di alzare il massimale di assistiti, perché non è ragionando così che risolviamo il problema”, conclude.
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