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Autismo, Biserni (Ido): “Lo psicodramma aiuta le mamme a vedere il bambino reale” /VD

Dal 2008 i gruppi Ido utilizzano giochi di ruolo e le sculture

Pubblicato:22-10-2016 15:31
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:12

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ROMA – “Lavoro con le madri di bambini con autismo inseriti nel progetto terapeutico evolutivo Tartaruga da molti anni per capire da vicino i sentimenti di queste donne, viste come persone portatrici di una propria storia e fuori dalla colpevolizzazione enfatizzata dai detrattori dell’approccio psicodinamico. Lavoro con lo psicodramma per aiutarle ad entrare in contatto con loro stesse, con le proprie emozioni e per vedere il bambino reale”. Apre così il suo intervento Renata Biserni, psicoterapeuta e psicdronmmatista dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), al XVII convegno nazionale in diretta streaming su www.ortofonologia.it Le parole d’ordine del lavoro con il gruppo delle madri sono accoglienza, contenimento e confronto gruppale. “Servono per offrire uno spazio reale, oltre che simbolico, e farle uscire dall’esclusione che spesso si configura come autoesclusione”, spiega Biserni. Il primo gruppo delle madri all’interno del progetto terapeutico Tartaruga è partito nel 2008 con un massimo di 10 persone. “È nato come opportunità per le madri che accompagnavano i figli in psicoterapia: in una stanza i bambini in un’altra le madri. Erano inoltre gruppi molto disomogenei da un punto di vista economico e sociale.


Ho utilizzato oltre all’ascolto in una ottica junghiana, per lavorare sugli aspetti simbolici ed archetipici- sottolinea la psicoterapeuta-, anche gli elementi dello psicodramma che stimolano l’infusione di speranza, l’universalità, l’apprendimento interpersonale, un ascolto scevro da giudizio e l’altruismo. La tecnica psicodrammatica permette infatti alle madri di entrare in contatto con le problematiche psicologiche legate all’essere mamme di un bambino autistico, le aiuta anche a favorire l’acquisizione di strumenti pratici, a potersi confrontare su temi comuni che emergono spontaneamente di volta in volta”. Tantissimi i temi emersi: “Dall’utilizzo della famigerata legge 104, spesso rifiutata da alcune madri nel tentativo di negare la malattia, al passaggio dalle scuole dell’infanzia a quelle superiori; il controllo sfinterico e le autonomie di base; dal mettere a fuoco il desiderio e la possibilità di avere altri bambini- continua Bisermi- alla sensazone di considerare gli altri figli come figli accantonati”.

L’obiettivo del gruppo delle madri è “arrivare a vedere il bambino reale liberato da proiezioni deformanti indotte dai limiti personali del bambino e dalla percezione del collettivo”, chiarisce la psicoterapeuta dell’IdO. “La coesione è un fattore terapeutico– spiega la psicodrammatista- il conduttore deve creare un clima di fiducia che permette di far abbandonare le resistenze. Seduti in cerchio si comincia dalla presentazione libera- racconta Biserni-, dalla narrazione della propria storia in relazione alla malattia del figlio. La narrazione permette di conferire senso e pensabilità ai materiali più temibili. Favorisce l’emersione e la strutturazione del processo di resilienza”. Le tecniche psicodrammatiche hanno aiutato a sviluppare “sentimenti di affidamento, liberazione e integrazione della spontaneità del paziente in quanto rappresentazione del suo mondo e della sua immaginazione.


Lo psicodramma è duttile e può essere utilizzato in moltissimi contesti. In questi gruppi, più della messa in scena, abbiamo utilizzato i giochi psicodrammatici, le inversioni di ruolo e le sculture psicodrammatiche. Il ‘role playing’– chiosa l’esperta- lo utilizziamo quando la protagonista deve parlare di una persona per lei significativa e invece di fargliela raccontare invitiamo la mamma ad assumersene il ruolo. Impersonare di volta in volta il figlio, il marito, la madre, permette alla paziente di calarsi empaticamente nei vissuti dell’altro. In questo modo abbiamo assistito a interessanti chiarimenti tra mogli e mariti, amiche, madri e figlie”. Infine la scultura psicodrammatica: “È una tecnica che utilizza solo il canale corporeo. Dà la possibilità di vedere in vivo e da molte angolazioni la struttura della vita relazionale dell’individuo, la qualità dei rapporti, le ostilità e gli invischiamenti. Le madri hanno nel corso del tempo l’opportunità di prenderne coscienza- conclude- e di correggere alcuni comportamenti disadattivi”.

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