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Sgomberi a Bologna, l’amarezza dell’operatore sociale: “Smontati progetti utili”

"Mi è capitato di entrare in uno stabile occupato, e sapete cosa ho visto? Un condominio normale abitato da persone normali"

Pubblicato:22-10-2015 14:14
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:40

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BOLOGNA – Finito lo sgombero, hanno eretto un muro di mattoni per chiudere l’ingresso, messo due camionette davanti e lasciato che tutti gli occupanti si riversassero nel prato di Liber Paradisus, proprio di fronte al palazzo dell’ex Telecom appena svuotato. Fino a tarda sera sono partiti pullman e autobus per condurre ognuno alla nuova, provvisoria, destinazione. Il racconto è di chi martedì 20 ottobre era in via Fioravanti e ha visto le Forze dell’ordine portare fuori uomini, donne e bambini per poi disinteressarsene, lasciando che fossero i servizi sociali a farsene carico. Dicono che in quella zona non ci sono mai stati problemi di disturbo della quiete pubblica, zero spaccio, con tutti i bimbi in età scolastica in classe e nessuna segnalazione da parte delle maestre per situazioni di disagio: “Ora sono tutti fuori, dispersi, costretti a ricominciare da capo. La loro quotidianità è spezzata, i loro rapporti anche”.

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Episodi “drammatici come quelli dei recenti sgomberi in via Solferino e in via Fioravanti fanno venire meno la solidarietà e l’intesa che all’interno si era creata, grazie anche all’opera, spesso preziosa, che i collettivi portano avanti”: la constatazione arriva da un operatore dei servizi sociali bolognesi. “Mi è capitato di entrare in uno stabile occupato, e sapete cosa ho visto? Un condominio normale abitato da persone normali. Quelle occupate sono strutture vuote, non tolte a famiglie nelle liste d’attesa per edilizia pubblica. Perché non si prende la briga di trasformare queste situazioni illegali in legali? Gli sgomberi non servono a nulla, nella maggior parte dei casi distruggono progetti che funzionano: contemporaneamente, comportano più lavoro per gli assistenti sociali già sotto organico ma sovraccarichi di impegni e costano più soldi”.


Il discorso, a Bologna, cambia molto da quartiere a quartiere: San Donato, Navile, San Vitale, Porto hanno sicuramente una concentrazione più alta di casi in carico ai servizi sociali, oltre che di alloggi Erp. “Per esempio- spiega l’operatore- Santo Stefano ha sette-otto minori in strutture educative. San Donato, Navile e San Vitale ne hanno circa 50. I numeri sono confrontabili: ma il problema è di Bologna, non del singolo quartiere”. Questa situazione di disagio è stata più volte fatta presente all’amministrazione ma, dicono i diretti interessati, non sono arrivate che risposte tardive, difficoltose e arrugginite. E se per gli adulti fragili qualcosa è stato fatto, per i minori e i nuclei familiari no. “Non c’è stata la scelta di investire sul sociale- continua- sono state assunte 150 maestre e 75 vigili urbani in tre anni ma nessun assistente sociale. È normale? Le domande continuano ad aumentare, le risorse umane calano, e per nessuna decisione gli assistenti sono interpellati, salvo poi essere costretti a farsi carico di una mole assurda di impegni, complice anche il venir meno di alcuni accordi tra rappresentanti dello Stato e degli enti locali”. Qualche esempio? Il tribunale ordinario nelle separazioni conflittuali nove volte su 10 chiede ai servizi sociali di sbrigare la pratica, invece che affidarla al Ctu, il consulente tecnico d’ufficio che proprio di quello dovrebbe occuparsi. “Così, noi ci improvvisiamo consulenti matrimoniali, civilisti, psicologi: ma nessuno ha fiducia nella nostra autorità”. E ancora: “Dopo l’estinzione degli uffici di collocamento, con i Centri per l’impiego che faticano a trovare il loro spazio, chi perde il lavoro si rivolge a noi. E noi che dovremmo fare?”.

L’operatore conferma quanto raccontato ieri a ‘Redattore sociale’ da Mirella Monti, delegata Rsu Cgil funzione pubblica: maternità e malattie anche lunghe non vengono sostituite, e l’organico è molto ridotto rispetto a pochi anni fa. “A pieno regime, i quartieri sono gestibili: ma se per gestire 300, 400 colloqui mensili gli operatori vengono decimati, il tavolo salta. La situazione era ampiamente prevedibile, l’abbiamo fatto presente, ma nessuno ha mosso un dito”.(Dires – Redattore Sociale)

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