NAPOLI – Sono 390 milioni le tonnellate di plastica che vengono prodotte ogni anno, 170mila i miliardi di frammenti di plastica che galleggiano negli oceani. E solo il 9% di plastica viene correttamente riciclata a livello globale.
E ancora: sono 100mila le particelle di microplastica che possiamo assumere da cibo, aria e acqua in un giorno, 1.557 specie marine e terrestri hanno ingerito plastica nel mondo, 11 i milioni di tonnellate di rifiuti plastici che entrano negli oceani ogni giorno.
In occasione della Giornata internazionale senza sacchetti di plastica (No Plastic Bag Day) – istituita nel 2009 da The Marine Conservation Society, un’associazione che ha come obiettivo primario la salvaguardia degli oceani – che si celebra ogni anno il 12 settembre, Ambiente Mare Italia ha stilato un vademecum per liberarci dalla plastica. Si parte dal limitare in casa il più possibile i prodotti con imballaggi, prediligendo acqua in vetro, prodotti con vuoto a rendere o alla spina ed evitando il più possibile l’acquisto di prodotti usa e getta, passando per l’utilizzo fuori casa di borracce e borse di tela per fare la spesa.
Ma anche leggere attentamente le etichette dei saponi e dei prodotti per l’igiene personale, evitando di acquistare quei prodotti che tra gli ingredienti contengono polyethylene, polypropylenee polyvinyl chloride, ovvero microplastiche, fino a promuovere l’acquisto e l’uso di prodotti riciclati e impegnarsi quotidianamente nel fare una buona raccolta differenziata.
Ogni anno milioni di tonnellate di sacchetti di plastica finiscono negli oceani, nei fiumi e sulla terraferma causando – avvertono le associazioni ambientaliste – la morte di animali marini, che spesso vi rimangono intrappolati o li ingeriscono scambiandoli per cibo con conseguenze fatali; l’inquinamento degli ecosistemi marini e terrestri, in seguito alla frammentazione in minuscoli pezzi noti come microplastiche, che si insinuano nella catena alimentare con conseguenze dannose per la salute umana; l’inquinamento del suolo, che impoverisce il terreno, riduce la fertilità e rappresenta una minaccia per la biodiversità; il riscaldamento globale, poiché i processi di produzione e smaltimento dei materiali plastici richiedono energia e producono emissioni di gas climalteranti e sostanze inquinanti.
In occasione della ricorrenza dello scorso anno Luca De Gaetano, fondatore e presidente di Plastic Free Onlus, ha spiegato: “Una busta di plastica pesa circa 1 grammo e può finire facilmente nell’ambiente impiegando fino a 1.000 anni per degradarsi. Un dato allarmante su cui non basta riflettere in questa giornata, pur così importante. È indispensabile, invece, cambiare radicalmente le nostre abitudini, imparando a utilizzare quasi esclusivamente sacchetti in tessuto, riciclabili e riutilizzabili all’infinito, o biodegradabili. Solo così potremo salvaguardare la natura. La plastica nei mari è ormai una presenza costante. Molta si disperde nell’acqua e viene ingerita da pesci e tartarughe marine, spesso causandone la morte. Altra arriva a riva ricoprendo le nostre spiagge. Tutto questo ha conseguenze devastanti per l’ambiente e per la nostra salute, la presenza di microplastiche nel nostro organismo è ormai accertata ed è evidente che non si possa continuare così”.
Lo scenario che emerge dal secondo Forum italiano delle bioplastiche compostabili organizzato Assobioplastiche e dal Consorzio Biorepack che si è tenuto a giugno a Roma fotografa, dopo un decennio di crescita costante tra il 2012 e il 2022, un’inversione di tendenza dell’industria italiana delle bioplastiche nell’ultimo biennio: il fatturato complessivo – rivela l’analisi svolta da Plastic Consult – è sceso a 704 milioni di euro (-15% rispetto al 2023) nonostante i volumi siano leggermente superiori rispetto all’anno precedente (121.500 tonnellate, + 0,5% sul 2023). Tra i fenomeni distorsivi c’è quello delle stoviglie “pseudo riutilizzabili”, che vengono commercializzate sfruttando una lacuna nella normativa SUP (Single Use Plastic) che, pur vietando il monouso, non ha specificato nel dettaglio i requisiti per poter definire riutilizzabile un manufatto, aprendo così la strada a un’elusione delle regole, in danno alle imprese legali.
Su questo punto l’Italia ha di recente notificato all’Ue una proposta tecnica di definizione dei manufatti riutilizzabili su cui si attendono i commenti. A ciò si associa anche il fenomeno degli shopper illegali che costituiscono più di un quarto dei sacchetti circolanti in Italia, a dieci anni dall’introduzione delle sanzioni. In questo contesto, si inserisce un passaggio normativo cruciale: il nuovo regolamento europeo sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio (meglio noto come PPWR, Packaging and Packaging Waste Regulation) che per le bioplastiche compostabili apre da un lato prospettive importanti, ma dall’altro impone tempistiche stringenti, di gestione complessa e sfidante.







