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Libano, arriva la benzina dall’Iran e Hezbollah la regala agli ospedali

Tra debiti e blackout, il partito sciita rompe l'assedio e prepara le elezioni

Pubblicato:22-09-2021 12:44
Ultimo aggiornamento:23-09-2021 16:06

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BEIRUT – Le bandiere gialle di Hezbollah, con la scritta “partito di Dio” e il fucile d’assalto, sventolano lungo la strada. I camion arrivano da nord, dalla Siria, uno dopo l’altro, a decine, attesi come l’acqua che estingue la sete. Il primo convoglio era formato da 40 camion e ora ce ne sono altri: in tutto ne arriveranno 792, con a bordo 33mila tonnellate di gasolio. Le forniture sono giunte in Siria dall’Iran su quattro navi cargo. Hezbollah le sta facendo arrivare in Libano in vista delle elezioni, in cerca di nuova popolarità, “rompendo l’assedio” e sfidando le sanzioni degli Stati Uniti.


Nella capitale Beirut e nei villaggi attraversati dai tir c’è chi fa la fila per ore con una tanica in mano. Con le centrali elettriche al lavoro a singhiozzo per i debiti con la Turchia, i generatori alimentati a gasolio fanno quello che possono: c’è carestia di carburante e la corrente arriva solo due o tre ore al giorno. “La fila di macchine continua oltre l’incrocio, gira intorno all’isolato, non si vede la fine, ma qualche giorno fa era pure peggio” ci dice Georges Caya, autista, convinto che la calca al distributore dietro l’angolo sia l’indicatore migliore per capire come vanno le cose.

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L’import di Hezbollah, attraverso la sua società Amana, è il tentativo di rispondere alle richieste di una popolazione scivolata in povertà. Lo ha spiegato in tv Hassan Nasrallah, il segretario generale del partito sciita: il carburante iraniano sarà donato a istituzioni pubbliche come ospedali statali, orfanotrofi e Croce rossa, mentre i privati potranno acquistarlo a prezzi scontati.


La crisi energetica si è aggravata dal 2019, insieme con quella economica e sociale, che secondo stime dell’Onu colpisce oggi quasi tre libanesi su quattro. A far sparire la benzina dai distributori ha contribuito la Banca centrale, che a giugno ha annunciato l’abolizione dei sussidi, per l’equivalente di tre miliardi di dollari l’anno. Le tariffe ufficiali della vendita per il consumo, con lo scambio tra la lira locale e il dollaro fissato a uno a 1.500, sono ormai carta straccia per via del crollo della valuta locale che in due anni ha perso il 90 per cento del valore. Oggi il carburante resta nei magazzini, mentre con i prezzi bassi ancora in vigore fiorisce il contrabbando con la Siria.


L’arrivo dei tir ha però anche un significato politico. “Hezbollah dimostra che è in grado di portare soccorso in un momento di grande difficoltà” sottolinea Idam Salamey, professore di Politica del Medio Oriente all’American University di Beirut, in un’intervista con l’agenzia Dire. “A maggio prossimo dovrebbero tenersi le elezioni e il partito conferma il suo ruolo anche grazie all’alleanza strategica con l’Iran”.


Le navi cargo sono attraccate in Siria, a Baniyas, prima che entrasse nella fase operativa un altro accordo di importazione, sottoscritto dal governo del Libano con l’Iraq. Oltre a vincere sul tempo, Hezbollah ha dato una dimostrazione di forza, secondo Salamey: “Le forniture costituiscono una violazione delle sanzioni americane nei confronti dell’Iran e uno schiaffo a quella politica di ‘pressione massima’ rilanciata durante l’amministrazione Trump dagli Stati Uniti, che considerano il partito un’organizzazione terroristica“.
Le misure restrittive di Washington colpiscono anche l’altro alleato regionale di Hezbollah, la Siria, il Paese dove sono attraccate le navi cargo.


Su questi aspetti, e il rischio di ripercussioni internazionali, il governo libanese, sostenuto da una coalizione eterogenea che comprende anche il partito sciita, non si è per ora pronunciato. A parlare è invece Charaf Abou-Charaf, a capo del Sindacato dei dottori del Libano, alle prese sia con la scarsità di farmaci che con i blackout elettrici nel pieno della pandemia di Covid-19. Secondo il responsabile, le consegne iraniane “ridurranno un po’ la pressione sugli ospedali permettendo ai medici di lavorare con meno preoccupazione”.

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