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Elezioni, il ‘voto diverso’ dei capoluoghi di regione nel libro di Luca Tentoni

La presentazione del volume "Capitali regionali" per Il Mulino

Pubblicato:22-09-2018 15:25
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:35
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ROMA – Una dicotomia tutta elettorale. I cittadini dei capoluoghi di Regione da una parte, tutto il resto dell’Italia dall’altra. Due comportamenti diversi al momento del voto, con, addirittura, ulteriori sfaccettature differenti all’interno delle città metropolitane. O “Capitali regionali“, come le chiama l’editorialista politico Luca Tentoni, nel titolo del suo libro incentrato sulla storia delle elezioni politiche nei capoluogo di Regione dal 1946 al 2018 (Edizioni Il Mulino).

Dall’analisi di Tentoni è emersa “la conferma che il percorso elettorale italiano è stato fatto sui binari di un treno: da una parte quello delle capitali regionali, ciò e delle città dove c’è più industria, più terziario è un diverso approccio culturale e sociologico e dall’altro quello del resto del paese- ha spiegato in un’intervista all’agenzia Dire-. Questi due tipi di elettorato hanno marciato nella stessa direzione ma sono rimasti distanti, come hanno dimostrato anche le ultime elezioni, dove, a livello nazionale, il centrosinistra è andato meglio nei capoluoghi di regione mentre negli altri centri d’Italia ha preso meno voti della Lega. Tra le Capitali di Regione e il resto del Paese c’è una differenza strutturale di comportamento“.

Luca Tentoni

Con una novità: “Questa volta c’è stata un’accentuazione della differenza del voto dentro le Capitali di Regione tra quartieri della periferia e quelli centrali. Questo vuol dire che abbiamo una doppia divaricazione: tra tipi di comunità territoriali, città più grandi e altre città, e all’interno delle città che hanno le aree metropolitane, abbiamo questo fenomeno sociale, economico e di conseguenza politico”.


Una spaccatura di cui si stanno giovando Lega e Cinque Stelle, che si preparano al l’incasso in vista delle prossime elezioni regionali in Abruzzo e Basilicata e, poco più avanti, di quelle Europee. In particolare nel primo caso il radicamento territoriale diventa decisivo: “In Friuli Venezia Giulia la vittoria della Lega è stata molto più ampia rispetto alle sue posizioni nei sondaggi e, per citare un altro esempio, la vittoria della coalizione di centrosinistra, guidata da Nicola Zingaretti, ha segnato una netta controtendenza col dato nazionale- ha evidenziato Tentoni-. Quindi, in determinate zone sul voto c’è più un effetto legato al territorio che non derivante dallo stare al governo del Paese. Sotto questo profilo, il fatto che la Lega tenda ad avere maggiore presenza sul territorio potrebbe essere redditizio“.

L’assenza di una vera e forte presenza tra i cittadini sembra essere, al contrario, una delle principali cause dell’emorragia di voti del Pd che, secondo Tentoni, sta vivendo “dal punto di vista della comunicazione, che lo ha spinto a puntare sull’appello diretto al popolo e sulla leadership, cioè su tutto ciò che non passa per le sezioni di partito e sull’organizzazione territoriale. Questo modello eccessivamente incentrato sulla comunicazione diretta tra il capo del partito e suo popolo può andare bene alle primarie ma non nell’agire quotidiano con gli elettori. Trascurata la dimensione locale e con la crisi di risultati elettorali, l’elettorato si disorienta e va dove vuole. Il Pd deve inventarsi qualcos’altro perché il leader da solo non basta“.

Differentemente dal Pd, la Lega “ha continuato ad avere questo rapporto diretto, mantenuto una struttura sul territorio e contemporaneamente ha puntato sulla personalizzazione del leader. Mentre il M5S ha giocato tutto sul registro dei social network, che rappresentano una sorta di finta strutturazione territoriale”.

Insomma, stando così le cose, il partito di Matteo Salvini sembra essere quello destinato a raccogliere i frutti migliori nel breve periodo (come peraltro le ricorrenti intenzioni di voto rese pubbliche dagli istituti demoscopici) tuttavia secondo Tentoni “in Italia c’è una volatilità elettorale tale per cui l’elettore non ha più problemi a spostarsi da una parte all’altra, perché diventa sensibile ai messaggi che gli vengono inviati. Le persone cambiano rapidamente intenzione di voto perché come sono facilmente sollecitate a mettere un ‘mi piace’ sui social di conseguenza ricevono altrettanti stimoli e possibilità di cambiare idea molto rapidamente sulla base di determinati impulsi, ad esempio il mantenimento di determinate promesse, la situazione economica del paese, la percezione personale delle cose- ha concluso-. Pertanto, i voti che oggi vanno ad un determinato soggetto politico tra tre anni potrebbero finire nelle mani di qualcuno che magari oggi ancora non esiste”.

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