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Il primo smartphone? Arriva tra i 10 e i 12 anni. E solo 4 su 10 lo spengono per dormire

I risultati di una ricerca dell'Università di Genova che ha intervistato 1.072 ragazzi e 921 madri

Pubblicato:22-09-2017 17:25
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:43

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GENOVA – Il 28% dei tredicenni liguri ha ricevuto uno smartphone prima del compimento dei 10 anni, mentre per il 63% il telefonino è arrivato tra i 10 e 12 anni. Qualche attesa in più per il primo computer dato che oltre uno studente di terza media su quattro ancora non ne possiede uno. Sono alcuni dei dati emersi dall’indagine sulla percezione dei rischi connessi alla navigazione in Internet da parte di studenti liguri di terza media e dei loro genitori, realizzata dal dipartimento di Scienze della formazione dell’Università di Genova, con il coordinamento del professor Carlo Chiorri, e finanziata dal Corecom Liguria, che ha coinvolti 1.072 ragazzi e 921 madri.

UNO STUDENTE SU 5 STA IN RETE 5 ORE AL GIORNO. E MOLTI NON LO SPENGONO NEANCHE DI NOTTE

Il 37% degli studenti coinvolti trascorre in rete fino a 3 ore al giorno, il 20% fino a 5, mentre solo il 25% ci sta meno di un’ora. Guardare video (92%) e ascoltare musica (89%) sono le attività preferite assieme alla ricerca di informazioni (85%), solo dopo arrivano le chat (76,5%), i giochi (72%) e decisamente più staccato l’uso di Facebook, indicato solamente da poco più del 30% degli studenti. Interessante sottolineare anche che solo il 40% spegne il telefono prima di andare a dormire, mentre il 20% lascia attiva anche la vibrazione.

Internet oggi è una grande opportunità per tutti, anche per i ragazzi- commenta il presidente del Consiglio regionale della Liguria, Francesco Bruzzone- è un modo per essere vivi, attivi e sempre collegati con il mondo ma ci sono alcuni aspetti che vanno trattati con attenzione perché possono diventare pericolosi”. Per Bruzzone, “le istituzioni possono mettere l’accento sulla comunicazione dei rischi e, in questo caso particolare la scuola, fare prevenzione, educazione ai bambini e alle famiglie, che può essere decisiva nell’evitare successivamente la necessità di introdurre meccanismi repressivi”.



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“LA REPRESSIONE SERVE A POCO, BISOGNA FAR COMPRENDERE”

Un concetto ripreso anche dal commissario Agcom Francesco Posteraro: “La rivoluzione digitale è una tappa fondamentale della storia del progresso umano ma non bisogna mai dimenticare che Internet è un mezzo e come tale indifferente ai contenuti che veicola: la potenza del mezzo, per quanto lo renda utile altrettanto lo rende pericoloso. E’ evidente che questi pericoli si moltiplicano per le giovani generazioni”. Compito delle istituzioni, per Posteraro, “è impegnarsi in un’opera di educazione digitale per far sì che tutti siano consapevoli delle dinamiche anche negative che l’uso del mezzo può generare. L’educazione presuppone la conoscenza: la repressione serve poco, quello che serve è far comprendere“.

IL 26% DELLE MADRI HA MESSO UN CONTROLLO, MA NON TUTTI I RAGAZZI LO SANNO

Dal punto di vista della prevenzione, il 14% degli studenti ha riferito che nell’ultimo anno sul suo computer è stato installato un filtro parentale o di comunque di controllo, benché le madri abbiano invece detto di aver effettuato questa azione preventiva in oltre il 26% dei casi. Tuttavia, quasi un ragazzino su due non è stato in grado di fornire questa informazione. Ed è proprio sul fronte prevenzione che emergono i dati più discrepanti tra i questionari compilati dai tredicenni e quelli delle madri: i genitori affermano, infatti, di aver attuato comportamenti protettivi o di aver quantomeno parlato dei rischi della navigazione nella stragrande maggioranza dei casi, mentre in ben più di un caso su due dai dati arrivati dagli studenti non arrivano conferme. Infine, circa il 55% delle madri afferma di aver ricevuto un’almeno minima informazione sui rischi dalla scuola, dalla chiesa o da altri gruppi frequentati e il 14% ha vistato un sito dedicato ai genitori per questo genere di problematiche.

di Simone D’Ambrosio, giornalista professionista

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