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Internet, 13enni su siti porno e la mamma non lo sa. E uno su 5 lascia il numero a un amico di chat

I dati di una ricerca sulla percezione dei rischi connessi alla navigazione in Internet realizzata dall'Università di Genova

Pubblicato:22-09-2017 09:55
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:43

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di Simone D’Ambrosio, giornalista professionista

GENOVA – Il 20% dei tredicenni liguri ha vistato almeno una volta un sito pornografico, benché solo l’8% delle madri ne sia a conoscenza. Il 40% vi si è trovato involontariamente, mentre il 9% ha avuto accesso a siti in cui poteva interagire con adulti sconosciuti. Stessa percentuale per chi dice di essere stato infastidito da adulti mentre si trovava online, cosa che in un caso su tre non è mai stata riferita a nessuno.

E ancora: il 50% dei ragazzini intervistati ha inserito i propri dati sensibili in rete e un quinto ha ammesso di aver dato il proprio numero di telefono a qualcuno conosciuto online. E’ quanto emerge dall’indagine sulla percezione dei rischi connessi alla navigazione in Internet da parte di studenti liguri di terza media e dei loro genitori, realizzata dal dipartimento di Scienze della formazione dell’Università di Genova, con il coordinamento del professor Carlo Chiorri, e finanziata dal Corecom Liguria con 9.000 euro, di cui 6.000 per una borsa di ricerca post laurea di sei mesi.


Coinvolti 1.072 studenti appartenenti a 10 istituti comprensivi e 921 madri, per una popolazione complessiva di riferimento di circa 12.000 persone. Dei 92 ragazzini che hanno dichiarato di essere stati infastiditi da un adulto, il 44% ha ricevuto la richiesta di invio di una foto generica, il 20% di una foto di nudo mentre nel 17% dei casi l’adulto ha inviato una propria foto di nudo. Nel 30% delle situazioni c’è stata una richiesta di incontro reale mentre nel 60% dei casi i messaggi sono continuati contro la volontà dell’adolescente. Solo un terzo dei ragazzini ha percepito queste situazioni come una minaccia.

Dal raffronto tra le risposte delle madri e quelle dei figli, sono emerse discrepanze soprattutto nell’analisi delle regole di comportamento online, nella situazione in cui le madri pensano che i figli abbiano imparato a navigare e nella frequenza degli eventi di rischio che le madri sembrano sottostimare benché considerino internet decisamente più pericoloso rispetto ai figli. Lo studio ha anche messo in relazione i dati emersi con le caratteristiche socio-demografiche e psicologiche degli studenti e delle famiglie.


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Oltre naturalmente al tempo trascorso online e alla quantità di profili sui social network, l’aver vissuto una situazione di rischio in rete è strettamente connessa alla ricerca da parte degli adolescenti di sensazioni forti, a tratti particolarmente narcisistici, al sentirsi molto abili nell’uso della rete e dei vari device, all’essere stati vittima di atti di bullismo o educati con stili particolarmente punitivi. Per contro, uno stile genitoriale educativo orientato all’apertura ma con regole e avvertimenti chiari, una maggiore coscienziosità dell’adolescente e un reddito materno di buon livello si sono dimostrati indicatori di protezione.

La ricerca è solo la prima parte del progetto messo in campo dal Corecom Liguria. “Ora- spiega il presidente Alberto Maria Benedetti- si apre la fase della formazione per scuole, genitori e ragazzi a scuola volta a far capire quali siano questi rischi, a come individuarli e prevenirli”. Per Chiorri, inoltre, è importante che la formazione riguardi anche “gli aspetti emotivi e comportamentali che, messi in stretta relazione con l’utilizzo della rete, possono portare a un uso più consapevole di Internet ed evitare situazioni spiacevoli. In questo caso, il lavoro della scuola e, ad esempio, degli psicologi può essere molto prezioso”.

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