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Primo giorno di ‘governo sovrano’ in Sudan, Selma: “Avanti, c’è speranza”

Testimonianza alla Dire: "Nessuna rivoluzione è perfetta, ma non ci arrendiamo"

Pubblicato:22-08-2019 11:22
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:37
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ROMA – “Sono stati fatti degli errori da parte delle Forze per la libertà e il cambiamento, certo, il massacro del 3 giugno e le divisioni interne hanno spinto verso posizioni difensive e più deboli. Ma se le cose con questa giunta non dovessero andare, c’è sempre la strada”.

Selma ha tanto da dire, ma vuole essere presentata solo come “una sudanese che ha partecipato alla rivoluzione, come tutti gli altri”, quando l’agenzia ‘Dire’ la contatta per commentare la nuova fase che inizia oggi nel suo Paese.

Stamane 40 milioni di sudanesi si sono svegliati sotto la guida di un inedito ‘consiglio sovrano‘, composto, sì, da militari come la precedente Giunta militare di transizione, ma anche da civili. La prima nomina, ieri pomeriggio, è stata quella del generale Abdelfattah Al-Burhan, già a capo della Giunta militare, che presiederà il nuovo Consiglio per i prossimi 21 mesi. Per i restanti 18, la direzione dell’organismo dovrebbe passare ai civili. Oltre a lui, hanno giurato altri quattro militari: Shamsadine Kabbash, Yasser Fatel-Rahman Hassan Al-Atta, Ibrahim Jaber e Mohamed Hamdan Daglo, il famigerato capo delle ‘Forze rapide di supporto’ (Rsf), noto anche come ‘Hemedti’.


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Quest’ultimo è la figura che più preoccupa i sudanesi che in questi mesi hanno manifestato, spesso a costo della vita, per un governo civile e democraticamente eletto: “Non fa neanche parte dell’esercito regolare- si indigna Selma- non ha nessuna istruzione! Eppure dal 2015, dal processo di Khartoum in poi, abbiamo visto le sue Rsf, null’altro che le vecchie milizie dei sanguinari ‘janjaweed’ che hanno straziato il Darfour, crescere in maniera esponenziale. Sono armate meglio dell’esercito ordinario, e arruolano anche cittadini stranieri in Ciad e Niger”.

L’accusa, sempre smentita, ma già oggetto di articoli, appelli e proteste, è nei confronti dell’Unione Europea. Indirettamente, l’Ue avrebbe fornito a Daglo e ai suoi uomini milioni di euro per “proteggere i confini dell’Europa”, come lui stesso ha dichiarato di fare, a costo di gravi violazioni dei diritti umani. Nel Consiglio sovrano di transizione, però, ci sono anche rappresentanti della società civile, e non tutti “sconosciuti” come pure ha scritto qualche testata nelle ultime settimane. Aisha Mousa, dell’Iniziativa di raduno nazionale, è l’unica donna scelta dalle Forze per la libertà e il cambiamento: “era una figura molto forte durante il movimento del 1985, lavorava con i sindacati per organizzare gli scioperi che hanno posto fine alla dittatura dei Jafar Nimeiry” ricorda Selma. Insieme a Moussa, siederanno anche il giornalista Mohamed El Faki Soliman del Raduno unionista, Siddig Tawir delle Forze di consenso nazionale, Hasan Sheikh dell’Appello per il Sudan, Mohamed El Taayshi. Quest’ultimo, che risiedeva nel Regno Unito dal 2009, fa parte dell’Associazione dei professionisti sudanesi (Spa), una delle forze più in vista durante le proteste degli ultimi mesi. L’undicesimo membro, scelto sulla base di un’intesa tra militari ed esercito e considerato neutrale, è un’altra donna: si tratta di Rajaa Abdelmaseeh, una giudice cristiana copta.

Il nuovo primo ministro, Abdalla Hamdok, è invece un economista formato nel Regno Unito, già funzionario delle Nazioni Unite: anche lui è stato nominato su proposta delle ‘Forze per la libertà e il cambiamento’. “C’è grande speranza, anche grazie a chi è stato al nostro fianco sul piano internazionale” prosegue Selma: il riferimento, tra gli altri, è al premier etiope Abiy Ahmed, applauditissimo alla cerimonia di firma dell’accordo del 17 agosto tra civili e militari. “Nessuna rivoluzione ti dà quello che vuoi- conclude- ma, se avessimo voluto arrenderci, lo avremmo fatto molto tempo fa”.

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