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VIDEO | Roma, gli occupanti di via Tempesta: “Sgombero? Prevalga il modello Carlo Felice”

Nello stabile di via Tempesta, occupato dal 2009, ci sono circa 70 occupanti, 32 nuclei familiari e 18 minori

Pubblicato:22-07-2019 17:11
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:33

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ROMA – “Non siamo dei delinquenti, siamo brave persone e siamo anche disposti a pagare un canone sociale, l’importante è che non ci mandino in mezzo a una strada o in una struttura d’accoglienza qualsiasi. Abbiamo paura di essere divisi dai nostri figli e dei nostri mariti”. È il grido d’aiuto degli occupanti di via Antonio Tempesta 262, nel quartiere di Torpignattara, a Roma, raccolto oggi dall’agenzia Dire.

Lo stabile, secondo i piani della Prefettura sarà sgomberato in via prioritaria, insieme all’immobile di via del Caravaggio a Tor Marancia. Poi si passerà alla lista dei 23 immobili, al ritmo di quattro l’anno, così come previsto dall’elenco stilato dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica.


Nello stabile di via Tempesta, occupato dal 2009, le stanze della ex Asl sono state adibite ad appartamenti. Circa 70 occupanti, 32 nuclei familiari e 18 minori. Sono i numeri dell’occupazione organizzata e gestita da Action. Molte famiglie provengono dal Maghreb, ma ci sono anche diversi italiani.

“Ho paura per i miei figli”, racconta Fatima, romana, 31 anni, mamma di due bambini di 4 e 12 anni. La sua storia è una delle tante di via Antonio Tempesta, dove la tranquillità è stata sostituita, dopo l’annuncio della Prefettura, dall’ansia e dalla paura. Il marito di Fatima dopo una vita di lavoro ora non ha reddito. La sua famiglia credeva di avere 25 punti nella graduatoria per ottenere una casa popolare, ma a marzo ha scoperto di averne solo 5 e ora non riesce ad ottenere spiegazioni dal Comune di Roma: “Io e mio marito abbiamo appena finito di ristrutturare la camera della nostra figlia più piccola e ora invece si sgomberano”.

Nel 2012 un incendio è scoppiato al pian terreno della palazzina, a causa di un corto circuito, ma di quell’episodio non c’è praticamente più traccia. Tutti i muri sono stati ridipinti e le porte sostituite. “Non vediamo l’esigenza di uno sgombero a causa di un eventuale pericolo”, racconta un’occupante, che si appella alle istituzioni: “Spero che qui prevalga il modello Carlo Felice e non quello di via Cardinal Capranica“.

Dato per certo lo sgombero, l’auspicio di tutti gli occupanti è quello di ricevere una soluzione alloggiativa alternativa come avvenuto per l’occupazione di San Giovanni, dove tutte le famiglie sono state ricollocate in appartamenti messi a disposizione dalla proprietà, Regione Lazio e Comune di Roma.

“Non ho paura per me, ma ho paura di perdere tutte le mie opere d’arte”, racconta Sergio, artista e scultore ultracinquantenne che vive nello stabile di Via Tempesta dall’inizio dell’occupazione nel 2009.

“Noi non vogliamo vivere sulle spalle degli altri e siamo disposti anche a pagare un canone sociale concordato. Viviamo però da alcuni giorni con l’ansia. La paura è che arrivi la Polizia di notte e ci mandino via. I nostri figli vivono qui vanno a scuola qui e ora non sappiamo cosa accadrà”, racconta invece Mona, una donna egiziana che vive da 3 anni all’interno dello stabile.

Tra ansia e paura intanto si attende la giornata di mercoledì quando il Municipio procederà con il censimento definitivo.

OCCUPANTI VIA TEMPESTA, ACTION: SGOMBERI NON RISOLVONO PROBLEMI

“È un’operazione che noi contestiamo alla radice. Con gli sgomberi non si risolvono i problemi della gente comune, a partire da quello della casa”. Commenta cosi’ Paolo, membro di Action-Spintime, la decisione del Comitato provinciale ordine e sicurezza di Roma di procedere con gli sgomberi degli stabili occupati in via Antonio Tempesta e in via Caravaggio, nella zona di Tor Marancia.

“La preoccupazione- continua l’attivista riferendosi allo stabile di Tor Pignattara- e’ che non si trovi una soluzione alternativa per le famiglie. La proprieta’ e le istituzioni debbono in qualche modo rendersi conto che lo sgombero non e’ la soluzione. La soluzione- conclude Paolo- e’ trovare case, soprattutto all’interno del patrimonio abbandonato, che possano risolvere i problemi della gente”.

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