NEWS:

Epatite C, in Piemonte avviato lo screening nei Ser.D

Cammarata (Asl Novara): "Possibile raggiungere una politica di Point of Care presso i Servizi per le Dipendenze del territorio"

Pubblicato:22-06-2022 10:49
Ultimo aggiornamento:22-06-2022 11:30

progetto hand_epatite c-min
FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

NOVARA – “Per quanto riguarda le politiche di screening in regione direi che siamo a buon punto. Mi riferisco alla popolazione con disturbo da uso di sostanze. Sono diversi i Ser.D. del Piemonte che hanno avviato lo screening per l’epatite C nei propri ambulatori. Ad esempio, nella mia Asl siamo già partiti lo scorso 9 maggio, ottemperando così al mandato derivante dal Decreto attuativo del 14 maggio 2021 ex post Decreto Milleproroghe e anche alle indicazioni regionali in materia di screening per l’epatite C”. Lo ha dichiarato il dottor Liborio Martino Cammarata, Direttore Dipartimento Patologia delle Dipendenze Piemonte Nord-Est, intervenuto in occasione del corso di formazione Ecm sulla gestione dei tossicodipendenti con epatite C, organizzato dal provider Letscom E3 con il contributo incondizionato di AbbVie.

Il corso, dal titolo ‘Epatite c nel paziente con Dus-Nuovi modelli di intervento ed esperienze locali in Regione Piemonte’, rientra nell’ambito di ‘Hand – Hepatitis in Addiction Network Delivery’, il progetto di networking a livello nazionale patrocinato da quattro società scientifiche (SIMIT, FeDerSerD, SIPaD e SITD) che dal 2019 coinvolge i Servizi per le Dipendenze e i Centri di cura per l’HCV afferenti a diverse città italiane.

NEI SER.D ACCESSO A DIAGNOSI E TRATTAMENTO DELL’EPATITE C

Nel corso del proprio intervento il dottor Cammarata ha tenuto a sottolineare che “è possibile raggiungere una politica di Point of Care presso i Servizi per le Dipendenze del territorio. Sappiamo da tempo che si tratta di un modello efficace per la presa in carico del consumatore di sostanza, proprio perché le azioni di cui necessita si svolgono su un percorso preordinato e sequenziale che contribuisce a rimuovere le barriere del referral, facilitando all’interno dei Ser.D. la diagnosi e l’accesso al trattamento delle popolazioni speciali e contribuendo all’eliminazione del virus dell’epatite C”.


“Nelle tre fasi- ha inoltre tenuto a precisare Cammarata- quella più problematica è la fase 2, è quella più critica, in quanto prevede una valutazione specialistica che dovrebbe essere seguita dall’infettivologo e dall’epatologo con un utilizzo quantificato del fibroscan, ad esempio, per completare la valutazione e facilitare l’inizio del trattamento. Quindi, va da sé che se tale valutazione specialistica è ritenuta ‘conditio sine qua non’ per avviare il trattamento, occorrerà pensare a come questi specialisti possano essere presenti all’interno dei Ser.D. e, allo stesso tempo, occorrerà vedere anche i capitoli di spesa aggiuntivi e certi per strumenti tecnologici e test di laboratorio”.

IL PERCORSO TEST&TREAT

Al Corso ha preso parte anche il professor Mario Pirisi, Professore Ordinario, Dipartimento Medicina Traslazionale Università del Piemonte Orientale, che ha posto l’accento sulle modalità per abbreviare il percorso di Test&Treat del paziente complesso. “Test&Treat- ha informato- significa che noi accorciamo il tempo necessario a fare alcune indagini, come ad esempio quelle di stadiazione, prima di iniziare il trattamento. Questo percorso, oggi, si può fare in maniera molto semplificata, perché abbiamo a disposizione farmaci estremamente efficaci che possono essere ugualmente attivi in diverse condizioni, anche di malattia avanzata. Possiamo quindi decidere di tagliare le indagini di stadiazione in determinate situazioni. Infatti, in centri di riferimento terziario come la Azienda Ospedaliera Universitaria di Novara, è possibile effettuare nella stessa seduta l’inquadramento clinico, la valutazione di stadiazione e iniziare il trattamento”.

LA COLLABORAZIONE CON IL SISTEMA SANITARIO

Il professor Pirisi ha infine posto l’accento sulle difficoltà che emergono nel collaborare con diverse aziende sanitarie. “È facile dire- ha spiegato- che collaborare con il sistema sanitario regionale e nazionale è una combinazione che non possiamo definire proprio di tutti i giorni. Ma già la stessa presenza, mia e del dottor Cammarata, nella stessa intervista dimostra che si può fare, che in realtà ci si può parlare anche tra realtà come un’azienda ospedaliera universitaria e una Asl, che sono destinate a fare cose diverse. Secondo me funziona tutto in base a quanto le persone hanno voglia e disponibilità a collaborare. Con Liborio lavoriamo da tempo su questo argomento. Sono quindi molto ottimista che quantomeno nella nostra area riusciremo a fare tutte le cose in tempo utile”, ha concluso.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it