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L’81,7% degli italiani teme violazioni dei dati personali sul web

È quanto emerge dal primo Rapporto Censis-DeepCyber (Gruppo Maggioli) sulla Cybersicurezza in Italia

Pubblicato:22-04-2022 18:51
Ultimo aggiornamento:22-04-2022 18:51

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ROMA – Il 61,6% degli italiani adotta sui propri device precauzioni per difendersi da attacchi informatici. Al 64,6% dei cittadini è capitato di essere bersaglio di email ingannevoli; l’81,7% teme furti e violazioni dei propri dati personali sul web, eppure 4 italiani su 10 sono indifferenti o non si tutelano dagli attacchi informatici. È quanto emerge dal primo Rapporto Censis-DeepCyber (Gruppo Maggioli) sulla Cybersicurezza in Italia, presentato questa mattina a Roma nella Sala Zuccari del Senato.

Dallo studio si evince il ruolo decisivo della cybersecurity, non più un ambito per soli esperti ma un investimento sociale di interesse collettivo, indispensabile per una buona rivoluzione digitale.
Secondo il rapporto, il 28,1% degli italiani, pur dichiarandosi preoccupato, non fa nulla di concreto per difendersi, mentre il 10,3% non ha alcuna preoccupazione sulla sicurezza informatica. In generale quasi 4 italiani su 10 sono indifferenti o non si tutelano dagli attacchi informatici. Non c’è ancora, quindi, una compiuta consapevolezza dell’importanza di culture, strategie, tecnologie, competenze e sistemi di protezione informatica per il nostro benessere: ad oggi, oltre un terzo degli italiani non fa nulla per la sicurezza dei propri dispositivi informatici e solo 1 su 4 ha un’idea chiara di cosa sia la cybersecurity.

Il 24,3% degli italiani conosce precisamente cosa si intende per cybersecurity, il 58,6% per grandi linee, mentre il 17,1% non sa cosa sia. Ampia è la disponibilità dei lavoratori a partecipare ad iniziative formative in azienda o altrove sulla cybersecurity (65,9%).
Al 64,6% dei cittadini è capitato di essere bersaglio di email ingannevoli il cui intento era estorcere informazioni personali sensibili e il 44,9% ha avuto il proprio pc/laptop infettato da un virus. L’insicurezza informatica viaggia anche tramite i pagamenti online, e il 17,2% degli italiani ha scoperto acquisti fraudolenti fatti a proprio nome.


Il 19,5% degli occupati ha sperimentato attacchi informatici con danni agli account social o al sito web della propria azienda, il 14,7% invece attacchi che hanno causato la perdita di dati e informazioni. L’81,7% degli italiani, si legge nel Rapporto, teme di finire vittima di furti e violazioni dei propri dati personali sul web. Tra le attività che gli italiani percepiscono come a più alto rischio, ci sono la navigazione web con consultazione di siti (57,8%), l’utilizzo di account social (54,6%), gli acquisti di prodotti online (53,7%), le operazioni di home banking.

“Il Censis ancora una volta ha posto attenzione su una questione importante, la consapevolezza del rischio. Senza la quale è complicato porvi rimedio. Il rischio zero non esiste, e i rischi sul versante della sicurezza cybernetica sono all’ordine del giorno. Dobbiamo sempre più immaginare che il dominio cybernetico non sia qualcosa di diverso da noi.
Smettiamola di parlare di mondi virtuali. Il dominio cybernetico ci appartiene e attraversa tutta la nostra vita- ha detto a margine Franco Gabrielli, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri- Se è vero che la tecnologia ci ha reso in questi anni la vita più semplice, l’ha resa, se possibile, ancora più fragile. Quindi il tema della resilienza cybernetica è fondamentale. Siamo arrivati un po’ in ritardo, ma la soluzione per mitigare il più possibile questa situazione è creare percorsi di resilienza cybernetica del Paese”.

Per Gerardo Costabile, Amministratore delegato di DeepCyber (Gruppo Maggioli), “la ricerca pone l’accento sul fattore umano, spesso sottovalutato nella postura della cyber security. Il dato più evidente è quello relativo alla scarsa consapevolezza ed efficacia delle misure di sicurezza da parte delle persone con minore formazione e cultura. È fondamentale, a partire da scuole, aziende e nella pubblica amministrazione, inserire la cyber security come colonna portante per la necessaria cultura digitale, a prescindere dal ruolo professionale presente o futuro. Aiutare le persone a una maggiore sicurezza aumenterà anche la sicurezza del sistema Paese”.

“L’apprezzata digital life, ormai al centro delle nostre vite, coincide con il massimo dell’insicurezza informatica- ha aggiunto Giuseppe De Rita, Presidente del Censis- Così le tante cyber-insicurezze si giustappongono a quelle più tradizionali, con il rischio di amplificare l’incertezza sistemica del nostro tempo. In tale contesto, per cyber-security si deve intendere non solo un settore industriale strategico altamente innovativo, ma una nuova cultura sociale in cui cittadini, aziende e istituzioni tutelandosi dagli attacchi informatici tutelano la sicurezza e la libertà di tutti”.
Secondo Toni Purcaro, Presidente Dekra Italia, “la parola che emerge con chiarezza dal rapporto è quella della consapevolezza sulla sicurezza dei propri dati, che deve diventare un elemento di patrimonio comune, perché ormai siamo già immersi in una nuova era digitale. Viviamo in un contesto completamente connesso, per questo dobbiamo stare attenti a utilizzare bene i sistemi di protezione. La paura si sconfigge con la consapevolezza e l’informazione”.

Ma tecnologia e digitalizzazione sono anche strumenti politici, come ha sottolineato il presidente Copasir Adolfo Urso: “tecnologia e digitalizzazione sono stati la strada per esportare diritti civili e democrazie, ma ora si sono trasformati e sono diventati strumenti dei Paesi autoritari, tra tutti Russia e Cina. La sfida in campo, quindi, è anche una sfida dei nostri diritti, sapendo che bisogna sempre trovare un equilibrio tra la sicurezza e la libertà. Dobbiamo realizzare un autonomia strategica attraverso la sicurezza energetica e cybernetica. Due presupposti su cui costruire e difendere le nostre libertà”.

Roberto Baldoni, direttore dell’Agenzia Cybersicurezza Nazionale ha sottolineato il cambiamento del settore e le opportunità lavorative: “Il mondo digitale distrugge alcuni lavori ma ne crea anche altri. Nel mondo ci sono circa 3 milioni di posizioni in sicurezza informatica che non sono coperte. Questa trasformazione digitale ci coinvolgere completamente, non possiamo delegare. Siamo arrivati in ritardo, ma ora ripartiamo dall’orientamento dei giovani per cercare una nuova forza lavoro”.

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