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A Roma pochi forni e cimiteri, mille salme in attesa: ecco i motivi dell’emergenza

La fotografia scattata dall'agenzia Dire incrociando i racconti di alcune fonti sindacali con il punto di vista dell'Ama, la società che gestisce proprio i servizi cimiteriali del Comune (foto di repertorio)

Pubblicato:22-04-2021 19:03
Ultimo aggiornamento:22-04-2021 19:03

cimitero palermo imagoeconomica
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ROMA – Sono circa 1000, in questi giorni, le salme ancora in attesa di una cremazione a Roma. Il sistema cimiteriale capitolino viaggia su numeri oltre i suoi attuali limiti ma il covid è solo un’aggravante. “La realtà è che le cause dell’emergenza sono strutturali: a fronte di una sempre maggior richiesta di cremazioni mancano i forni e il personale. E anche i cimieri, per quanti preferiscono ancora la tradizionale sepoltura, non hanno più spazio”. E’, dunque, una tempesta perfetta quella che sta determinando, in queste settimane, il picco della crisi cimiteriale che sta andando avanti da quasi un anno nella città di Roma. La fotografia della situazione è stata scattata dall’agenzia Dire incrociando i racconti e le valutazioni di alcune fonti sindacali con il punto di vista dell’Ama, la società partecipata del Comune di Roma che gestisce proprio i servizi cimiteriali nella Capitale d’Italia.

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Sindacati ed Ama differiscono su un punto. Ama ritiene che l’aumento record dei decessi in città, a causa della pandemia, sia il motivo principale della situazione di emergenza. “Nel 2020 a Roma- spiega proprio Ama- abbiamo registrato 33.838 decessi contro i 30.759 del 2019. Se continua così la proiezione per fine 2021 sarà di 39mila morti. Nonostante questo non abbiamo sempre lasciato attive le linee crematorie. Inoltre a breve entreranno in servizio 20 nuovi operatori specializzati”. La situazione, però, era al limite anche quando i numeri dei decessi, lo scorso settembre, erano rientrati nella media. “Il vero problema- sostiene la Cgil- è che a Roma mancano forni, personale e spazi nei cimiteri“.


“E’ vero che Roma- ha voluto chiarire Natale Di Cola, segretario della Cgil di Roma e Lazio- viaggia ad una media di circa 30mila morti l’anno, 100 al giorno, ma possiede solo 4 forni crematori mentre è finito lo spazio al cimitero Laurentino ed è quasi terminato anche al cimitero Flaminio“, più noto con il nome di Prima Porta.

“Il dato di cui Ama non parla- chiarisce Di Cola- è che il trend delle cremazioni, da molti anni e per diversi motivi, non ultimo l’allontanamento dalle pratiche di sepoltura tradizionalmente più vicine al rigore della religione, è in aumento del 20% ogni anno. Oggi circa la metà dei 30mila morti annui viene tumulata e l’altra metà viene cremata. Basta riflettere su un dato: nel 2001 le richiste di cremazioni erano 3.711. Nel 2015 il numero è salito a 14.000 circa ed oggi si avvicina ai 16mila. E’ questo aumento che determina un deficit strutturale nella gestione dei forni e quindi la crisi attuale. E’ una situazione già nota al Comune da tempo, e lo testimonia il fatto che già nell’agosto del 2017, quando il covid nememno esisteva, Roma Capitale annunciò la volontà di potenziare i forni. Ma da allora nulla è stato fatto, e sono passati 4 anni”.

La situazione potrebbe essere risolta, dunque, con l’aumento delle “infrastrutture” cimiteriali. Ma non si tratta di interventi rapidi. Lo scorso 20 gennaio il presidente di Ama, Stefano Zaghis, aveva annunciato “la ripresa del progetto per realizzare tre nuovi forni al cimitero Flaminio. Il Comune ha stanziato 2,7 milioni per una serie di attività che vanno dalle indagini archeologiche per 2 campi di inumazione al cimitero Laurentino, ad altre al cimitero Maccarese, al Verano, al cimitero di Ostia e al cimitero Flaminio, dove andranno le tre nuove linee”. Ma solo la progettazione, senza contare i tempi di gara e della realizzazione, aveva detto Zaghis “porterà via circa 6 mesi”.

Intanto, però, la situazione è fuori controllo. Da settembre 2020 è aumentato il disallienamento tra le richieste settimanali e la capacità delle strutture. “Le bare hanno inziato ad accumularsi- ha aggiunto Di Cola- A settembre erano già 800, e il covid allora circolava pochissimo. Da ottobre la situazione ha iniziato a peggiorare fino alle 2000 bare in attesa di cremazione di dicembre, con più di un mese per smaltire la lista di attesa. A quel punto Ama si è inventata il numero chiuso. E tutti gli altri devono andare a farsi cremare fuori città. Dopo la prossima estate, quando forse i decessi si abbasseranno di nuovo, le bare in attesa torneranno a zero e si ricomincerà con le liste di attesa. Così non se ne esce più”.

Ama ce la sta mettendo tutta e ricorda che “l’impegno della struttura è al massimo livello per far fronte all’eccezionale trend di crescita dei decessi”. La Cgil, però, è pessimista: “Ci fa rabbia- ha concluso Di Cola- il fatto che noi a settembre avevamo lanciato l’allarme e ci fu risposto dall’amministrazione Raggi che era tutto a posto. Però i lavori annunciati non sono ancora partiti. Di questo passo avremo un’emergenza nei cimiteri per almeno altri due anni”.

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