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Un robot per amico, da Pisa alla Nasa

https://youtu.be/2NtRWaWkeY0 Si chiama RoboSimian ed è l’ultimo robot nato alla Nasa, progettato e costruito al Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, in

Pubblicato:22-04-2019 08:00
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:22

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Si chiama RoboSimian ed è l’ultimo robot nato alla Nasa, progettato e costruito al Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, in California. Ha le sembianze di una grande scimmia e si muove appoggiandosi su quattro arti. Il suo compito è quello di arrivare dove l’uomo non può andare. Un esempio? Immaginate l’incidente in una centrale nucleare. Lo stabile viene evacuato, tutta la zona intorno resta deserta. Ma bisogna entrare dentro per disattivare dei macchinari. Chi può farlo, allora? E’ questo il compito di RoboSimian, che è in grado di inserire e togliere una presa della corrente, per esempio, di premere un interruttore, ma anche di manipolare degli oggetti fragili senza romperli. Ed è qui che entra in gioco l’Italia. I sensori di una delle mani di RoboSimian, infatti, sono stati creati nel nostro Paese, grazie al lavoro della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia e l’Istituto italiano di Tecnologia.

Ne abbiamo parlato con Calogero Oddo della Scuola Sant’Anna.


“Chiariamo che il progetto è della Nasa, finanziato con fondi americani. Però nell’ambito di questa attività noi ci siamo inseriti con un obiettivo specifico: abbiamo una collaborazione scientifica. I colleghi statunitensi hanno riconosciuto nel nostro gruppo di ricerca- il Neuro-robotics Touch Lab dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Sant’Anna– una competenza specifica sul tema della sensorizzazione tattile, cioè sullo sviluppo di sensori di tatto artificiale per mani robotiche. Loro avevano l’esigenza di inserire sensori tattili affinché la mano di RoboSimian avesse capacità prensili e di manipolazione più elaborate, più sofisticate, rispetto a quello che il dispositivo precedente permetteva. Così abbiamo deciso di scambiare persone. I progetti si sviluppano in primo luogo con le persone- sottolinea Oddo-. Luca Massari, dottorando di ricerca del Sant’Anna, di cui sono supervisor, ha trascorso il suo periodo all’estero di sei mesi dottorato”.

Ed è questa una delle chiavi di lettura di un successo internazionale: la collaborazione.

Nell’ambito del dottorato al Sant’Anna, sei mesi vengono trascorsi all’estero per sviluppare un programma di ricerca congiunto. I risultati diventano proprietà condivisa e anche i benefici sono benefici congiunti.

“I risultati ottenuti in prima istanza vanno a migliorare le caratteristiche del robot- spiega ancora Oddo- ma poi successivamente sono diventati anche background che il nostro gruppo porta in Italia. Le persone che vanno negli Stati Uniti o, in generale, all’estero poi ritornano nel nostro Paese e garantiscono che il know-how acquisito diventi patrimonio nazionale”.

Non c’è solo l’esplorazione spaziale tra i progetti della Nasa e delle altre agenzie spaziali. Tra le finalità di questi enti ci sono anche ricerca e innovazione per applicazioni civili con ricaduta sulla terra. Insomma, per dare una risposta tecnologica ad esigenze sociali. E sarà così sempre più spesso. Le soluzioni tecnologiche nate per lo Spazio, o in seno ad istituzioni spaziali, vengono messe al servizio dei terrestri. Ma la domanda che molti si pongono è: il futuro, sarà dei robot?

“Siamo nel contesto di Industria 4.0. Lo voglio dire con chiarezza: spesso l’Industria 4.0 è associata con timore al tema del ruolo che l’intelligenza artificiale avrà nel trasformare il mondo del lavoro- sottolinea Oddo-. Se osservate l’evoluzione della robotica oggi, si vede che la robotica non è nemica ma amica dei lavoratori. Negli anni Settanta robot e lavoratore non potevano coesistere nello stesso spazio produttivo e il processo automatizzato andava a togliere un posto di lavoro. La robotica collaborativa invece è rivoluzionaria in questo senso. Il robot può diventare un partner per alleviare il lavoratore dall’eseguire compiti complessi, faticosi o rischiosi. Questi sensori tattili servono per permettere agli arti robotici il poter collaborare con la persona”.

Per quanto riguarda il caso specifico della mano di RoboSimian, sono diverse le strade che si aprono per le sue applicazioni extra Nasa. Alcuni esempi? A parte l’ambito civile del soccorso in ambienti impervi in caso di calamità, si pensa soprattutto allo sviluppo di robot in ambito sanitario, in primis chirurgico.

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