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Chernobyl, 30 anni dopo. Zamberletti: “Giorni convulsi, ma Italia si comportò bene”

A capo della Protezione Civile tra marzo del 1984 e aprile del 1987, Zamberletti ricorda perfettamente quanto avvenne quel 26 aprile e nei giorni seguenti

Pubblicato:22-04-2016 17:44
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:37

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chernobylROMA – Giornate convulse e piene di punti interrogativi nei quali “l’Italia riuscì comunque a comportarsi bene, prendendo le giuste decisioni nonostante le poche informazioni a disposizione”. Giuseppe Zamberletti, il ‘padre fondatore’ della Protezione Civile italiana, ricorda così i giorni successivi al disastro di Chernobyl, di cui si celebra il trentennale tra pochi giorni, il 26 aprile. A capo della Protezione Civile tra il marzo del 1984 e l’aprile del 1987, Zamberletti ricorda perfettamente quanto avvenne quel 26 aprile 1986 e nelle giornate successive. “La notizia giunse praticamente in tempo reale- spiega alla DIRE- poche ore dopo il disastro eravamo stati già avvisati. Ricordo che convocai immediatamente la Commissione Grandi Rischi, di cui era membro anche Ippolito Felici, noto esperto del settore nucleare”.

La prima decisione presa fu quella di mantenere sotto controllo l’atmosfera con gli aerei dell’Aeronautica per verificare l’eventuale aumento della radioattività. Simili controlli furono compiuti anche a terra dai Vigili del fuoco. Poi fu la volta del Consiglio dei Ministri, “dove arrivai con qualche minuto di ritardo perchè erano momenti davvero caotici. Ma quando diedi la notizia ai miei colleghi fui accolto con ironia, pochi mi presero sul serio. ‘Dove è successo? In Ucraina?’, mi rispondevano. Cambiarono atteggiamento solo quando videro che pure i giornali iniziarono ad interessarsi notevolmente alla vicenda”.

Nei primi giorni di maggio, poi, il presidente del Consiglio, Bettino Craxi, dovette volare a Tokyo per il G7. “Mi disse di pensare alla situazione- aggiunge Giuseppe Zamberletti- e anche di considerare che, da vicende come quella, dipendeva il futuro del nucleare in Italia. Fu una bella responsabilità e nei giorni successivi mi dovetti rapportare col vicepresidente del Consiglio di allora, Arnaldo Forlani, che dovette svolgere la funzione di mediatore”.


Tra le prime misure decise dalla Commissione Grandi Rischi, infatti, ci fu quella di consigliare agli italiani di consumare frutta e verdura solo dopo abbondanti lavaggi. “Questo però non lasciò soddisfatti alcuni membri della Commissione appartenenti all’Istituto Superiore di Sanità- continua il ‘padre’ della Protezione Civile- che cercarono di convincere l’allora ministro della Sanità, Costante Degan, della necessità di proporre un decreto per il blocco del mercato di frutta e verdura. Mi sembrava eccessivo, chiamai Craxi per dirgli che avrei potuto dichiarare lo stato di emergenza”, per bypassare gli altri ministri e esercitare i loro poteri. “Ma lui mi bloccò, dicendomi che sarebbe stato peggio”. Alla fine fu temporaneamente bloccato il mercato di frutta e verdura, “col paradosso che alcuni italiani andavano al confine con la Svizzera e mangiavano lì, quello che qui era vietato. Craxi scherzò con me. ‘Voi democristiani, con questo, vi siete giocati il nucleare’, mi disse”. Da lì a poco, poi, si arrivò al referendum. “Furono giorni complicati- termina Zamberletti- ma rispetto ad altri Paesi notoriamente ‘nucleari’, come Francia e Germania, l’Italia si comportò bene”.

di Federico Sorrentino, giornalista professionista

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