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Acqua, Po già in secca e associazioni agricole già in ansia

"La sofferenza idrica al nord- dice la Coldiretti- mette a rischio le operazioni di semina delle principali coltivazioni"

Pubblicato:22-03-2021 18:41
Ultimo aggiornamento:22-03-2021 18:41

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REGGIO EMILIA – Proprio all’inizio della primavera, quando le coltivazioni hanno bisogno di acqua per crescere, il fiume Po è in secca con lo stesso livello idrometrico della scorsa estate ad inizio agosto, e pari al 24% in meno rispetto a marzo. È quanto emerge da un monitoraggio della Coldiretti sul più grande fiume italiano, realizzato oggi in occasione della giornata mondiale dell’acqua.

“La sofferenza idrica al nord- dice la Coldiretti- mette a rischio le operazioni di semina delle principali coltivazioni come il mais e la soia necessarie per l’alimentazione degli animali in stalla, ma anche le piantine di barbabietola sono già in campo”. Inoltre “la mancanza di acqua a fine inverno preoccupa l’agricoltura poiché le riserve idriche sono necessarie per i prossimi mesi quando le colture ne avranno bisogno per crescere”.

Quanto si va delineando, conferma il segretario generale dell’Autorità distrettuale del Fiume Po Meuccio Berselli, “è un segno evidente della necessità di rinnovata e massima attenzione che dobbiamo e dovremo avere sempre di più nei processi di prelievo, distribuzione e stoccaggio della risorsa idrica, risorsa preziosa che oggi ha equilibri mutati nel tempo e che deve essere governata con prudenza e in modo consapevole da tutti, sia sotto il profilo ambientale che rispetto a quello sociale ed economico”.


A scendere nei dettagli della situazione è la Confagricoltura Emilia-Romagna, preoccupata “per i terreni aridi degli oltre 20.000 ettari di barbabietole da zucchero già seminate, in quella che si conferma la prima regione bieticola italiana”. Ma è in sofferenza pure il grano tenero e duro “che in Emilia-Romagna copre una superficie complessiva di 240.000 ettari”. La situazione si profila poi difficile anche per “i medicali e le colture foraggere destinate all”alimentazione animale e alla filiera del Parmigiano Reggiano” e, infine, “serve tanta acqua per l’imminente trapianto del pomodoro da industria (26.000 ettari totali in regione) come anche per le semine del mais (80.000 ettari circa) che non possono più attendere”.

In “questo momento- dice chiaro il presidente di Confagricoltura Marcello Bonvicini- le aziende agricole non possono sostenere anche un aumento dei costi di produzione. Gli agricoltori si trovano di fronte a un bivio: se investire nell’irrigazione di soccorso o rischiare l’inevitabile calo delle rese produttive dovute all’apporto idrico insufficiente nelle varie fasi di sviluppo fenologico della pianta”.

L’incubo, aggiunge Bonvicini, “è il crollo della redditività per le aziende produttrici di materie prime d’eccellenza, cuore del made in Italy agroalimentare”. Per “risparmiare l’acqua, aumentare la capacità di irrigazione e incrementare la disponibilità di cibo per le famiglie- riprende però Coldiretti- abbiamo elaborato e proposto per tempo un progetto concreto immediatamente cantierabile”. Si tratta, spiega il presidente Ettore Prandini, “di una rete di piccoli invasi con basso impatto paesaggistico e diffusi sul territorio, privilegiando il completamento e il recupero di strutture già presenti, progettualità già avviata e da avviarsi con procedure autorizzative non complesse”.

L’idea, continua Prandini, “è di costruire senza uso di cemento per ridurre l’impatto l’ambientale laghetti in equilibrio con i territori, che conservano l’acqua per distribuirla in modo razionale ai cittadini, all’industria e all’agricoltura, con una ricaduta importante sull’ambiente e sull’occupazione”.

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