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Riabilitazione respiratoria e nuove tecnologie: una professione che cresce

In corso di svolgimento a Treviso il IV Congresso Internazionale dell’Associazione Riabilitatori dell’Insufficienza Respiratoria (ARIR)

Pubblicato:22-03-2019 13:34
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:16
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TREVISO – Una esposizione di tecnologie degli ultimi decenni accoglie i partecipanti al IV Congresso Internazionale dell’Associazione Riabilitatori dell’Insufficienza Respiratoria (ARIR) in corso di svolgimento a Treviso. Strumenti ingombranti e pesanti per ventilazione, in-ex-sufflators (le cosiddette ‘macchine della tosse”), arcaici strumenti per la concentrazione di ossigeno: tutte apparecchiature avanzatissime per la loro epoca, ma (ovviamente) prive di tutte quelle interconnessioni, miniaturizzazioni e digitalizzazioni che caratterizzano invece l’evolversi delle innovazioni. Nel simposio queste vecchie tecnologie sono esposte soprattutto per cultura scientifica dei tantissimi giovani specialisti che stanno partecipando all’evento di ARIR, che nel suo programma presenta molti workshop dedicati alle nuovissime tecnologie di settore: dispositivi di ultima generazione per la ventilazione meccanica a pressione positiva continua (CPAP), simulatori polmonari ed EIT (Electrical Impedence Tomography), caratteristiche ed utilità dell’ecografia toracica, tele-riabilitazione e tele-monitoraggio dei pazienti a casa.


LE NUOVE TECNOLOGIE

Ma quali sono le tecnologie avanzate che sono al centro dei lavori congressuali e della pratica del fisioterapista respiratorio? “Per le tecnologie con cui noi lavoriamo”, precisa Francesco D’Abrosca, componente del Comitato Scientifico del Congresso e chairman delle sessioni dedicate alle tech-healthcare di settore, “le aree a maggior innovazione sono quelle che riguardano gli strumenti di ventilazione meccanica, gli apparati per gli alti flussi come ossigenoterapia ed umidificazione attiva, e le molte tecnologie che stanno arrivando per la disostruzione bronchiale, che riescono a darci maggiore interattività tra operatore e paziente. Grande è poi il contributo che ci stanno offrendo le tecnologie di valutazione, permettendoci di valutare in tempo reale quello che stiamo facendo: l’esempio migliore ci è dato dagli ultrasuoni mai utilizzati prima e oggi utilissimi come dimostrato dall’ecografia polmonare”.

Innovazioni tecnologiche, nuovi approcci alla professione, nuove forme di relazione con il paziente: enorme, in questo senso, è quindi il ruolo della formazione e dell’aggiornamento del fisioterapista respiratorio, sia nei corsi di laurea che nei master universitari: “Ci è chiesto oggi un modo nuovo di concepire il nostro lavoro”, puntualizza D’Abrosca, “il fisioterapista fino a qualche anno fa era l’esperto di terapie di carattere manuale o di attività fisica, oggi invece stiamo assistendo ad un cambiamento radicale delle professione perché utilizziamo decine di tecnologie avanzate per operare sul miglioramento della funzione polmonare. Sappiamo che ci è chiesto di diventare esperti in aspetti sempre più vasti nell’uso delle innovazioni digitali: come ARIR siamo consapevoli che tutto questo deve diventare formazione continua e stiamo già operando per sostenere la professione i tanti giovani che la stanno scegliendo”.

Le innovazioni, se sono reali, impattano sempre sull’organizzazione delle cure, sulle relazioni tra operatori, sull’identificazione dei migliori percorsi diagnostici. Cosa significa per l’Associazione pensare al proprio contributo all’interno di nuovi team multidisciplinari? “Le tecniche di imaging non invasive che utilizziamo per fare valutazioni in tempo reale sull’efficacia dell’intervento”, conclude Francesco D’Abrosca “ci chiedono di operare sempre con pneumologi, intensivisti e con altre figure professionali che lavorano al letto del malato oppure a casa del paziente. E’ sempre più evidente che il lavoro sul paziente complesso e la progressione delle patologie prevedono una sinergia tra operatori: non a caso in questo nostro convegno di Treviso la varietà degli approcci e degli interventi confermano che il dialogo multidisciplinare è già in atto”.

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