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Ecco come si preserva la fertilità maschile dopo un tumore

Lo spiega Andrea Lenzi, presidente della Sie (Società italiana di Endocrinologia), intervistato dall'Agenzia Dire in occasione del 'Focus Oncofertilità'

Pubblicato:22-03-2016 14:13
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:26

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maternità_neonatoROMA – “Rispetto al tema della fertilità dopo patologie o terapie che riducono sensibilmente la capacità di procreare, le questioni delicate sono diverse. La prima questione è di tipo medico ed è legata alla necessità di crioconservare i gameti del paziente che ha nel contempo urgenza di iniziare delle terapie oncologiche che inibiranno la sua fertilità in maniera definitiva o transitoria. Il periodo finestra tra il momento in cui il paziente ha ricevuto la diagnosi di tumore e l’inizio della terapia è l’unico spazio utile per la crioconservazione dei gameti. È quindi necessario avere Centri di crioconservazione abbastanza vicini all’utenza che siano al tempo stesso qualificati“. Così Andrea Lenzi, presidente della Sie (Società italiana di Endocrinologia), intervistato dall’Agenzia Dire in occasione del ‘Focus Oncofertilità’, l’evento svoltosi oggi presso il Policlinico Umberto I di Roma.

“La seconda questione- ha proseguito- è che offrire ad un paziente o ad una paziente con tumore, prima della terapia che ne azzererà la fertilità, la possibilità di crioconservare i propri gameti per il futuro significa due cose: che il medico è sensibile a questo tema ma, soprattutto, che l’orizzonte è quello di una sopravvivenza a lungo termine, aspetto importantissimo dal punto di vista psicologico”.

Ma quali sono i fattori che pregiudicano la fertilità nei pazienti oncologici? E quali i trattamenti e le terapie più a rischio? “I trattamenti che mettono a rischio la fertilità per i pazienti oncologici- ha risposto Lenzi- sono la chemioterapia e la radioterapia. Per il tumore al testicolo, in passato la chirurgia pregiudicava la fertilità in quanto comportava la castrazione monotesticolare o bitesticolare; fortunatamente le attuali tecniche ci consentono una diagnosi molto precoce e ci permettono quindi di eseguire la cosiddetta enucleo-resezione, vale a dire asportare solamente il tumore sotto guida ecografica per il chirurgo e quindi lasciare il testicolo in sede. La chemioterapia è sempre la terapia di riferimento per le malattie ematologiche mentre la radioterapia è la terapia d’elezione per la maggior parte dei tumori testicolari. L’obiettivo di entrambe è azzerare la possibilità di recidiva e questo mette a rischio la fertilità: tra gli effetti della chemioterapia, oltre alla caduta dei capelli, c’è anche la distruzione di spermatozoi e ovociti, mentre un paziente con tumore testicolare viene di necessità irradiato proprio in quell’area”.


Intanto, per preservare la fertilità, esistono le cosiddette ‘banche dei gameti’. Ha spiegato ancora il presidente della Sie: “Le banche dei gameti fanno capo a centri di riferimento, che dovrebbero essere di livello regionale e in questa direzione stiamo lavorando insieme ad Alessandro Nanni Costa, il presidente del Centro nazionale Trapianti. Dal punto di vista della gestione, sono organizzate con uno staff di medici specialisti e biologi in grado di assistere il paziente, attraverso il centralino, tutto l’anno: 24 ore su 24, 7 giorni su 7, 365 giorni su 365. Dal punto di vista strutturale, invece, le banche hanno dei veri e propri caveau che assicurano un costante controllo della temperatura a cui avviene la crioconservazione, che è la temperatura dell’azoto liquido, vicina allo zero assoluto. La raccolta del liquido seminale nell’uomo è più semplice e avviene per masturbazione. Per prelevare un ovocita bisogna invece eseguire un micro-intervento, attraverso l’addome della donna o per via ecografica transvaginale. I gameti raccolti, spermatozoi o ovociti, vengono man mano calati all’interno dell’azoto liquido al fine di garantirne il congelamento”.

Dal punto di vista tecnologico, aggiunge quindi Lenzi, non è “un procedimento difficile- ha spiegato- la difficoltà sta nella corretta esecuzione del processo di congelamento che è molto delicato. Anche in questo caso gli spermatozoi sono avvantaggiati rispetto all’ovocita perché sono costituiti solamente da nucleo, tutto Dna con pochissimo citoplasma, e quindi è più facile congelarli senza danneggiarli. Se il procedimento di crioconservazione dell’ovocita non è eseguito correttamente si creano dei cristalli di acqua all’interno del citoplasma che rompono gli organelli cellulari e quindi rendono la cellula non vitale”. Per la conservazione dei gameti il Lazio è un punto di riferimento. “I centri di riferimento dotati di una ‘banca’ per crioconservare i gameti- ha detto il presidente della Sie- non sono diffusi in maniera capillare su tutto il territorio nazionale. La difficoltà non è tanto fare il prelievo ovocitario a cui segue la fecondazione, ma è il processo di crioconservazione, complesso oltre che costoso, e sottoposto a rigide norme di sicurezza. Il Lazio in questo è avvantaggiato, dal momento che con l’accreditamento della banca degli ovociti dell’Istituto Regina Elena di Roma del professor Enrico Vizza e con la storica banca del seme del Policlinico Umberto I di Roma, la prima in Italia, attiva fin dal 1980, nella Regione- ha concluso- c’è la possibilità di criocongelare sia gli spermatozoi sia gli ovociti”.

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