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Processo Miramare, per i giudici Falcomatà era il “dominus”

Per il tribunale il sindaco di Reggio Calabria sarebbe l' "ideatore del progetto di affidamento diretto dell'hotel all'amico Zagarella"

Pubblicato:22-02-2022 15:55
Ultimo aggiornamento:22-02-2022 16:03
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REGGIO CALABRIA – Viene definito il “dominus dell’intera vicenda” il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà “ideatore del progetto di affidamento diretto del Miramare all’amico Zagarella, sia nella sua veste formale di sindaco, e dunque di soggetto che riveste la più alta carica all’interno della giunta comunale, sia nella sua veste sostanziale, quale agente direttamente interessato all’approvazione della delibera ‘Miramare’, alla cui votazione ha partecipato non solo in violazione di legge, alla stregua degli altri imputati, ma anche in spregio all’obbligo di astensione su di lui, gravante alla luce dei rapporti intrattenuti con Zagarella”. È quanto riportato nelle motivazioni della sentenza di primo grado del processo Miramare, conclusosi nel mese di novembre del 2021 e depositate dal Tribunale di Reggio Calabria.

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Il primo cittadino è stato condannato ad un anno e 4 mesi e al momento è sospeso dalle cariche istituzionali per 18 mesi per gli effetti della legge Severino. Nel corso del procedimento sono stati condannati, ad un anno, anche gli ex componenti della prima giunta comunale di Reggio Calabria: Saverio Anghelone, Armando Neri, Patrizia Nardi, Giuseppe Marino, Giovanni Muraca, Agata Quattrone, Antonino Zimbalatti, che votarono favorevolmente alla concessione temporanea dell’hotel Miramare, di proprietà del Comune, ad un’associazione, il Sottoscala, ritenuta dai giudici vicina al sindaco Giuseppe Falcomatà. Sono stati condannati anche l’ex segretaria comunale Giovanna Acquaviva, l’ex dirigente Maria Luisa Spanò e l’imprenditore Paolo Zagarella rappresentante dell’associazione affidataria.

Il Tribunale ha definito l’affidamento dell’hotel una vicenda “sciatta e superficiale di gestione della cosa pubblica”. Sindaco e assessori secondo i giudici “hanno scientemente violato, nell’esercizio delle loro funzioni, una pluralità di specifiche norme di legge che imponevano regole di condotta non discrezionali”.


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