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L’uomo che coltiva il virus: “Variante inglese? Quindici giorni e sapremo”

Test per verificare se gli anticorpi sviluppati dai soggetti vaccinati siano neutralizzanti anche nei confronti di questa mutazione

Pubblicato:22-02-2021 18:06
Ultimo aggiornamento:22-02-2021 18:06
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di Maria Laura Iazzetti

MILANO – “Una variante non può essere definita più pericolosa prima di avere dei risultati scientifici”. A invitare alla prudenza è Pasquale Ferrante, docente dell’Università di Milano, coordinatore dei laboratori di virologia della Statale e direttore dell’istituto clinico ‘Città Studi’. Ferrante si occupa, insieme al suo gruppo di ricercatori, di coltivare il virus: “Di studiarlo, quindi, più approfonditamente”. “Abbiamo un centro di massima sicurezza e possiamo lavorare con i virus più pericolosi”, spiega alla ‘Dire’. Ora sta analizzando la variante inglese “per testare se gli anticorpi sviluppati dai soggetti vaccinati siano neutralizzanti anche nei confronti di questa mutazione”. Per avere delle risposte, bisognerà aspettare altre due settimane. “Il tema delle varianti esiste- ragiona Ferrante- ma dobbiamo ancora capire se hanno un impatto sulle vaccinazioni e sulla gravità della malattia”. Per adesso si hanno soltanto delle “indicazioni su un’alterazione molecolare della proteina Spike che inciderebbe sulla capacità infettante”. Anche in questo caso, però, serve più tempo. “Questi sono tutti dati che non possiamo dare immediatamente. Dobbiamo attendere che gli studi vengano pubblicati”, sottolinea il virologo.

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Analizzando la variante scozzese (quella che a detta del consulente Guido Bertolaso sarebbe presente in alcuni comuni del Varesotto), il gruppo di ricerca dell’università di Milano ha scoperto che i soggetti vaccinati sono protetti anche per quella mutazione del Sars-CoV-2: “Dagli studi pubblicati sul ‘The New England Journal of Medicine’ sembrerebbe che anche nei confronti della variante inglese rimanga l’efficacia neutralizzante degli anticorpi”, aggiunge Ferrante. L’importante è avere pazienza, anche per far in modo che le persone non incomincino a dubitare dell’efficacia dei vaccini. “Penso che alla fine contrarre una variante sarà come ricevere un’ulteriore dose di stimolazione antigenica”.

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