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Kosovo, vice comandante Kfor: “La sicurezza deve rimanere priorità”

Intervista a Luca Piperni, vice comandante della missione Kfor

Pubblicato:21-12-2021 13:15
Ultimo aggiornamento:21-12-2021 13:15
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ROMA – Il Kosovo e il suo futuro. La missione Nato e la storia che l’ha portata ad essere “sentinella” di difesa e sicurezza nel cuore lacerato dei Balcani. Il concetto di “frozen conflict”, ma anche il sapore di un Natale lontano dalla patria, nel cuore di una missione, tra le montagne gelide e battute dai venti. Per fare un punto sulla missione Nato, a partire dalla situazione trovata nel Paese, l’agenzia Dire ha raggiunto il Generale di Brigata Luca Piperni, Vice Comandante della missione Kfor.

IL KOSOVO OGGI

“La presenza delle Forze Armate italiane nei Balcani e all’interno di Kfor risale dall’inizio delle crisi che hanno portato alla dissoluzione della ex Jugoslavia. Nel corso degli anni si è consolidata una conoscenza profonda del territorio, delle dinamiche interne del paese, ma anche di quelle delle nazioni vicine. I vari contingenti italiani che si sono susseguiti nel tempo hanno mantenuto ed incrementato rapporti proficui con la popolazione e con i leader delle istituzioni locali; questi rapporti sono stati da sempre fondati sul rispetto e sull’imparzialità, elementi che consentono tutt’ora di operare con efficacia ed in sicurezza. La situazione generale del Kosovo è stabile, ma sono presenti degli equilibri fragili che vanno preservati.

All’inizio della sua missione, Kfor era presente sul terreno con oltre 55 mila uomini; questo numero è ora sceso a circa 4000 unità, poiché nell’arco di oltre vent’anni la situazione sul terreno è mutata e con esso il conseguente rafforzamento e miglioramento delle istituzioni locali. Basti pensare che oggi solo il sito del monastero ortodosso di Decani è vigilato dai militari Kfor, mentre altri siti religiosi della Chiesa Serbo-Ortodossa, ritenuti sensibili, sono sorvegliati dalla polizia kosovara. Persistono comunque delle sfide importanti che impongono la presenza militare. L’Italia è alla guida del Regional Command West (Rc-W), unità multinazionale con responsabilità nel settore occidentale del Kosovo, al momento su base 185° Reggimento Artigliera della Brigata Folgore, del battaglione “Isr” (Intelligence Surveillance and Reconnaissance) e del Multinational Specialized Unit (Msu), composta da Carabinieri. La Risoluzione dell’Onu 1244 ancora prevede una situazione di ‘frozen conflict’ ovvero ‘conflitto congelato’ tra Serbia e Kosovo. Il processo di risoluzione resta delicato e necessita di una continua vigilanza da parte della Nato, nonostante ci siano stati passi in avanti nel dialogo tra Belgrado e Pristina”.


COSA FA UN VICE COMANDANTE?

“La forza Nato ovvero Kfor agisce come ‘third responder’. Attualmente in Kosovo, il controllo e il mantenimento della sicurezza è una responsabilità della Kosovo Police in qualità di ‘first responder’ e successivamente quale ‘second responder’ dell’European Union Rule of Law (Eulex) qualora non dovesse essere in grado di fronteggiare la situazione. Il monastero di Decane, come accennato prima, resta l’unico luogo in cui Kfor è direttamente responsabile della sicurezza quale ‘first responder’. Mi preme però ricordare che Kfor resta sempre pronta ad intervenire anche autonomamente nel caso in cui particolari eventi dovessero richiederlo, ovviamente con il primario intento di evitare il degrado della situazione che metta a rischio la popolazione kosovara. Come Vice Comandante di Kfor, supporto le decisioni del Comandante di Kfor e lo sostituisco in sua assenza; inoltre, seguo le attività addestrative dei vari contingenti e unità sul terreno, sia nelle fasi di pianificazione che in quelle di esecuzione; infine, mi interfaccio al mio livello anche con i principali attori del Kosovo, incluso le Organizazioni Governative (Gos), Non-governative (NGOs) e le Kosovo Security Organisations (KSOs).

Sono 28 le nazioni coinvolte nella missione, quanto è complesso tenere tutto insieme soprattutto rispetto a quelle non Nato? Tra i 28 Paesi contributori ci sono non solo nazioni membri dell’Alleanza Atlantica, ma anche Paesi partners della Nato. Il supporto alla missione della Nato da parte di questi Paesi partner rientra nel programma ‘Partnership for Peace’. Questa realtà operativa multi nazionale permette un continuo scambio e confronto non solo di aspetti prettamente militari ma l’interazione si realizza anche a livello di conoscenza e approfondimento reciproco delle diverse culture dei 28 paesi contributori. Kfor fonda il suo successo sulla forte coesione tra le nazioni che operano sotto l’egida della Nato. Tale coesione si concretizza tramite un ottimo rapporto di collaborazione con le istituzioni locali e quelle serbe che vedono le 28 nazioni muoversi all’unisono”.

IL CONTRIBUTO DI KFOR NELLA PANDEMIA

“La pandemia da Covid19 ha colpito duramente il Kosovo in diversi settori. Le restrizioni dei movimenti tra le nazioni hanno intaccato in modo pesante l’export ed import di vari beni ed i coprifuoco imposti dal governo hanno duramente colpito le piccole e medie imprese. Dallo scoppio della pandemia, Kfor ha contribuito in modo imparziale alla risposta locale al Covid-19 attraverso una serie di azioni a sostegno delle istituzioni in Kosovo, inclusa la fornitura di attrezzature di protezione personale e la facilitazione dell’assistenza da parte dei paesi alleati e partner. L’Italia, che ha fornito tra l’altro un team dell’Esercito, ha bonificato decine di strutture pubbliche. Tutto ciò rientra nell’ambito dei progetti sanitari, in favore della popolazione locale previsti dalla Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

La percezione che tutti hanno del Kosovo è di uno status quo ormai pacifico e risolto, ma la missione continua ad essere fondamentale. Ci aiuta a leggere insieme questi due aspetti? La situazione di instabilità dei Balcani deve essere sempre attenzionata; è da questa regione che sono iniziate guerre che hanno coinvolto gran parte dell’Europa. La sicurezza in quest’area deve rimanere una priorità per la comunità internazionale; Kfor è un faro a cui la popolazione locale guarda con fiducia, e genera una elevata percezione di sicurezza e stabilità, di cui l’intera regione balcanica occidentale ha beneficiato. Allo stato attuale del processo di pacificazione, se dovesse esserci il ritiro di Kfor dalla regione, ritengo che il vanificarsi dei traguardi di stabilità raggiunti fino ad ora sia un eventualità da tenere in considerazione”.

UN NATALE LONTANO DA CASA

“Il mio è un mandato annuale quindi rientrerò in Italia a novembre del 2022. Passeró non solo il Natale lontano dai miei cari, ma anche altri importanti giorni di festa tra cui il compleanno di mio figlio; all’inizio, quando tutto è nuovo, il tempo passa più velocemente ma dopo diversi mesi la mancanza della famiglia, degli amici, della propria routine a casa e la possibilità di viaggiare si fanno sentire maggiormente. In questo momento, stare lontano dai propri affetti nei periodi che hanno una maggiore carica emotiva, come lo è il Natale, non è mai facile, ma il militare sa che oltre ad avere una famiglia che lo aspetta a casa ha anche la vicinanza dei suoi colleghi che, specie quando si è in missione lontani, diventano una seconda famiglia a tutti gli effetti”.

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