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Il movimento congolese ‘Lucha’: “Il nemico non sono i ruandesi ma il governo di Kigali”

In Kivu la società civile denuncia saccheggi di minerali nel silenzio internazionale e chiede una missione militare nazionale circoscritta

Pubblicato:21-11-2022 11:20
Ultimo aggiornamento:21-11-2022 11:20

repubblica democrativa del congo - Lucha - nord kivu
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ROMA – “La società civile di Goma non vuole che scoppi una guerra tra la Repubblica democratica del Congo e il Ruanda, perché il nostro nemico non è la popolazione ruandese, bensì il governo di Kigali che da anni sconfina in Nord Kivu per saccheggiare le nostre risorse naturali. Dal momento che questo furto non smette, allora chiediamo alle nostre istituzioni di intervenire con una missione militare senza sperare in aiuti esterni come quelli che sta ricevendo l’Ucraina, perché qui la comunità internazionale ha fallito“. Josué Wallay è responsabile per la comunicazione di Lucha – Lotta per il cambiamento, un’organizzazione nonviolenta che, come il portavoce spiega alla Dire, è stata istituita nel 2012 dai giovani di Goma, il capoluogo del Nord Kivu, per “sensibilizzare i cittadini sui problemi, favorendo giustizia sociale e pace”.

“NON VOGLIAMO AIUTI COME IN UCRAINA”

Nel Nord Kivu, regione al confine con il Ruanda, da vari mesi sono ripresi gli scontri tra esercito e M23, una milizia che secondo il governo congolese è sostenuta direttamente dalle autorità di Kigali.
Per frenare l’escalation, l’Organizzazione degli Stati dell’Africa orientale (Eac) ad agosto ha inviato una missione militare al confine composta da truppe del Burundi, a cui negli ultimi giorni si sono aggiunti i kenyani, e proposto un tavolo di dialogo che si aprirà a Nairobi, in Kenya, lunedì 21 novembre: “Non riponiamo nessuna fiducia in quell’appuntamento”, commenta Wallay, “perché da anni non si fa che parlare. La soluzione in generale non può arrivare dalla comunità internazionale, come sta succedendo in Ucraina. Prendiamo la missione dei caschi blu dell’Onu, la Monusco, avviata nel 1999: ha fallito, non ha fatto niente per porre fine all’instabilità nel Nord Kivu. Inoltre non vogliamo fare guerra ai ruandesi perché saranno sempre nostri vicini: non possiamo certo cambiare collocazione geografica”.

GLI STATI ACCUSATI DI TRAFFICARE MINERALI

La sfiducia nei paesi stranieri, riferisce l’attivista, risiede nella “complicità che dimostrano nello sfruttamento delle nostre risorse economiche: il Congo ha svariate risorse naturali e sarebbe un paese ricchissimo se Kigali non ci derubasse, a partire dal coltan, utilissimo per la fabbricazione degli smartphone: attraverso l’M23, ruba questo minerale per rivenderlo a prezzi più bassi di quelli di mercato alle multinazionali dell’elettronica, nel silenzio complice di tanti Paesi stranieri e dell’Unione europea”.


Da qui, l’appello di Lucha che con altri organismi di Goma invoca “una missione militare del nostro esercito in Nord Kivu, con obiettivi e tempi definiti, per difendere la popolazione e l’integrità della nazione: la soluzione per costruire la pace in Congo deve arrivare dai congolesi, non dall’esterno“.

A pagare il prezzo di questa instabilità, denuncia l’esponente di Lucha, “sono le migliaia di sfollati che da settimane dormono all’aperto, senza cure né cibo, per sfuggiare ai combattimenti tra l’esercito ed M23. E’ in atto una catastrofe umanitaria. Il nostro appello è a interventi strutturati da parte del governo e delle organizzazioni umanitarie. Al momento- continua Wallay- il World food programme distribuisce cibo ma non è adatto alla popolazione, che è costretta a rivenderlo per guadagnare qualcosa e ricomprane altro. Malati, anziani, donne incinte e bambini non ricevono un’alimentazione adeguata e ogni giorno si registrano morti a causa della diarrea, della malnutrizione o delle malattie”.

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